Salvini: l’elefante nella trappola del topo

Io non so se la storia della trattativa per un grosso finanziamento russo (trattativa, perché pare, se non sbaglio, che i rubli non sono mai arrivati) sia tutta una montatura o sia cosa più o meno vera.

La storia della nostra Repubblica è una storia di operazioni politiche alimentate dal denaro straniero. Anzi, anche prima, clamorose operazioni politiche ricevettero denaro da Oltralpe. Basti pensare a Mussolini divenuto in qualche settimana da neutralista e pacifista a interventista e guerraiolo nel 1914-1915. Denaro francese o russo, che gli permise di fondare il Popolo d’Italia e di portarsi dietro un po’ di socialisti “rivoluzionari”.

Un evento basilare, nella storia degli albori della Prima Repubblica, fu quello della maxitangente per l’acquisto delle navi Liberty, svendute dagli Usa.

Il finanziamento americano fu un dato di fatto essenziale e nemmeno messo in dubbio per diversi anni.

Di più non saprei dire per anni più vicini a noi, tranne che certamente il denaro viene dall’estero forse più che dalle casseforti dei magnati italiani. L’ENI, grande elemosiniera dei partiti (oltre che della D.C.) della Prima Repubblica “lavorò” con denaro proprio e fece correre, all’occorrenza, quello straniero.

Salvini non è personaggio del quale possa dirsi che “certe cose lui non le fa”.

La Lega “macinò” una grande quantità di denaro. Bossi fu travolto dalle “mani bucate” del figlio e di vari amici. La Lega è stata sempre a corto di denaro rispetto ai suoi grandi progetti e Salvini, a quel che si dice, trovò le casse vuote.

Ma queste sono tutte “voci”, alle quali non ho mai dato nemmeno la giusta attenzione, tanto poco mi intendo di conti e di denaro.

Direi piuttosto che Salvini è il classico elefante che finisce nella trappola del topo. Rodomonte, di notevoli intuizioni, non sembra dotato della virtù della prudenza.

Non sarebbe pensabile nessun altro uomo politico che va a batter moneta all’Estero con tanto di delegazione.

Ma Salvini sarebbe capace di questo ed altro. Il giuoco sottile, i ricami della prudenza non sono fatti per lui. Confida di poter rimediare a tutto con le parole grosse, gli insulti, il rifiuto delle mezze misure.

Non credo che si lascerà travolgere completamente da questa operazione, che, anche dato il momento, ha tutta l’aria, veri o non veri i fatti, di essere tessuta da servizi abituati al ricatto ed ai colpi bassi. Ma forse la storia dei rubli, tanto più se fosse falsa, gli toglierà l’aureola del geniale spaccatutto, di quello sul quale si può scommettere.

Ci sarebbe poi da discutere circa la figura di reato contestato a Salvini, anzi, in ogni Paese civile non si parla neppure di addebito, di indagato, di indagini a carico di taluno se non sia chiaro che ciò che si configura come probabile in linea di fatto, corrisponde chiaramente ad una ben definita ipotesi reato. Altra cosa, naturalmente è la responsabilità politica, prendendo dall’Estero non è certo cosa degna. Ma da noi “si combatte il crimine” arrestando, incriminando, condannando, “all’occorrenza”, magari le vittime di un ricatto mafioso (eventualmente presunto).

Del resto lo “jus sputtanandi” che compete ai Procuratori che sappiano appropriarsene, non può trovare limiti di così fragile consistenza.

E chi non tiene conto di ciò non è uomo politico di qualche effettiva levatura.

Mauro Mellini