Magistrati: si sfalda l’unità del partito?

Si sfalda l’unità del Partito dei Magistrati? Detta così è forse un po’ eccessivo. C’è una piattaforma comune a quanti di essi, che sembrano essere la maggioranza della categoria, rappresentano una tendenza a sostituirsi ad ogni altro potere dello Stato e, comunque, che mal sopporta i limiti logici, prima ancora che costituzionali, della funzione giudiziaria. Piattaforma che non sembra incrinarsi.

C’è poi una tendenza, prevalente anche nella parte meno oltranzista, moderata, a non negare la solidarietà ai “colleghi” oltranzisti impegnati a fare sfoggio del loro “potere sui poteri”.

Lo sfaldamento comincia a manifestarsi, più che sui problemi di garantismo (che implicano direttamente questioni di limiti e garanzie contro il potere di chi esercita giustizia e giurisdizione) su altri problemi della giustizia, sul “forcaiolismo” o sul “buonismo”.

La compattezza viene meno là dove le diverse posizioni si tingono e si qualificano per differenziazioni ideologiche.

Esternazioni come quelle di Davigo hanno trovato resistenza e suscitato antipatie.

La tesi, però, che la magistratura avrebbe la “missione” di sgominare la corruzione della classe dirigente politica, assoggettando questa ad una sorta di “libertà vigilata” non sembra trovare troppa resistenza nè di essere soggetta ad un ridimensionamento per non offendere limiti istituzionali e costituzionali. Così pure quelli tra i magistrati che sembrano impegnati a perseguire tale finalità come una sorta di terrorismo giudiziario (colpiscono, anche a casaccio, per stabilire un salutare timore della giustizia) non sono respinti e condannati né contrastati, praticamente, da quelli di essi che non condividano e non praticano tale proposito.

La congrega dei “magistrati antimafia” decisi a demolire ogni altro potere dello Stato che non sia a loro disposizione e non accetti a loro onnipotenza, non accenna a rientrare nei binari della ragione.

C’è poi il problema della classe politica che, magari, dà segno in qualche occasione e in qualche luogo, di non piegarsi e dichiararsi prona ai voleri delle Toghe, reagendo a qualche singolo episodio, sul quale, però inutilmente si cercherebbe la coscienza della necessità di un riassetto del ruolo della giustizia tra le istituzioni del Paese.

Quello che preoccupa di più è che troppo poco si parla della giustizia. E che si continui a legiferare da bestie, costituendo un armamentario legislativo che sembra fatto apposta per ispirare tendenze all’abuso anche tra magistrati non dei peggiori.