Quella lunga scia di fondi neri

“..Le dichiarazioni rese dai collaboratori di giustizia sin qui evidenziate — in specie quelle rese da Dario DI FRANCESCO, ma anche quelle di Carmelo BARBIERI e di Salvatore FERRARO — facevano sorgere il fondato dubbio che il MONTANTE potesse aver goduto, nel corso del tempo, di finanziamenti occulti e che disponesse, del pari, di risorse economiche “in nero” da impiegare per le più svariate finalità.
Ciò perché è evidente che una proposta del tipo di quella narrata da DI FRANCESCO come effettuata dal MONTANTE all’ARNONE – foraggiare i familiari dello stesso DI FRANCESCO affinché questi si persuadesse a rendere dichiarazioni sul conto dell’imprenditore IACUZZO (ex dirigente di un consorzio industriale in Sicilia, ndr) – non poteva che avere, come ineludibile premessa, la consapevolezza da parte dell’imprenditore di Serradifalco di poter disporre di capitali non tracciabili, potendosi ritenere davvero irreale l’ipotesi per cui, qualora l’operazione raccontata dal collaboratore fosse andata in porto, i pagamenti sarebbero stati effettuati in maniera palese e facilmente verificabile.
L’ipotesi in questione traeva, poi, ulteriore alimento da una rivisitazione compiuta da questo Ufficio di alcuni procedimenti che, negli anni pregressi, erano stati instaurati in questo distretto giudiziario sul conto del MONTANTE.
Ci si riferisce, in particolare, a due procedimenti che, è doveroso sottolinearlo, erano comunque stati conclusi con richiesta di archiviazione poi accolta dal giudice per le indagini preliminari. Ed invero — rimandando in questa sede alla lettura degli atti (che sono stati acquisiti all’odierno fascicolo per le indagini preliminari) onde evitare di appesantire eccessivamente l’esposizione – pare sufficiente in questa sede rilevare che:
in riferimento al procedimento n. 774/00 R.G.N.R. Mod. 21 (che afferiva alla gestione della ANCO Europa s.r.l., società, tra l’altro, cui si riferiscono le vicende citate da RIGGI Aldo nel corso dei suoi interrogatori) va posto in rilievo che le indagini condotte al tempo dal Nucleo P.T. della Guardia di Finanza di Caltanissetta consentivano di ipotizzare la commissione (anche ad opera dell’odierno indagato) di diversi reati tributari e societari oltre che di una truffa aggravata in danno degli acquirenti degli immobili.
In tale ambito occorre sottolineare quanto annotato nella C.N.R. n. 8320-11-4000 del 14.1.2000, in cui i militari della Guardia di Finanza sottolineavano che, a seguito di riscontri incrociati, venivano rilevati nella contabilità della ANCO debiti verso i fornitori in misura superiore a quella reale e complessivamente risultante dalle scritture contabili dei fornitori medesimi.
Non sembra occorra spiegare in questa sede cosa sottintenda, in genere, la predisposizione di un simile artificio contabile.
In riferimento al procedimento n. 281/06 R.G.N.R. Mod. 21 (avente ad oggetto la gestione della Mediterr Shoch Absorbers S.p.A, e cioè la principale società all’ingrosso di ammortizzatori, ricambi ed accessori per autoveicoli e veicoli terrestri in genere) gli accertamenti ivi condotti consentivano di appurare, senza alcuna ombra di dubbio, come i soggetti coinvolti nella società in questione (e cioè il MONTANTE, il MISTRETTA e la GIARDINA, oltre all’amministratore della società sino al 2004 e cioè RINALDI Paola), nel periodo compreso tra il 2003 ed il 2005, avessero concorso nel creare fondi neri per svariate centinaia di migliaia di euro e di seguito, saputo dalla RINALDI dell’indagine in corso, si erano affrettati a regolarizzare la contabilità con una riduzione fittizia della cassa attraverso un’altrettanto fittizia distribuzione degli utili a mezzo di una falsa delibera artatamente retrodatata (cfr. a tal proposito richiesta di archiviazione avanzata dal P.M.).
Il procedimento veniva archiviato sol perché si rilevava l’insussistenza – nelle condotte accertate e commesse dagli indagati – dei requisiti previsti dall’art. 2621
cod. civ. e dall’art. 646 cod. pen.
Non si può fare a meno di rilevare come il procedimento in questione avesse focalizzato la propria attenzione (accertando l’esistenza di fondi neri prodotti dall’indagato attraverso l’M.S.A.) ad un periodo coevo o immediatamente antecedente a quello in cui il MONTANTE ebbe l’approccio con Vincenzo ARNONE come descritto dal DI FRANCESCO.
Sulla scorta di queste premesse, questo Ufficio si determinava a conferire incarico di consulenza tecnica al fine di approfondire l’ipotesi in questione e vi è anche da dire che ulteriori elementi sono stati acquisiti, ai fini che qui rilevano, dalle altre attività d’indagine condotte in questo procedimento.
Alla luce di tali complessive risultanze, è possibile, ad avviso di questo Ufficio, giungere ad alcune conclusioni, che di seguito sinteticamente si esporranno, avendo poi cura di evidenziare le acquisizioni procedimentali su cui le stesse si fondano ed in specie:
può dirsi sufficientemente dimostrato come il MONTANTE, almeno nel recente passato, abbia goduto di disponibilità economiche occulte, così come può dirsi che esistono concreti elementi in atti per poter affermare che parte delle stesse siano state impiegate per foraggiare esponenti di rilievo della scena politica siciliana; per contro, non è stato acquisito alcun elemento certo per poter dimostrare che altra  parte di tali risorse sia stato destinato a esponenti della criminalità organizzata di stampo mafioso.
Si è, cioè, in presenza di un riscontro generico alle dichiarazioni dei collaboratori (l’esistenza di fondi “neri”, che si pongono, logicamente, a monte delle vicende dagli stessi dichiarate) ma non specifico sulle singole circostanze emerse dalla loro escussione (e cioè, in ipotesi, l’effettiva destinazione di parte di tali fondi ad esponenti mafiosi a titolo di restituzione degli aiuti economici forniti per ampliare le attività imprenditoriali del MONTANTE di cui hanno parlato Salvatore FERRRARO e, sia pure in maniera più sfumata, Carmelo BARBIERI o per remunerare la “protezione” accordata all’imprenditore di Serradifalco nel corso degli anni di cui hanno parlato il RIGGIO ed il DI FRANCESCO, in ciò riscontrati dal VARA e dal RIGGI).
Tanto premesso e venendo ad evidenziare gli elementi su cui, ad avviso del Pubblico Ministero, si fonda il primo degli assunti enucleati, occorre evidenziare che:
un primo punto fermo deriva dagli approdi raggiunti nell’ambito delle indagini condotte in seno al procedimento, poc’anzi menzionato, n. 281/06 R.G.N.R. Mod. 21.
In estrema sintesi, dal complesso degli elementi che si erano acquisiti nell’ambito di quel procedimento era complessivamente emerso che:
negli anni 2003, 2004 e 2005 le scritture contabili della M.S.A. riportavano l’indicazione di importi della “cassa contanti” estremamente elevati che non corrispondevano, però, all’effettiva giacenza, come desumibile dalle sommarie informazioni testimoniali rese, al tempo, dal Presidente del Collegio Sindacale
Alessandro PILATO, nonché da Carmela GIARDINA, all’epoca deputata alla tenuta della cassa della società.
In particolare, sulla base degli accertamenti condotti in quel contesto il consulente tecnico nominato dal Publico Ministero concludeva per il fatto che la differenza tra gli importi indicati e quelli effettivi del conto “cassa” per quegli anni (e, dunque, l’utilizzo anomalo dello stesso) mascherasse, in realtà,
veri e prori ammanchi di somme in contanti che erano confluite nella disponibilità del MONTANTE (cfr. relazione di consulenza tecnica del 23.12.2005 redatta nell’ambito del procedimento n. 281/06 R.G.N.R. Mod. 21).
Tali conclusioni venivano formulate anche, come accennato, sulla scorta delle dichiarazioni rese dal Pilato che testualmente affermava come fosse ragionevole ritenere che la differenza tra gli importi del conto cassa indicati in bilancio e quelli effettivamente in giacenza — pari a circa 50.000 euro per l’anno 2003 ed a quasi 110.000 euro per l’anno 2004 — fosse da ricondurre ad una posta ‘fittizia” e che si trattasse quindi di somme in contanti che erano poi confluite “nella materiale dispon iiblità del Montante”.
Va altresì detto che la tesi prospettata dal MONTANTE e dal MISTRETTA in sede di interrogatorio nell’ambito di quel procedimento — secondo cui la cassa contanti negli anni 2003 e 2004 fosse così alta perché comprensiva della somma di euro 350.000 in assegni circolari che erano stati richiesti per la definizione di un affare sorto alla fine del 2003 e successivamente sfumato — non serviva a giustificare quanto rilevato dai bilanci.
Ed invero, nel bilancio del 2003 si riportava l’indicazione di un saldo di cassa per un importo complessivo di euro 499.450 di cui 149.450 di “cassa contanti” (e cioè proprio l’importo depurato dei 350.000 euro in assegni circolari di cui il MONTANTE ed il MISTRETTA avevano parlato).
Il Prof. PILATO aveva dichiarato di non aver mai riscontrato una effettiva giacenza di cassa contanti superiore ai 100.000 euro, sicché almeno la differenza di circa 50.000 euro iscritta in bilancio nel 2003 poteva dirsi “fittizia” e volta a mascherare proventi confluiti, in realtà, nelle tasche del MONTANTE.
Nel 2004, essendo sfumato l’affare, gli assegni circolari non erano più in cassa e ciononostante la stessa continuava a riportare, come iscrizione di bilancio, la somma complessiva di euro 209.520 integralmente costituita da “cassa contanti”. Anche in tal caso, prendendo a riferimento le dichiarazioni del
PILATO, almeno la somma di quasi 110.000 euro poteva considerarsi non presente in cassa e dunque iscritta fittiziamente per mascherare proventi finiti nella disponibilità dello stesso MONTANTE.
Va rilevato che le conclusioni raggiunte sul punto dal consulente tecnico nominato dal Pubblico Ministero nell’ambito di quel procedimento erano del tutto prudenziali, poiché Carmela GIARDINA aveva dichiarato che la cifra che mediamente aveva detenuto, nel corso degli anni, a titolo di cassa contanti si
era aggirata attorno ai trentamila-quarantamila euro; sicché è evidente che alla luce di tali dichiarazioni le somme che erano affluite al Montante in quell’arco di tempo potevano dirsi di gran lunga superiori rispetto a quelle testè indicate (quasi 110.000 euro nel 2003, circa 170.000 euro nel 2004).
Si consideri anche come fosse stato inequivocabilmente accertato, sempre nell’ambito di quel procedimento, che, una volta appresa dell’indagine in corso, gli indagati si erano affrettati a regolarizzare la situazione, riducendo il conto cassa attraverso una fittizia delibera di distribuzione degli utili artatatamente retrodatata.
Non a caso, alla luce di tali complessivi elementi, il Pubblico Ministero concludeva, in sede di richiesta di archiviazione, che potesse dirsi accertato che gli indagati avessero agito “con l’intenzione di creare fondi neri a disposizione del socio proprietario della società (id est: il MONTANTE), il quale ben avrebbe potuto seguire le vie legittime e, in sede di distribuzione ( reale) degli utili appropriarsi di tutte le somme di cui aveva bisogno.
E’ ovvio che se ciò non è stato fatto è perché al MONTANTE servivano delle somme da destinare a finalità quanto meno poco chiare, se non addirittura illecite (tangenti o altro), di cui non lasciare traccia ma in assenza della prova certa della destinazione delle somme prelevate dai conti correnti della
società tale affermazione resta valida solo come ipotesi e non serve a fondare la responsabilità degli indagati” (cfr. richiesta di archiviazione in atti).
Sempre nell’ambito di quel procedimento, come ulteriore anomalia, erano state rilevate, sempre in relazione alla M.S.A., l’esecuzione di continue operazioni di prelevamento contanti – o tramite assegni intestati “a me stesso” o con prelevamenti allo sportello — attraverso cui si alimentava, appunto, la cassa
contanti.
Si trattava di operazioni che avvenivano con frequenza settimanale e, sovente, più volte alla settimana, per importi che non superavano i 2.500 euro, su disposizione della GIARDINA e senza che venissero indicate le causali alle stesse sottese o presentati documenti giustificativi a supporto…
Le dichiarazioni della FALZONE… vanno lette in uno con quelle rese da Michele TORNATORE (cfr. verbale di s.i.t. del 13.2.2017) in quanto riferibili a vicende temporalmente collocabili nel medesimo periodo di cui ha parlato la FALZONE medesima.
Ed invero il TORNATORE — dopo aver descritto, con lealtà, le vicissitudini legate al suo originario impiego lavorativo presso il Banco di Sicilia — ha innanzitutto evidenziato le modalità con le quali si era instaurato il suo rapporto lavorativo con il MONTANTE, venendo assunto (dal mese di febbraio-marzo del 2001) dapprima alle dipendenze della M.S.A. e, successivamente (dalla fine del 2001), di H.M.T. ove era rimasto sino all’aprile del 2002.
Il TORNATORE ha quindi narrato, in particolare, una vicenda che si è rivelata di estremo interesse ai fini del procedimento ed avvenuta, all’incirca, nel mese di settembre-ottobre del 2001, allorché accompagnò il MONTANTE al Jolly Hotel di Largo Augusto di Milano ove questi, peraltro, gli disse che attendeva l’arrivo di Paola PATTI (figlia di Carmelo PATTI, … ritenuto imprenditore vicino agli interessi di Matteo MESSINA DENARO).
Sempre in quell’occasione il MONTANTE gli chiese d’aiutarlo a portare i bagagli nella sua stanza, tra i quali vi era anche una borsa della tipologia di quelle abitualmente utilizzate dai medici e che lo stesso MONTANTE si affrettò a collocare sotto il letto.
Nel mentre, però, stava compiendo quella operazione, la borsa si era inavvertitamente aperta, così consentendogli di constatare che fosse piena di contanti in banconote di grosso taglio. Il MONTANTE, resosi conto che aveva avuto modo di accorgersi del suo contenuto, cercò di giustificarsi dicendogli che si trattava di somme che avrebbe dovuto consegnare alla predetta PATTI Paola..”.

 

fonte http://mafie.blogautore.repubblica.it/