AGLI ASPIRANTI STATISTI: LE PAROLE SONO PIETRE… – DI DOMENICO GALBIATI

Le parole sono pietre. Soprattutto se pronunciate nel corso di una campagna elettorale. Lo dovrebbero ricordare soprattutto coloro che aspirano a guidare un’intera nazione. Delle esternazioni, spesso sopra le righe, di Matteo Salvini e Luigi Di Maio sono pieni i giornali. Sono servite finora per salire nei sondaggi o per contenere una strisciante disaffezione. Molto meno per concretizzare quei successi significativi sul piano dei processi politico legislativi in grado di avviare trasformazioni profonde a livello economico e sociale.

Nicola Zingaretti se ne è appena infelicemente uscito sull’eutanasia senza valutare che temi così complessi dovrebbero essere affrontati con la dovuta comprensione e delicatezza e, magari, rimanendo in sintonia con tutto l’intero mondo che si aspira a rappresentare. Emma Bonino interviene sulla delicata questione della crisi demografica e parla di un vero e proprio ” travaso” degli immigrati rinfocolando delle polemiche su di un altro tema critico da affrontare, a proposito del quale ci si dovrebbe affidare a quella completezza di ragionamento adeguata ad una campagna elettorale, delicata e complessa, com’è quella delle europee del prossimo 26 maggio.

Siamo nel pieno, insomma, di una stagione di dichiarazioni che sembrano farci vivere nella sattovalutazione del fatto che le parole restano. E’ necessario un impegno generale alla cautela, che non significa reticenza, bensì la consapevolezza piena che, quando  si assumono – o almeno così dovrebbe essere – impegni con gli elettori e le ” pietre” non sono sassi erratici sparsi qua e là, travolti dal fiume in piena dell’ impeto propagandistico, ma diventano macigni e parte strutturale di un edificio, cioè della visione complessiva che ciascuna forza propone per il futuro del Paese.
Del resto, lo si insegna anche ai bambini a non lanciare sassate, soprattutto in un ambiente affollato.
In genere, si dice loro che un sasso, una volta sfuggito dalla mano, non si sa mai esattamente dove vada a parare.
Insomma può far male.
E’ bene, dunque, che le pietre stiano a terra, anziché svolazzare a destra ed a manca.
Rischiano di diventare proiettili e non è escluso che qualche volta si trasformino in boomerang.
Sopratutto se – invertendo le parti del più classico dei duelli biblici – anziché dalla fionda di un giovane ed agile Davide che sa dove mirare, sono lanciate dalla mano stanca, rozza e possente di improbabili e presunti Golia che sparano nel mucchio.
Insomma, c’è pure il rischio, poco onorevole, di essere una volta di più “deboli con i forti’ e “forti con i deboli”.
E sono deboli gli anziani che si avviano al tramonto, le donne sfruttate o alle prese con una gravidanza difficile, i giovani disagiati, per cui chi parla, con la nonchalance con cui distribuirebbe confetti, di eutanasia, di contrasto all’obiezione di coscienza dei medici, di case chiuse o di droga libera, farebbe bene, se non altro, ad attendere tempi migliori e piu’ propizi.
Cioè quando, perlomeno e sperando che un tempo tale ci sia infine concesso, le campagne elettorali – del resto succede perfino in guerra – possano almeno essere sospese per una sorta di “tregua umanitaria” che dia respiro ai contendenti ed a chi ne deve sopportare le reciproche contumelie.
Fuor di metafora, e’ comprensibile, anzi inevitabile, perfino opportuno, necessario e giusto, in ogni caso legittimo che vi siano argomenti che, dal loro spessore etico, desumano una forte divisività sul piano politico.
Sarebbe, ad ogni modo, opportuno che almeno si convenisse su un aspetto metodologico, di quelli per cui la forma diventa sostanza: che di tali argomenti di discuta con ponderazione, con prudenza e pacatezza da ogni versante, con la disponibilità all’ascolto reciproco.
In un contesto pluralistico inevitabilmente ci si divide, ma e’ importante che nella consapevolezza di ciascuno ci sia un’eco ragionata della tesi avversa.
Al contrario, argomenti così complessi e delicati buttati lì nella mischia di una campagna elettorale così accesa patiscono oggettivamente, al di là del l’intenzione di ciascuno, una strumentalizzazione che è francamente meglio evitare.
Non stiamo giocando a risiko.

Domenico Galbiati

Fonte politicainsieme