La globalizzazione e i prodotti agricoli ‘avvelenati’ sostengono l’industria farmaceutica

L’invasione di prodotti agricoli scadenti, se non in parte ‘avvelenati’, che oggi registriamo in Europa e, in generale, nel cosiddetto Occidente industrializzato non è un affare solo per le agroindustrie e per i commercianti: è un affare molto più grande che riguarda uno dei settori che, da decenni, detta legge nell’economia europea: la farmaceutica

Spesso ci chiediamo perché, in Italia, siamo ‘bombardati’ da prodotti agricoli che arrivano da mezzo mondo. La risposta è tutto sommato semplice: perché lo impone la cosiddetta globalizzazione dell’economia. In un mondo dove trionfa il libero mercato, si sa, chi produce a prezzi più bassi fa piazza pulita di chi produce a prezzi più alti. Questo – secondo i liberisti – mette in condizione i consumatori di accedere ai beni e ai servizi a prezzi più bassi.

Ma le cose stanno veramente così? C’è anche un problema di qualità dei prodotti: bisogna produrre sì a costi più bassi, ma anche migliorando la qualità dei prodotti. Per l’industria il ragionamento è corretto (o quasi). E per l’agricoltura e per l’industria alimentare? Qui casca l’asino.

Perché oggi è sotto gli occhi di tutti un fatto – oggettivo, ma così oggettivo che può oggettivo non si può – che non sempre, in agricoltura e nell’agroindustria, a un abbassamento dei costi di produzione corrisponde una migliore qualità del prodotto.

Investire a grano – duro e tenero – milioni di ettari di superfici con clima freddo e umido è sbagliato dal punto di vista agronomico, ma diventa economicamente conveniente se, poi, il grano viene fatto maturare artificialmente con il glifosato

Resta, poi, il problema di mercato: a chi vendere questo grano che presenta glifosato e altri problemi? (Per la cronaca, il trasporto del grano sulle navi dal Canada in Europa impone l’utilizzazione di sostanze chimiche per evitare la proliferazione dei funghi e relative micotossine: e non sempre si riesce a eliminare questo problema).

Se ci riflettiamo, sono costi di produzione in più per i produttori di grano al glifosato: il costo dello stesso glifosato, il costo del trasporto del grano via mare, il costo dei prodotti chimici per evitare funghi e micotossine.

Se continuiamo a riflettere – e ci spostiamo nel Sud Italia, dove il prezzo del grano duro, ormai da qualche anno, è molto basso – non possiamo non cogliere una contraddizione: il prezzo del grano duro canadese a costi crescenti e il prezzo del grano duro del Sud Italia a a prezzi decrescenti (18-20 euro al quintale).

Gli industriali dicono che in Italia il grano duro è necessario perché nel nostro Paese se ne produce poco: e magari in parte hanno anche ragione: perché continuare a produrre grano duro il cui costo di produzione si attesta intorno a 23-24 euro al quintale se poi si rivende a 18-20 euro al quintale?

Certo, c’è l’integrazione, ma questo non spiega tutto il meccanismo.

In realtà, alcuni meccanismi li conosciamo. Il grano duro maturato con il glifosato conserva un’alta percentuale di proteine. E il grano duro con alta percentuale di proteine – cioè di glutine – consente alle industrie della pasta di risparmiare sui costi di produzione (in particolare, sui costi per l’essiccamento).

Ma oltre a queste non ci potrebbero essere altre spiegazioni? Qui entriamo in un campo non semplice, anzi ultra specialistico. Anche se non è esagerato affermare che l’eccesso di glutine nell’alimentazione registrato negli ultimi decenni nel cosiddetto Occidente industrializzato ha creato non pochi problemi, a cominciare da nuove patologie sulle quali sono in corso ancora studi.

E il caso della Gluten sensitivity, scambiata spesso per Celiachia (QUI UN NOSTRO ARTICOLO). O ai problemi creati dal glifosato.

L’Istituto Ramazzini – per citare un esempio – che da tempo di occupa degli effetti del glifosato nell’uomo, ha fatto sapere che tra cinque anni si conosceranno per filo e per segno tutto su questo erbicida (COME POTETE LEGGERE QUI).

Abbiamo citato il caso del grano duro. ma lo stesso discorso può essere esteso al grano tenero (L’ITALIA, ORMAI DA ANNI, E’ LETTERALMENTE INVASA DAL GRANO TENERO AUSTRALIANO MANITOBA, MA SI FA FINTA DI NIENTE).

E che dire dei pomodorini ciliegini e datterini che invadono anche la Sicilia? (QUI UN NOSTRO ARTICOLO).

E della passata di pomodoro cinese? (QUI UN NOSTRO ARTICOLO). E della frutta secca che arriva da mezzo mondo? (QUI UN NOSTRO ARTICOLO). In una parola, di tutta la Dieta Mediterranea che, ormai, parla tutte le lingue, tranne quelle dei prodotti agricoli mediterranei? (QUI UN NOSTRO ARTICOLO).

A questo punto una domanda non sembra campata in aria: siamo sicuri che dietro questa invasione di prodotti agricoli esteri ci sia solo una questione legata alla globalizzazione dell’economia?

Sappiamo che molti di questi prodotti agricoli sono dannosi per la salute umana (per ora, per il glifosato, ci sarebbe – anche se di fatto non c’è nemmeno questo – solo il principio di precauzione): eppure si continua a farli arrivare sulle tavole di milioni di persone. Perché?

L’Unione europea, pur di consentire l’arrivo in Europa di grano che contiene glifosato e micotossine DON ha addirittura innalzato i limiti di questi contaminanti che possono entrate nella dieta umana di ogni giorno.

D’accordo, ci sono trattati commerciali: l’Europa importa il grano duro e tenero ed esporta prodotti industriali e servizi. D’accordo su tutto.

Ma questo basta a spiegare il perché si consente l’invasione di prodotti agricoli che non fanno certo bene alla salute?

Forse la risposta a questa domanda – magari una risposta parziale (o quasi) potrebbe essere in questa parola: salute.

Di fatto, con l’aumento delle malattie – soprattutto di quelle malattie che riguardano milioni di persone – si è innestato un ‘circolo virtuoso’ per le industrie farmaceutiche. Una ‘virtù’ che avvelena, ma pur sempre ‘virtù’, vista dalla parte di chi guadagna montagne di soldi!

Questo è un tema molto delicato sul quale torneremo. Quello che ci preme sottolineare a chiusura di questo articolo è che l’invasione di prodotti agricoli scadenti, se non in parte ‘avvelenati’, non è un affare solo per agroindustria e commercianti: è un affare molto più grande che riguarda uno dei settori che, da decenni, detta legge nell’economia europea: la farmaceutica.

Foto tratta da rentokil.it

Read more at http://www.inuovivespri.it/2019/04/19/la-globalizzazione-e-i-prodotti-agricoli-avvelenati-sostengono-lindustria-farmaceutica-mattinale-244/#JSVg4fLIKeVuDtq2.99