Semi di speranza


12 semi di speranzaNel febbraio del 2019 siamo a Thiene, in provincia di Vicenza e durante un incontro con un centinaio di studenti, un ragazzo interviene spiegando cosa sia per lui la mafia, ossia controllo del territorio, prendendo come esempio la zona di Castel Volturno. Ma, spiazzando i relatori, cita come forza criminale dominante la mafia nigeriana e non la Camorra. È difficile, tuttavia, immaginare che in quella zona della Campania, la mafia italiana sia seconda a quella d’importazione e allora ci chiediamo come mai lo studente sia convinto che la Camorra in quella zona non operi.
Continuando a parlare con i ragazzi delle ultime operazioni antimafia nel Nordest, che coinvolgono mafiosi d’origine meridionale ma da anni residenti in Veneto, in affari con veneti doc – complici e colpevoli quanto i primi – ancora qualche studente ci chiede se non sia colpa dei “meridionali” la stessa presenza del crimine organizzato in regione…
Noi la risposta la sappiamo: il criminale non coincide con la mafia. Essa è un network, una rete a cui partecipano varie persone. Non importa la loro etnia, la loro origine, la loro provenienza.
A termine dell’incontro chiediamo ai ragazzi se si sentano mafiosi o antimafiosi. La (quasi) pronta risposta – tutti antimafiosi – è interrotta da una studentessa che esclama di essere antimafiosa fin quando sarà a casa, a studiare, mantenuta dai suoi genitori. E poi? Bella provocazione.
La mafia non si combatte solo sul piano repressivo ma anche garantendo quel diritto sancito dalla nostra Costituzione, il lavoro, con tutto quello che è ad esso connesso. La mafia si combatte con la cultura. “La mafia sarà vinta da un esercito di maestri elementari”. E facendo nostro questo motto, come associazione proponiamo ogni anno dei progetti didattici alle scuole di ogni ordine e grado, che trattano i temi della lotta alle mafie, della memoria, del giornalismo, dei diritti e dell’ambiente, basati tanto sul concetto di legalità quanto di giustizia sociale.
Quest’anno, trovando la pronta collaborazione di insegnanti e dirigenti, abbiamo realizzato tre progetti educativi, durati tutto l’anno scolastico, che hanno visto coinvolti una decina di istituti scolastici secondari di primo e secondo grado in Veneto. I progetti sono realizzati tenendo conto delle esigenze degli insegnanti e, in accordo con loro e con gli studenti, costruiti sulla base degli indirizzi scolastici nel caso delle scuole superiori. Ad esempio, quest’anno con l’Istituto Alberghiero Pietro d’Abano ad Abano Terme (Padova), due classi terze e due classi quarte hanno partecipato al progetto “Antimafia a Tavola”, fortemente voluto dalla professoressa Mariarosaria Grimaldi. Gli studenti non solo hanno svolto laboratori tematici in classe ma sono anche partiti alla volta di Palermo, accompagnati dalla nostra associazione, per incontrare familiari di vittime innocenti di mafia e testimoni di giustizia, visitare la città, anche dal punto di vista enogatronomico (e il capoluogo siciliano ha molto da offrire), e vedere i luoghi della memoria. E così i ragazzi hanno conosciuto, ad esempio, Giovanni Impastato e visitato Casa Memoria Felicia e Peppino Impastato a Cinisi; visto i monumenti eretti a Capaci in memoria della strage del 23 maggio 1992; ammirato la Cattedrale di Palermo; discusso con Santi Palazzolo, il maestro pasticcere che ha denunciato Roberto Helg, e visitato il suo laboratorio di pasticceria; conosciuto Giovanni Paparcuri, sopravvissuto all’attentato in cui perse la vita il giudice Rocco Chinnici, e visitato il “bunkerino”; parlato con Graziella Accetta e Ninni Domino, i genitori del piccolo Claudio, e Massimo Sole, fratello di Giammatteo, familiari di vittime innocenti di mafia, presso la Biblioteca sociale dedicata a Nino e Ida Agostino; incontrato a Monreale Claudio Burgio, figlio di Giuseppe La Franca; hanno conosciuto e ascoltato Fiammetta Borsellino. Non solo un viaggio di istruzione ma qualcosa di più.
Tornati in Veneto, gli studenti hanno elaborato le informazioni e le storie apprese: hanno realizzato un piccolo video-reportage e, una volta ai fornelli, hanno creato “i piatti della memoria”; prendendo spunto dalle pietanze tanto amate dalle vittime innocenti di mafia – i familiari sono stati disponibili a raccontar ai ragazzi questo aspetto molto personale – hanno creato un menù che ricordasse una delle caratteristiche più “umane” delle vittime e che spezzasse il triste assioma dell’Italia “pizza-mafia-mandolino” e della mafia come brand gastronomico. E così, nel menù compare ad esempio l’insalata di arance e finocchi dedicata al Dott. Paolo Borsellino che nei suoi lunghi periodi di lavoro spesso optava per pranzi semplici e veloci consumati direttamente nel posto di lavoro. Gli studenti hanno deciso di combinare i finocchi, con arance rosse di Sicilia IGP e pinoli tostati. E poi gli Spaghetti alle Sarde e la Pasta alla Norma, dedicate a Peppino Impastato, il Nasello con patate, zucchine, olive e capperi dedicato a Pio La Torre. E molto altro ancora…
Il progetto ha raggiunto i suoi scopi: accrescere l’importanza della memoria attiva, conoscere le storie di chi, innocente, è stato ucciso dalla mafia, comprendere quanto si possa fare molto anche nel quotidiano, in base alle proprie capacità e competenze.
A Bassano del Grappa, grazie all’amministrazione comunale, in particolare all’assessore Oscar Mazzocchin, e in collaborazione con sette istituti scolastici superiori, gli studenti hanno partecipato a quattordici incontri pomeridiani organizzati dalla nostra associazione; l’obbiettivo principale del progetto era provare a spiegare la mafia ai propri pari età. E così, dopo laboratori tematici e incontri con esperti, come Ugo Dinello, giornalista de “la Nuova Venezia”, e Maurizio Ortolan, ispettore di Polizia che ha lavorato, tra gli altri, con Giovanni Falcone, Paolo Borsellino e Gabriele Chelazzi, gli studenti hanno sviluppato un questionario realizzato interamente da loro, improntato sulla “peer education”, per verificare quanto si sappia delle mafie, sulla loro percezione, sul comportamento mafioso e sulla Mafia del Brenta. I ragazzi che hanno partecipato al progetto, hanno potuto constatare quanta poca conoscenza ci sia su questi temi nei loro coetanei e solo partecipando a questo tipo di incontri, mettendosi in gioco e provando ad andare oltre gli stereotipi comuni, si riesca a comprendere il fenomeno mafioso.
Alla scuola secondaria di primo grado Arrigo Boito di Padova, grazie alla professoressa Federica Zantomio, due classi di terza hanno lavorato con noi, durante l’anno scolastico, sulla memoria delle vittime di mafia e in particolare sui tanti bambini e ragazzi innocenti uccisi dalle mafie, “adottando” non solo il loro nome ma anche le loro storie, per partecipare poi alla Giornata nazionale della memoria delle vittime innocenti del 21 marzo.
Infine, per il terzo anno consecutivo, la nostra associazione è riuscita a organizzare una serie di visite guidate alla scoperta dei beni immobili confiscati e delle oasi naturalistiche in Veneto, abbinando l’argomento mafia a quello dell’ambiente; abbiamo accompagnato professori e studenti a Erbè (Verona), a Campolongo Maggiore (Venezia) e a Badia Polesine (Rovigo), nei 3 principali beni oggi visitabili e fruibili al pubblico grazie all’impegno delle associazioni locali. 3 beni confiscati su 126 (già destinati), al di là di pochi altri utilizzati per scopi sociali, la dice lunga anche sulle capacità degli enti pubblici veneti di rendere un patrimonio collettivo quello che una volta apparteneva ai criminali. Da questo deriva l’importanza di spiegare il valore degli stessi beni confiscati e di una cittadinanza attiva e attenta che coinvolga i giovani.
Non è vero che solo di recente si parla di mafia in Veneto, come qualche illustre esperto sostiene, come se prima la società civile fosse dormiente nella sua totalità; giornalisti, rappresentati delle Istituzioni e anche varie associazioni ormai da più di un lustro sono fortemente impegnati su questo tema. Il problema, semmai, è riuscire a coinvolgere sempre più persone, senza banalizzare il fenomeno mafioso, senza negare il passato della regione, guardando a quello che accade oggi.
Noi nel nostro piccolo, senza avere le spalle coperte da chissà chi, lo abbiamo sempre fatto, abbiamo piantato semi di speranza nel Nordest che si credeva innocente.

Fonte mafie blog autore