L’Odissea dell’ex senatore Diana, infangato da un’intercettazione e poi scagionato da ogni accusa di collusioni con le cosche

Parla Lorenzo Diana: «Io, rovinato dalle bugie di un pentito»

Parla Lorenzo Diana: «Io, rovinato dalle bugie di un pentito»

Il politico, finito in una intercettazione è stato preso di mira dai Pm che lo avevano accusato di concorso esterno alla mafia. Un altro caso che dimostra l’importanza del giusto uso delle intercettazioni. un danno che non potrà dimenticare

Quattro anni di indagini e poi la richiesta d’archiviazione. Quella dell’ex senatore del Pds Lorenzo Diana è una storia strana, che racconta con precisione e dovizia di particolari il rapporto perverso che spesso si innesca tra avviso di garanzia e gogna mediatica. E di come una vita di impegno contro la camorra possa essere fatta passare per il suo esatto contrario. Mille e quattrocento giorni dopo il 3 luglio 2015, giorno in cui a casa Diana arriva la notifica di un’indagine per concorso esterno in associazione mafiosa, «l’incubo è finito»

Il clan dei casalesi lo voleva morto, quel Lorenzo Diana che nel suo paese, San Cipriano d’Aversa, era ritenuto l’istituzione politica più influente. Ci ha provato con una bomba, poi è passata alle minacce con una lettera del boss Francesco Schiavone “Sandokan” spedita direttamente dal carcere. Ma nulla è stato efficace come la delegittimazione, arrivata per bocca di due pentiti, che lo hanno descritto come il facilitatore degli accordi tra la Cpl Concordia e i vertici del clan.

Per la Dda, Diana si sarebbe attivato per sbloccare gli atti necessari a far sì che diversi lavori andassero alle imprese legate ai vertici del clan. Un castello d’accuse fondato, in alcuni casi, sull’evidenza, sconcertante, dell’impegno antimafia di Diana. Usata, invece, come se significasse il suo esatto contrario.

«Io lo sapevo che sarebbe finito tutto, perché ho sempre lottato, in prima linea, contro la camorra, a volte in solitudine, quando lo Stato ed i giornali erano assenti nel nostro territorio mentre il clan cresceva – racconta – Ho combattuto con coraggio, quasi folle, e senza risparmiarmi fino al rischio della propria vita e dei miei familiari».

Fonte: Il Dubbio