Un articolo pagato 4 centesimi a riga

Al giornale il concetto di gabbia salariale non è esattamente un concetto. é la realtà. Da noi, per esempio, ci sono gli articoli 1, pochissimi, che prendono lo stipendio previsto dal contratto. Oddio, poi domenica e festivi non ce li pagano o magari ci danno due spiccioli, ma onestamente noi che abbiamo quell’articolo 1 non ci possiamo proprio lamentare. Anche perché seduti alle altre scrivanie ci sono colleghi che prendono meno della metà, e tutto sommato nemmeno loro sono messi malissimo. Poi ci sono i collaboratori fissi da 300 o 500 euro al mese — 12 ore al giorno da abusivi, o così o fuori — e all’ultimo stadio i “biondini” che portano le notizie, quelli da 4 centesimi a riga. Proprio così, 4 centesimi a riga. E quindi, tanto per fare un esempio, un pezzo da 100 righe, cioè una pagina che costa giorni e giorni di lavoro, telefonate, appostamenti, valanghe di vaffanculo dal politico o dallo sbirro di turno, costa all’azienda la bellezza di quattro euro. Lorde. Perché al netto nelle tasche del cronista di turno finisce pure meno.
L’altro giorno uno di questi “schiavi” mi ha portato un reportage da Gioia Tauro dove c’è il ghetto dei migranti, quelli sfruttati dai caporali che li mandano a spaccarsi la schiena in campagna per due lire. Un pezzo bellissimo con il quale abbiamo aperto il giornale. Ci siamo indignati, abbiamo pure scritto un commento di fuoco contro i politici che sanno e non muovono un dito per aiutare questi disgraziati. Poi, ripensandoci mi sono detto: ma il collega che ha lavorato come un pazzo, che è riuscito a entrare nella bidonville rischiando di prendere un fracco di bastonate, che ha convinto un po’ di migranti a denunciare lo sfruttamento e ci ha portato un servizio da prima pagina, ecco, il collega giovane da 4 centesimi a riga, non è forse uno schiavo pure lui? O anche di più?
Fare il giornalista in Calabria significa anche questo. Soprattutto questo. Qui, per dire, non sai mai se stai parlando con un politico, un mafioso o un imprenditore che pensa solo ai suoi affari. Anzi, ti capita spesso di trovarteli davanti in una persona sola e devi intuire cosa ti stia dicendo e cosa, invece, voglia davvero farti capire. Fare qui questo mestiere significa decifrare tutto questo, svelarlo a chi non vuole capire. Per quattro centesimi a riga, certo, ma chi sceglie questa vita ci pensa solo a fine mese, quando non ha i soldi per pagare l’affitto o per comprare i libri di scuola dei figli. Ecco perché la maggior parte di noi si arrende e decide che no, non ne vale la pena. Meglio farsi comprare dal potente di turno o cambiare mestiere, magari tornare a lavorare nei campi. Almeno lì respiri l’aria buona e non quella fetida dei palazzi del potere che vogliono solo giornalisti servi pronti a prostituirsi per campare sereni. Io, però, non sono così.
(3. continua)

 

fonte  http://mafie.blogautore.repubblica.it/