Castelvetrano, i commissari approvano il piano “anticorruzione” . Pesante il giudizio :”da almeno un ventennio, il rapporto tra associazione mafiosa e territorio avviene secondo regole solidaristiche”

 I commissari straordinari del Comune di Castelvetrano, hanno pubblicato di recente il Piano Anticorruzione , approvato con la delibera n .21 del 31 gennaio 2019

Dire che la relazione è ” pesante”  nei contenuti ,è come  usare un eufemismo. Viene fuori uno spaccato di intrecci tra la mafia, la massoneria , la burocrazia e la politica davvero inquietante. Si legge in maniera chiara che c’era un rapporto di connivenza, durato molti anni, tra aziende che lavoravano con il comune e il sistema spiegato nella relazione 

L’analisi dei commissari mette in evidenza un  sistema d’affari che girava attorno al comune e legato al contesto rilevato dalle relazioni Antimafia e dalle inchieste

Per rispettare quanto scritto  dai firmatari del provvedimento ne pubblichiamo integralmente alcuni passaggi, senza aggiungere altro

 ANALISI DEL CONTESTO
Contesto esterno

L’Autorità nazionale anticorruzione ha stabilito che la prima e indispensabile fase del processo di gestione del rischio è quella relativa all’analisi del contesto,
attraverso la quale ottenere le informazioni necessarie a comprendere come il rischio corruttivo possa verificarsi all’interno dell’amministrazione per via delle
specificità dell’ambiente in cui essa opera in termini di strutture territoriali e di dinamiche sociali, economiche e culturali, o per via delle caratteristiche organizzative
interne (ANAC determinazione n. 12 del 28 ottobre 2015). Il PNA del 2013 conteneva un generico riferimento al contesto ai fini dell’analisi del rischio corruttivo,
mentre attraverso questo tipo di analisi si favorisce la predisposizione di un PTPC contestualizzato e, quindi, potenzialmente più efficace.
Ai fini dell’analisi del contesto esterno ci si può avvalere degli elementi e dei dati contenuti nella relazione della commissione parlamentare sul fenomeno delle
mafie e sulle altre associazioni criminali, anche straniere, approvata dalla commissione parlamentare nella seduta del 7 febbraio 2018.
“Nell’ambito dei poteri della commissione(antimafia), è stata avviata un’inchiesta dedicata ai rapporti tra mafia e massoneria in Calabria e Sicilia. L’esistenza di forme di
infiltrazione delle organizzazioni criminali mafiose nelle associazioni a carattere massonico è infatti suggerita da una pluralità di risultanze dell’attività istruttoria
della commissione. Il tema del rapporto tra mafia e massoneria affiora in modo ricorrente nelle inchieste giudiziarie degli ultimi decenni, con una intensificazione
nei tempi più recenti, sia in connessione con vicende criminali tipicamente mafiose, soprattutto in Sicilia e Calabria, sia con vicende legate a fenomeni di
condizionamento dell’azione dei pubblici poteri a sfondo di corruzione. In tale prospettiva, la commissione ha centrato la propria attività sull’analisi del
cambiamento delle mafie e del loro nuovo modo di agire, prevalentemente mediante modalità collusive e corruttive, meno violente ma inclusive di una pluralità di
soggetti all’interno della gestione degli affari, attraverso accordi di cui si fa garante con il consenso e le relazioni di cui gode e a cui conferisce forza per il tramite
della propria “riserva di capitale” violento.
Di tali accordi corruttivi, in cui sono presenti esponenti mafiosi, si rinviene ormai traccia in tutte le indagini sui nuovi affari criminali, in cui confluiscono soggetti
del mondo della politica, dell’impresa, dell’amministrazione e delle organizzazioni mafiose.
Nello specifico, la mafia trapanese presenta caratteristiche proprie che assumono rilievo sia sulla sua particolare capacità di infiltrazione nella res pubblica, sia sulla
centralità, in tali affari, di questa cittadina di Castelvetrano. In particolare, da almeno un ventennio, il rapporto tra associazione mafiosa e territorio avviene secondo
regole solidaristiche volte all’acquisizione del consenso degli associati e della società civile. L’imprenditoria, ad esempio, non è vessata dall’imposizione del pizzo
ma riceve l’aiuto economico e il sostegno mafioso offrendo in cambio la titolarità di quote delle imprese; ed ecco che, già, la sola contrattazione della pubblica
amministrazione con le società private, di fatto, finisce talvolta per avvantaggiare e rafforzare l’associazione mafiosa.
Sono numerosi i procedimenti penali sui condizionamenti degli appalti, dove si evince l’assoggettamento dei pubblici interessi a quelli di cosa nostra e del suo
leader, e diversi sono gli scioglimenti delle amministrazioni del trapanese ex art. 143 (sette enti dal 1992 al 2012) e i molteplici provvedimenti di accesso ispettivo
adottati negli anni, seppur non conclusi con la misura sanzionatoria, fino a giungere al giugno 2017 con lo scioglimento per infiltrazioni mafiose di questo Comune.
In tale contesto la cittadina di Castelvetrano è al centro delle dinamiche mafiose della provincia di Trapani.

Ed è in tale peculiare contesto ambientale che si
verificavano una serie di accadimenti che portarono nel 2016 ,la Commissione parlamentare antimafia a svolgere una missione a Trapani. In particolare, era accaduto
che, nel novembre 2014, uno dei consiglieri comunali di Castelvetrano, era stato tratto in arresto per delitti di mafia. Pertanto veniva sospeso dalla carica, ma poi
reintegrato per la sua assoluzione in primo grado nel dicembre 2015; il suo rientro, però, determinava, nel marzo 2016, le dimissioni di ventotto consiglieri comunali
(su trenta) e, dunque, il commissariamento del consiglio comunale con la nomina, il 24 marzo 2016, da parte della Regione Siciliana, del Commissario
Straordinario, magistrato in pensione, mentre Sindaco e Giunta rimanevano in carica in base alla normativa regionale.

Nell’estate 2016, si ritornava a parlare di
massoneria, secondo alcune inchieste della procura di Trapani e Palermo, quale possibile luogo chiave per la composizione di interessi mafiosi, politici e
imprenditoriali. Le forze dell’ordine a la prefettura evidenziavano che nel piccolo comune di Castelvetrano insistono diverse logge massoniche e che
nell’amministrazione comunale vi era un’elevata presenza di iscritti alla massoneria tra gli assessori (4 su 5), tra i consiglieri comunali (7 su 30), tra i dirigenti e i
dipendenti comunali. Poco più tardi giungeva la definitiva conferma alle preoccupazioni della Commissione, e cioè che risultava evidente e documentato che il
Comune di Castelvetrano, popolato anche da numerosi appartenenti alle logge massoniche, aveva subito l’infiltrazione mafiosa e veniva sciolto ai sensi dell’art. 143
del TUEL; invero, la gravità della situazione aveva già indotto il Prefetto di Trapani, nel dicembre 2016, a disporre un’attività di monitoraggio, propedeutica
all’attivazione delle procedure di cui all’art. 143, nei confronti dell’amministrazione comunale; il 28 febbraio 2017 il Ministro dell’Interno delegava il Prefetto ad
esercitare i poteri di accesso, e, pertanto, nel marzo 2017, si insediava presso l’Ente sottoposto a controllo, la commissione di indagine.

All’esito degli accertamenti,
il successivo 25 maggio il Prefetto rassegnava al Ministro i relativi risultati, in base ai quali, il 6 giugno 2017, il comune di Castelvetrano veniva sciolto per
infiltrazioni mafiose”. La Relazione sull’attività delle forze di polizia, sullo stato dell’ordine pubblico e della sicurezza pubblica e sulla criminalità organizzata,
presentata dal Ministero dell’Interno al Parlamento il 14 gennaio 2016, evidenzia che “il trapanese si conferma la zona con la più solida struttura mafiosa
siciliana. La Relazione sottolinea che si confermano oggetto di interesse della mafia il settore edile, la produzione di energie rinnovabili (soprattutto il comparto
eolico), il ciclo dei rifiuti, i comparti delle scommesse sportive on line e delle slot machine e il settore degli autotrasportatori.
A parte i contatti con il mondo della politica, particolarmente significativi appaiono sia i numerosi procedimenti penali sui condizionamenti degli appalti dove si evince l’assoggettamento dei pubblici interessi a quelli particolari dell’associazione mafiosa sia, soprattutto, i diversi scioglimenti delle amministrazioni del trapanese ex articolo 143 TUEL (sette enti dal 1992 al 2012) e i molteplici provvedimenti di accesso ispettivo adottati negli anni, sebbene non conclusi con la misura
sanzionatoria, fino a giungere, appunto, nel giugno 2017, allo scioglimento per infiltrazioni mafiose di Castelvetrano, comune di origine di detto latitante.
Probabilmente anche la modernità degli affari della cosa nostra trapanese, che comporta contatti con interlocutori di profilo diverso rispetto al mafioso tradizionale,
ha inciso sul fatto che Messina Denaro, sebbene capomafia legato al territorio, non abbia sentito la necessità di permanervi stabilmente e di mantenere comunicazioni continue con la base dell’associazione.
A questa mafia imprenditoriale moderna si affianca, però, anche una mafia tradizionale che lo stesso Messina Denaro riesce ad incarnare e ad alimentare,
coniugandola con il proprio tratto innovativo. In effetti, anche in questo territorio le operazioni di polizia sono state pressoché costanti, specie per la necessità di
giungere alla cattura del latitante. Le relative indagini, che hanno comportato decine di arresti, hanno tutte avuto un filo comune: la persistenza di una mafia
conservatrice ancora legata alla catena dei pizzini che consente al capo provincia di Trapani di gestire l’associazione mafiosa ancorché assente. I sistemi di
comunicazione immediati o moderni, che pure sono stati individuati, hanno riguardato invece rapporti diversi, cioè quelli del latitante con la famiglia che, sebbene
sia essa stessa, in parte, famiglia mafiosa, gode naturalmente di un canale diretto e più immediato. In tale circuito, vecchi fidati uomini d’onore scarcerati ritrovano
presto un posto nel sistema di comunicazione del latitante che, non per questo, perde le sue caratteristiche di sicurezza, e comunque, si attivano per mantenere i
contatti, per conto del loro capo, tra famiglie, mandamenti e province limitrofe. Scarsissimo pertanto il numero dei collaboratori di giustizia e, anzi, emblematico è apparso alla Commissione il recente caso del dichiarante Lorenzo Cimarosa, cugino di Matteo Messina Denaro ed unico soggetto di quell’ambito familiare che ha
offerto informazioni agli investigatori minando, per la prima volta, l’intangibilità di quella famiglia. La reazione, rispetto a tali dichiarazioni di apertura, da parte di
taluni concittadini, fino a giungere, dopo l’improvvisa morte del Cimarosa, avvenuta nel gennaio del 2017, alla profanazione, nel mese di maggio 2017, della sua
tomba, riporta indietro di tanti anni, a quella mafia che si riteneva scomparsa.
Numerose sono le indagini ed i sequestri che denotano cospicui investimenti nella grande distribuzione e in attività commerciali, come il caso Grigoli, titolare della
catena dei Despar di Castelvetrano. Vi è un crescente interesse nel settore dello sviluppo delle energie alternative, nell’acquisizione e gestione di società immobiliari,concessionarie di auto, e farmacie.
In relazione all’interesse delle consorterie, anche di tipo mafioso, al mondo dell’arte, si evidenzia il sequestro preventivo, eseguito, nel novembre del 2017, a
Castelvetrano in provincia di Trapani, del patrimonio di diversi milioni di euro di un noto trafficante di reperti archeologici di origine siciliana. Il provvedimento è
stato emesso anche sulla base delle evidenze probatorie raccolte nell’ambito dell’indagine “Teseo” che ha consentito, tra l’altro, il rimpatrio da Basilea (Svizzera) di
5361 straordinari reperti archeologici, provenienti da scavi clandestini effettuati in Puglia, Sicilia, Sardegna e Calabria, di epoca compresa tra l’VIII secolo a.C. e il
III secolo d.C. Le verifiche espletate in campo internazionale hanno evidenziato il meccanismo, all’epoca consolidato, che, dopo una prima fase di restauro dei
reperti prevedeva anche la successiva creazione di false attestazioni sulla loro provenienza, resa possibile anche attraverso l’artificiosa attribuzione della proprietà a
società collegate nella gestione degli affari.
Alla luce di quanto rappresentato e sulla scorta dei persistenti interessi della mafia per i servizi connessi al ciclo dei rifiuti, e, specificamente per la provincia di
Trapani, particolare attenzione nella gestione del rischio corruzione va dedicata alle aree inerenti i contratti pubblici (lavori pubblici, acquisizione di beni e servizi),
nonché all’area smaltimento rifiuti.
Per quanto concerne il ciclo integrato dei rifiuti,si assiste,in Sicilia, ad una situazione emergenziale che scaturisce dalla mancata applicazione della legge regionale n.9/2010 che prevede un nuovo modello organizzativo (la costituzione di Società di regolamentazione rifiuti (SRR) e, all’interno di esse, le aree di raccolta ottimale
(ARO). L’emergenza è riconducibile, principalmente, a due fattori: l’assenza di un adeguato sistema di impianti in grado di garantire lo smaltimento in sicurezza e secondo i parametri di legge dei rifiuti prodotti e raccolti; la mancata individuazione da parte della SRR del soggetto gestore su base d’ambito, con il necessario
ricorso a proroghe. L’immobilismo della Regione Sicilia e la disastrosa gestione commissariale delle società d’ambito in liquidazione, molte delle quali andate in
fallimento, hanno rallentato il processo di riforma; in atto, l’Ente è in regime di proroga del pre-Aro con la medesima impresa, a causa delle lungaggini e dei ritardi
dovuti a un contenzioso che ci obbliga a continue proroghe tecniche nelle more della definizione del contenzioso. A ciò si aggiunge la disastrosa situazione delle discariche per il conferimento dei rifiuti indifferenziati, con notevoli costi che si riversano sui contribuenti, oltre alle difficoltà nel conferimento, a causa della ormai saturazione delle stesse.
Nell’ambito della società civile si assiste ad una sporadica partecipazione alla lotta anticorruzione attraverso qualche segnalazione anonima, nonché all’assenza di
partecipazione da parte dei cittadini, delle associazioni e dei portatori di interesse alla consultazione pubblica sull’aggiornamento del Piano anticorruzione.
Probabilmente anche la modernità degli affari della cosa nostra trapanese, che comporta contatti con interlocutori di profilo diverso rispetto al mafioso tradizionale,
ha inciso sul fatto, riferito alla Commissione, che Messina Denaro, sebbene capomafia legato al territorio, non abbia sentito la necessità di permanervi stabilmente e
di mantenere comunicazioni continue con la base dell’associazione.

 Contesto Interno

Con DPR del 7 giugno 2017 si è insediata la Commissione Straordinaria per la provvisoria gestione dell’Ente per diciotto mesi, a norma dell’art. 143 del D.Lgs.
267/2000, prorogata fino a 24 mesi. Dalla relazione allegata al decreto si evince che, in materia di appalti, nell’elenco delle imprese di fiducia figuravano talune
imprese destinatarie di interdittiva antimafia. Ai sensi dell’art. 100 del D.Lgs. 159/2011, gli enti sciolti per infiltrazioni mafiose per i successivi 5 anni sono obbligati
ad acquisire l’informazione antimafia per qualunque contratto o subcontratto, o per qualsiasi concessione o erogazione, indipendentemente dal valore economico
degli stessi. Ciò rappresenta sicuramente un deterrente e una forma di controllo nei rapporti dell’Ente locale con le imprese e i soggetti che a vario titolo
intrattengono rapporti con il Comune. In materia di appalti l’Ente, con la gestione commissariale ha eliminato il frequente ricorso agli affidamenti diretti, mentre in
materia di urbanistica ed edilizia, ha avviato e posto in atto le procedure per le demolizioni di immobili costruiti abusivamente entro la fascia di rispetto dei 150 mt
dal mare, nella zona di Triscina di Selinunte. Sul piano economico finanziario avendo riscontrato una grave situazione deficitaria, e una scarsa
capacità di riscossione dell’Ente e la quasi totale assenza di iniziative volte al contrasto ai fenomeni di evasione, la commissione ha posto in essere una serie di
misure volte a potenziare e migliorare la capacità di riscossione. Attraverso un monitoraggio costante sull’andamento delle entrate comunali, avendo riscontrato una quantità ingente di debiti e l’assenza di liquidità di cassa si rende necessario procedere alla dichiarazione del Dissesto finanziario dell’Ente.
Sul piano delle energie rinnovabili, l’Ente ha stipulato un contratto con la I.V.P.C. Sicilia 5 S.r.l. per la realizzazione di un impianto per la produzione di energia
elettrica da fonte eolica nel territorio di Castelvetrano e un contratto con la Clean Tecnology S.r.l. per la concessione di lavori pubblici per la realizzazione di spazi di sosta parcheggio con copertura fotovoltaica. Nell’ambito dell’assetto del territorio comunale l’Ente si trova nella situazione dei vincoli preordinati all’esproprio
decaduti e la mancata riapposizione può causare richieste di parte di nuova destinazione urbanistica; il piano commerciale non risulta sia stato mai approvato
dall’Assessorato regionale al territorio e ambiente, mentre il PUDM (piano di utilizzo del demanio marittimo) è stato restituito dall’Assessorato Regionale di
competenza per le modiche alle nuove norme entrate in vigore, e sono ancora in corso le modifiche e l’aggiornamento da parte degli uffici competenti.
L’Ente non è dotato di una regolamentazione in materia di impianti da energia rinnovabile, né a livello di individuazione di aree o zone in cui non è consentito
l’istallazione dei pali eolici o altre fonti di energia rinnovabile, né di criteri per l’istruttoria delle singole istanze, anche al fine della verifica di eventuali elusioni ai
presupposti e requisiti per l’accesso alla procedura semplificata.
Di conseguenza si appalesa necessario individuare misure di prevenzione maggiormente nell’area dei contratti, del governo del territorio e della riscossione delle
entrate dell’Ente.
La struttura organizzativa del Comune di Castelvetrano, a seguito dell’insediamento della Commissione Straordinaria, è stata nuovamente oggetto di revisione; la
nuova struttura vigente intende rispondere ad obiettivi di maggiore funzionalità della macchina amministrativa comunale, in termini di miglioramento dell’efficienza
e dell’efficacia dell’azione amministrativa nell’ottica di una crescita della produttività, di riduzione e razionalizzazione dei settori, in modo da conferire alla struttura organizzativa una configurazione più consona ai nuovi compiti che il comune è chiamato a svolgere. Contestualmente, si è dato luogo ad una rotazione del
personale, laddove si è reso possibile, tenendo presente comunque la funzionalità dei servizi e l’infungibilità delle figure tecniche. A seguito dello scioglimento degli
organi dell’Ente, due unità di personale facenti parte dei servizi tecnici, sono state oggetto di allontanamento dai predetti uffici e adibite ad altre funzioni.
I criteri guida seguiti nella definizione della struttura organizzativa sono stati quelli di una omogeneizzazione di ambiti tematici di lavoro e la riorganizzazione
attraverso due livelli organizzativi

2.10 La Predisposizione del Piano
La predisposizione del piano anticorruzione impone di verificare ove il relativo rischio si annidi in concreto. E la concretezza dell’analisi c’è solo se l’analisi del
rischio è calata entro l’organizzazione. Il tutto tenendo a mente che un rischio organizzativo è la combinazione di due eventi: in primo luogo, la probabilità che un
dato evento accada e che esso sia idoneo a compromettere la realizzazione degli obiettivi dell’organizzazione; in secondo luogo, l’impatto che l’evento provoca sulle
finalità dell’organizzazione una volta che esso è accaduto.
Ma “organizzazione” significa strumento articolato in processi (a loro volta scomponibili in procedimenti), a ciascuno snodo dei quali sono preposte persone.
Dunque, “analisi organizzativa” significa analisi puntuale dei processi di erogazione e di facilitazione e delle modalità di preposizione delle persone ai relativi centri
di responsabilità. Il tutto per garantire che la persona giusta sia preposta alla conduzione responsabile del singolo processo di erogazione e/o di facilitazione.
A questo punto, è bene ricordare che la pubblica amministrazione è un’organizzazione a presenza ordinamentale necessaria proprio perché le sue funzioni sono
normativamente imposte. Di più: un’organizzazione che deve gestire i proprî processi di erogazione e facilitazione in termini non solo efficaci, ma anche e
soprattutto efficienti, economici, incorrotti e quindi integri.
Il mancato presidio dei rischi organizzativi che la riguardano determina diseconomie di gestione, che si riflettono sul costo dei servizî erogati, producendo extra costi
a carico del bilancio, che si riverberano sulla pressione fiscale piuttosto che sulla contrazione della qualità e della quantità dei servizî stessi

. Il sistema impiantato non risulta ancora assimilato e condiviso dal contesto interno, ragione per la quale si conferma per l’anno in corso il trattamento
dei rischi con valore “ALTO”.
Il processo di “gestione del rischio” si conclude quindi con il “trattamento”. Il trattamento consiste nel procedimento “per modificare il rischio”. In concreto,
individuare le misure per neutralizzare o almeno ridurre il rischio di corruzione.
L’attività di trattamento del rischio oggetto del presente Piano risponde all’esigenza di perseguire 3 obiettivi:
 ridurre le opportunità che si manifestino casi di corruzione;
 aumentare la capacità di scoprire casi di corruzione;
 creare un contesto sfavorevole alla corruzione.

Continua

Fonte : Comune di Castelvetrano

Il Circolaccio