Scandalo Siri: Intrecci, veleni e sospetti. Quando la stampa si divide tra procure e politici. Le famose parole di Violante sull’annosa questione

I veleni di carta e l’intreccio tra stampa e magistratura. Un punto nodale che fece esporre anche Violante

Ancora una volta trova conferma il paradossale auspicio espresso qualche anno fa dall’ex presidente della Camera e magistrato Luciano Violante

Un giornale autorevole diretto da Belpietro parla di una fonte togata che asserisce la “falsità” di alcune intercettazioni. A replicare altri giornali e giornalisti filo PM che dicono l’esatto contrario. Una vicenda , che allontana la Giustizia dagli insegnamenti costituzionali. Il comunista Luciano Violante, ex magistrato lo disse in tempi non sospetti. L’uso delle intercettazioni per fare propoaganda non fa bene alla giustizia e al diritto

Inchiodato, o quanto meno compromesso, in un’indagine per corruzione dallo sfogo intercettato e allusivo a trentamila euro versatigli dall’amico Paolo Arata per un tentativo neppure riuscito di procurare incentivi ad un’azienda eolica siciliana posseduta dallo stesso Arata in società con un detenuto riconducibile al capo latitante della mafia Matteo Messina Denaro, il sottosegretario leghista al Ministero delle Infrastrutture Adolfo Siri è sceso un po’ dalla croce.

I magistrati romani dell’inchiesta che è già costata a Siri le deleghe e un mezzo preannuncio di rimozione dal governo da parte del presidente del Consiglio, hanno smentito ad un cronista giudiziario del quotidiano La Verità –“nomen nominis”, potrebbe vantarsi il direttore Maurizio Belpietro – che vi sia ai loro atti l’intercettazione usata mediaticamente contro Siri, o qualcosa che le assomigli.

Com’è potuto accadere o ripetersi una cosa del genere, visto che non mancano purtroppo precedenti di processi sui giornali molto più avanti di quelli dovuti nei tribunali, si potrà forse spiegare e capire nei prossimi giorni, si spera in tempo per rimuovere almeno questo sasso, o macigno, dalla strada delle elezioni europee e amministrative di fine maggio. Dai cui esiti sembra dipendere la sopravvivenza del governo e persino della legislatura.

Certo è che ha ancora una volta trovato conferma il paradossale auspicio espresso qualche anno fa da uno che si intende della materia: l’ex presidente della Camera e magistrato Luciano Violante.

Che, scettico o contrario allora alla separazione delle carriere fra pubblici ministeri e giudici, disse che sarebbe bastata, almeno a lui, la separazione delle “carriere” dei pubblici ministeri e dei cronisti giudiziari impegnati a riferirne il lavoro.

Secondo il giornalista del “Il Dubbio”, Francesco Damato, – ci sono giornalisti che, senza neppure scomodarsi a bussare alla porta del procuratore o sostituto di turno, ma fermandosi a qualche soffiata, indiscrezione e quant’altro di un cancelliere, di un agente della polizia giudiziaria o di chissà chi altro, mosso chissà da quale scopo, ottiene frasi sulle intercettazioni o notizie riservate sulle indagini . La cosa strana è che, queste informazioni vengono divulgate con precisi obiettivi . Spesso, quando si tratta di alcuni politici di certi schieramenti  che finiscono sotto inchiesta, stranamente, cala il riserbo assoluto. Congetture ? Forse. 

Prendersela col giornale o col collega che di volta in volta scivola più o meno consapevolmente su questo terreno già viscido di suo è persino superfluo. Il problema non è nel giornalista ma nel metodo che viene favorito per ragioni precise e che poco hanno a che fare con il vero diritto d’informazione

E’ questo metodo di lavoro, di amministrare giustizia da una parte e di fare informazione dall’altra, e tutti insieme politica, che non va e grida francamente vendetta. Troppi sono i danni che esso ha procurato a quello che chiamiamo aulicamente “il sistema”, avvelenandolo. Chi crede nei prinipi costituzionali sa che, se indagato deve difendersi nelle sedi giudiziarie . Gli avvocati servono a questo. L’indagato , poco può fare per difendersi dagli attacchi mediatici . E se lo fa finisce per farsi solo male. Il gioco che rimane devastante per l’indagato è impari tra chi accusa e che deve difendersi. Se i processi si portano sulle piazze e lontano dai tribunali il rischio è alto per i valori democratici. Addirittura, certi giornali, hanno pure messo in discussione il ruolo degli avvocati. quasi fossero un disturbo per la legge.

Ogni volta che si fa un elenco – e ne abbiamo fatti anche qui, al Dubbio- degli intrecci casuali o voluti fra cronaca giudiziaria e cronaca politica, già il giorno dopo capita di lamentarne la parzialità, l’incompletezza, perché i fatti corrono velocissimi e ti mettono in ritardo.

Nel caso particolare del sottosegretario Siri – che già in base al famoso “contratto” di governo gialloverde per il reato di corruzione contestatogli avrebbe il diritto di rimanere al suo posto sino all’eventuale rinvio a giudizio- l’analisi della situazione si fa più complicata per una serie di circostanze.

Oltre alla già ricordata e di per sé tossica campagna elettorale, non foss’altro per la sua interminabile durata, essendo di fatto in corso già dall’anno scorso, e non essendo destinata a chiudersi neppure a fine maggio sia per i ballottaggi comunali di metà giugno sia per le elezioni regionali dell’anno prossimo, vi è la molteplicità delle sedi di indagini sugli affari eolici.

A Roma è approdato un troncone delle inchieste in corso a Palermo e a Trapani. E a Roma i magistrati inquirenti, già in sofferenza per l’anacronistico sospetto che siano usciti dai loro uffici ciò che neppure vi risulta arrivato, la intercettazione cioè del professore Paolo Arata, esperto di energia per la Lega, si trovano nella scomoda situazione di un quasi interregno, essendo in scadenza il capo della Procura Giuseppe Pignatone.

Fonte: Il Dubbio