La crisi al Csm sblocca la riforma della giustizia «Facciamola subito»

Il sì di Salvini al ddl Bonafede: «mercoledì il via sulle regole del nuovo processo civile e penale»

Sergio Mattarella ha fatto scoccare la scintilla. «Le elezioni suppletive per sostituire i consiglieri dimissionari del Csm siano il primo passo per voltare pagina», ha chiarito il Capo dello Stato.L’idea di poter riformare tutto, a cominciare dal Consiglio superiore, si rivela contagiosa: «Mercoledì, al massimo giovedì, incontreremo il ministro Bonafede per discutere della riforma della giustizia», rivela Matteo Salvini al termine del summit leghista. Si rompe l’incantesimo che teneva in stand- by da oltre due mesi il ddl del guardasigilli. Dallo tsunami del Csm viene dunque un effetto positivo. La Lega è finalmente pronta a discutere del nuovo processo. L’intervento, aggiunge Salvini, deve riguardare la giustizia «penale, civile e tributaria». Ottime intenzioni. Che si incrociano alla perfezione con i dossier già definiti nel dettaglio da Bonafede. Sul fronte penale e civile il ministro ha tratto le conclusioni dal tavolo con avvocati e magistrati. Rispetto al settore tributario si potrà fare affidamento anche alle proposte avanzate sempre dalla professione forense, in particolare dall’Uncat, l’associazione degli avvocati di settore. Ma ovviamente si discuterà anche di riforma del Csm, ancora ferma allo stadio delle ipotesi. Bonafede ha un’idea di partenza: «Il magistrato che entra in politica non potrà più tornare a fare il giudice o il pm, per non compromette la sua imparzialità». I testi per mettere fine, o almeno limitare le porte girevoli vengono dalla precedente legislatura quando, al Senato in particolare, erano stati ipotizzati vincoli molto stringenti. Ma è chiaro che si dovrà intervenire anche sul sistema per l’elezione dei togati a Palazzo dei Marescialli. Il principio è ormai acquisito da tutti: limitare il peso delle correnti. Non è ancora definita la strada, ma è esclusa l’ipotesi di una modifica costituzionale. Si dovrà agire sui dettagli della legge ordinaria, per esempio sull’ampiezza dei collegi, da ridurre in modo da assicurare più autonomia dai gruppi della magistratura associata a quelle toghe dotate di particolare credito fra i colleghi del loro distretto.

D’altra parte gli effetti del sisma al Consiglio superiore non accennano a esaurirsi. Ieri si è dimesso il quarto togato, Corrado Cartoni: «Non ho mai parlato di nomine, ma lascio per senso delle istituzioni e per difendermi nel processo disciplinare», dice l’ormai ex consigliere di “Mi”, che lunedì il plenum sostituirà, intanto, alla sezione disciplinare. Si conoscono già gli elementi contestati a un altro collega che dovrà rispondere davanti allo stesso organismo del Csm e che costituisce la figura di innesco dell’intero caso, Luca Palamara. Nell’atto di incolpazione del pg della Cassazione Riccardo Fuzio si parla di «comportamento gravemente scorretto» e delle trame che avrebbero dovuto danneggiare, oltre al procuratore di Firenze Giuseppe Creazzo, anche l’aggiunto di Roma Paolo Ielo.

Il dato è che le vicende sconvolgenti della magistratura restituiscono alla politica la determinazione riformatrice. Con diversi risvolti positivi. Non solo rispetto alla necessità che, come dice la plenipotenziaria di Salvini sulla giustizia, Giulia Bongiorno, «Bonafede trovi gli anticorpi alle degenerazioni del correntismo». Intanto la stessa ministra della Pubblica amministrazione prevede che non ci si limiterà a «cambiare qualche norma della procedura civile e penale» ma che negli incontri, «già fissati per metà della prossima settimana con il guardasigilli», si toccherà per esempio anche il nodo «dell’accesso alla magistratura». Oggi è affidato a un concorso di secondo livello, che per la stessa Anm è un problema perché alza l’età del primo incarico. Ma a colpire, più di tutto, è il passaggio di Salvini sulle intercettazioni ( richiamato anche in altro servizio, ndr):

«È incivile leggerle sui giornali, lo dico adesso che riguardano i magistrati». Potrebbe finalmente cadere il tabù della privacy sacrificata sull’altare di un malinteso diritto di cronaca. Non è scontato. Ma come dice il vicepremier leghista, «o si fa ora, o la riforma della giustizia non si farà per i prossimi cento anni». Solo il momento di crisi della magistratura poteva far vacillare tabù come quello sulle libere intercettazioni. Sarà sconsolante ammetterlo ma è così.

Fonte : Il Dubbio