Le strane relazioni tra Montante e Angelino Alfano Quell’antimafia di sistema in salsa sicula che metteva terrore

Gli incontri con Alfano, le cene con prefetti e pm. La rete di Montante raccontata dall’Antimafia

L’ira di Montante contro il pm che indagava su di lui: «L’avissuru scannatu»

Alfano e Montante  per garantire l’antimafia e la legalità firmarono  l’atto aggiuntivo |al “Protocollo di legalità tra Ministero dell’Interno e Confindustria” correva l’anno 2014, il patto di ferro e gli occhi chiusi di certi pm

La relazione della commissione dell’Ars, al termine di 10 mesi di lavoro e 49 audizioni. L’ex ministro: “Antonello? Era un’icona”. Fava: “In Sicilia c’è stato un golpe”

Il rischio di essere fuori dal sistema e criticare certa antimafia. I nemici e l’uso del sospetto e delle inchieste farlocche per fottere i nemici o i rompi coglioni

“Cos’è stato il “sistema Montante”? Una sorta di costituzione materiale della Regione Siciliana capace di resistere per una lunghissima stagione e di interferire sulla politica e sulla spesa delle istituzioni regionali determinando coalizioni e assetti di governo”. E’ una parte delle conclusioni della relazione della commissione Antimafia sulla vicenda che riguarda l’ex presidente di Sicindustria Antonello Montante, sotto processo per una serie di reati tra cui l’associazione a delinquere: è accusato di essere stato a capo di una rete di spionaggio dedita ad acquisire informazioni riservate (anche mediante accessi abusivi alla banca dati SDI delle forze di polizia), ivi comprese quelle riguardanti l’attività d’indagine che si stava svolgendo nei suoi confronti.

L’amico Alfano ministro potente
Ma dopo 10 mesi di lavoro e 49 audizioni, la commissione presieduta da Claudio Fava ha messo a fuoco molto altro: soprattutto l’intreccio perverso fra l’ex paladino della legalità ed esponenti istituzionali di altissimo livello: ministri, rappresentanti di spicco delle forze dell’ordine. In commissione è stato sentito anche l’ex titolare del Viminale Angelino Alfano, che non ha rinnegato la sua amicizia con Montante:  “Io ho interloquito da siciliano con un’icona: cioè lui era creduto! E più era creduto, più diventava credibile, e più diventava credibile più era creduto”, ha spiegato l’ex ministro.

Che, quando Montante era già indagato per mafia, lo ha voluto all’agenzia per i beni confiscati e non ha fatto poi nulla per rimuoverlo. “La nomina all’agenzia? Fu un’idea mia. Immaginai di mettere un siciliano, un anti mafioso, il responsabile della legalità di Confindustria nazionale  – ha detto Alfano – e, al tempo stesso, uno di comprovata, a quel tempo, competenza manageriale. Poi, venti giorni dopo, c’è stata la rivelazione del segreto istruttorio da parte del giornale e se violavano il segreto istruttorio venti giorni prima non lo nominavo”. Alfano afferma che, prima della notizia dell’indagine per mafia a carico di Montante (poi caduta), nessuno lo aveva informato di quell’imbarazzante pendenza:  “Qualcuno avrebbe dovuto dirmelo, avrebbe dovuto dirlo al Presidente del Consiglio, avrebbe dovuto dirlo al Ministro dell’economia. Noi avremmo dovuto saperlo. Ma la legge lo impedisce. E se qualcuno ce l’avesse detto, avrebbe commesso un reato penale”.