Caltanissetta, per Montante i pm chiedono 10 anni e 6 mesi. “Condannate pure Di Simone, De Angelis e Grassi”

CALTANISSETTA. E’ stato l’uomo più influente dell’antimafia, decideva nomine e governi, oggi Antonello Montante è agli arresti domiciliari con l’accusa di associazione a delinquere finalizzata alla corruzione. Per la procura di Caltanissetta va condannato a dieci anni e sei mesi di carcere: tanti ne hanno chiesti i pubblici ministeri Stefano Luciani e Maurizio Bonaccorso al termine della loro requisitoria.

Una richiesta pesante, scontata di un terzo perché Montante ha scelto di essere processato col rito abbreviato. Stessa scelta fatta da alcuni coindagati, accusati di aver fatto parte del suo “cerchio magico”. Anche per loro la procura chiede pesanti condanne: 7 anni, un mese e 10 giorni per Diego Di Simone, l’ex ispettore di polizia diventato il capo della security di Confindustria, il più fedele scudiero di Montante per gli affari sporchi, dai controlli nella banca dati delle forze dell’ordine per i dossieraggi ai contatti con le misteriose talpe istituzionali rimaste senza nome. E’ stata sollecitata una condanna pure per Marco De Angelis, funzionario della questura di Palermo: 6 anni, 11 mesi e 10 giorni. Anche lui avrebbe avuto un ruolo determinante nell’attività di spionaggio.

Due anni e  8 mesi sono stati chiesti per Andrea Grassi, ex funzionario del Servizio centrale operativo della polizia, oggi questore di Vibo Valentia: è accusato di aver fatto parte della catena delle talpe che soffiarono a Montante l’indagine nissena. Quattro anni e 6 mesi sono stati sollecitati per il colonnello Gianfranco Ardizzone, ex comandante provinciale della Guardia di finanza di Caltanissetta, un altro pezzo del “cerchio magico” di Montante. I pm hanno invece chiesto l’assoluzione per Alessandro Ferrara, ex dirigente generale delle Attività produttive.

La sentenza del gup Graziella Luparello è prevista per l’inizio di maggio, mentre prosegue col rito ordinario il processo nei confronti di altri 13 imputati, tutti nomi di primo piano: dall’ex presidente del Senato Renato Schifani all’ex capo dei servizi segreti Arturo Esposito, al tributarista Angelo Cuva, tutti accusati di essere stati anelli della catena delle talpe.