I testimoni e le angosce di “Lillo”

GUAZZELLI RICCARDO
Il teste Riccardo Guazzelli, figlio del Maresciallo ucciso nell’aprile del 1992, invece, ha riferito delle preoccupazioni manifestate dall’On. Mannino in occasione di incontri col padre addirittura prima che l’On. Lima fosse ucciso, allorché, infatti, ebbe a riferire al Guazzelli di temere che la mafia potesse uccidere o l’On Lima ovvero lo stesso On. Mannino (“P. M DEL BENE ” – .. Ricorda, sempre per quell’incontro, se suo padre le disse anche le preoccupazioni esternate da Mannino in ordine a delle espressioni particolari, forti, che Mannino ebbe a pronunciare in quell’incontro?; DICH GUAZZELLI ” – Allora, io ricordo che, insomma, poi alla fine di questo incontro ci fu una
battuta che fil detta dal Mannino,’ o ammazzano me o ammazzano Lima, una cosa del genere”), preoccupazione poi ancora ribadita dopo l’omicidio dell’On. Lima quando l’On. Mannino disse espressamente a Guazzelli di temere che sarebbe stato lui la prossima vittima (“io mi ricordo nitidamente uno che è successo diciamo dopo l’omicidio Lima, quando insomma forse, essendosi
verificato diciamo quello che era stato oggetto diciamo della affermazione del Mannino, si erano incontrati e quindi diciamo posso collocare a marzo del 92, ecco … …. …. Non lo so se fu mio padre o se fu cercato dal Mannino, non mi ricordo signor Giudice…. . … Giustamente questo incontro era
consequenziale al primo incontro in cui c’era stata quella affermazione ed essendosi diciamo concretizzato quello che aveva paventato il Mannino in quell’incontro, giustamente lui era fortemente turbato e preoccupato per quello che era successo; …. …. P. M DEL BENE: – Dico, come nel primo incontro ci fu la frase uccidono o me o Lima, in questo secondo incontro ricorda se suo
padre le riportò qualche espressione particolare di Mannino?; DICH. GUAZZELLl : – No, c’era la preoccupazione che potesse essere il prossimo lui, insomma, il Mannino.; P. M. DEL BENE: Io procedo ad una contestazione, giusto per il ricordo, perché nella sostanza credo … Verbale del 18 maggio del 2012, udienza dibattimentale per il processo a carico del Generale Mori più l, dinnanzi alla Quarta Sezione del Tribunale, pagina 38 della trascrizione, allorquando lei ebbe a dire: Mannino ebbe ad esclamare una frase che di recente ho anche riletto sui giornali, nel senso hanno ammazzato Lima, potrebbero ammazzare pure me.; DICH. GUAZZELLl: – Sì, sì, sì”).

TAVORMINA GIUSEPPE
Definitiva conferma delle forti preoccupazioni dell’On. Mannino conseguenti all’omicidio Lima e dei conseguenti contatti intrapresi dal predetto con Ufficiali dell’ Arma dei Carabinieri si trae, ancora, dalla testimonianza del Gen. Giuseppe Tavormina, il quale, in particolare, esaminato nel dibattimento all’udienza del 9 gennaio 2015, dopo avere ricordato di avere studiato a Ribera e Sciacca […], interrogato sui fatti oggetto del processo, ha, in sintesi, riferito quanto al tema qui in esame (sui colloqui con il Ministro Martelli si dirà successivamente):
– di avere conosciuto l’On Calogero Mannino nei primi anni 80 a Torino […] e di averlo, poi, ancora rivisto negli anni successivi allorché prestava servizio a Roma nelle occasioni in cui il Mannino gli chiedeva di incontrarlo ed egli, trattandosi della richiesta di un Ministro, riteneva doveroso acconsentire agli incontri appena possibile (“P. M DI MA TTEO ” – Senta, tra questo episodio che quindi lei colloca tra 1’83 e 1’84, e il momento in cui lei assunte poi la Direzione
della Dia.. .. …. in questi anni lei ebbe occasione di rivedere, di incontrare nuovamente, di colloquiare, di intrattenersi a colloquio con l’Onorevole Calogero Mannino?; DICH. TAVORMINA “- Ritengo proprio di sì guardi, una volta arrivato a Roma, rientrato a Roma con un certo grado, con un incarico anche di un certo riguardo, l’Onorevole Mannino, se non ricordo male, era già Ministro, quindi era affermato sul piano istituzionale, […]);
– di conoscere il Gen. Subranni […];
– di sapere che vi era un rapporto di conoscenza tra l’On. Mannino ed il Gen. Subranni poiché una volta questi ebbe a parlargli di minacce riguardanti il primo (“P. M DI MATTEO : – Lei era a conoscenza o venne comunque a conoscenza di eventuali rapporti, degli incontri personali tra il Generale Subranni e l’Onorevole Mannino?; DICH. TA VORMINA : – Sì, in una circostanza credo di sì, perché se la memoria mi aiuta c’era stata una occasione in cui c’era arrivata notizia di una minaccia di attentato nei confronti dell’Onorevole Mannino e siccome in quella circostanza, che doveva essere di fine settimana, lui era venuto in Sicilia e doveva andare ad Agrigento, se non vado errato … Noi allora a Palermo non avevamo nessuna struttura ancora… … .. .. ero Direttore della
Dia nell’ultima sede che allora io ho avuto, ora la Dia è in un contesto diverso. In quella circostanza, dal momento che c’era questa notizia diciamo che poteva essere anche preoccupante a quell’epoca, credo che ebbi occasione di parlare a lui di questo fatto affinché eventualmente o lo rintracciassero o attivasse Palermo, dove lui aveva la sede del Ros già in funzione, per avvertirlo che c’era arrivata questa comunicazione e che ci poteva essere questa minaccia, va bene, nei suoi confronti. Questo è un particolare che credo di ricordare piuttosto bene, anche se dato il tempo e data l’età anche … “);
– di non ricordare incontri avuti insieme al Gen. Subranni con il Mannino presso
la segreteria di quest’ultimo in Roma nella quale egli, comunque, aveva avuto
modo di recarsi in più occasioni (“Con Subranni no, non mi ricordo, assolutamente. Che io sia andato a trovare Mannino in Via Borgognona questo me lo ricordo perfettamente. Non so se ero ancora Comandante della Divisione di Roma o se ero già transitato nella Dia, il periodo comunque doveva essere quello, tra poco tempo prima e subito dopo, siamo là insomma”), ma che forse
si era recato col Subranni presso una altro ufficio del Mannino diverso da quello di via Borgognona […];
– di non essere a conoscenza che il Gen. Subranni, in altro processo, ha dichiarato di avere avuto più incontri con Mannino alla presenza del Gen. Tavormina presso l’ufficio di via Borgognona […];
– di non ricordare le ragioni degli incontri con Mannino, ma che certamente ebbe a parlare con Subranni in occasione delle minacce ricevute dal Mannino medesimo […] e di apprendere per la prima volta anche che Subranni ha riferito di avergli parlato delle accuse che il collaboratore di
Giustizia Spatola aveva rivolto nei confronti di Mannino […];
– che probabilmente era stato egli a chiedere a Subranni di recarsi insieme a incontrare Mannino (“P. M DI MATTEO : – Senta fu lei a chiedere a Subranni di andare a trovare il Ministro Mannino?; DICH. TA VORMINA : – Probabilmente sì, probabilmente sì dal momento che forse mi aveva
rappresentato una qualche sua preoccupazione su Palermo, non avendo io riferimenti a cui poterlo indirizzare, probabilmente avrò potuto chiedere senza altro a Subranni di mettersi in contatto con lui per potere eventualmente dare un riscontro a quelle che erano le richieste che avrebbe avanzato”);
– che Mannino appariva alquanto preoccupato ([…]P. M DI MA TTEO : – Quindi la prima volta
è Mannino ad esprimerle queste preoccupazioni?; DICH. TA VORMINA : – Certamente, una prima volta oppure… Sì, ma sicuramente la prima volta, perché se già c’era stato l’episodio successivo, chiaramente c’era un pregresso per il quale io ero a conoscenza che poteva avere delle preoccupazioni di questo genere”);
– che quando Mannino gli manifestò le sue preoccupazioni vi erano stati la sentenza del maxi-processo e l’omicidio Lima (“Certamente c’erano state queste evenienze, sicuramente … .. .. .Intanto il Maxi Processo, l’omicidio Lima e il Maxi Processo, l’esito del Maxi Processo”) e, quindi, ciò avvenne nei primi mesi del 1992 essendo egli da poco Direttore della DIA […];
– di non ricordare se Mannino fece riferimento a concreti atti intimidatori e minacce ricevute […], pur confermando quando dichiarato in proposito precedentemente (“P. M DI MA TTEO : – lo le leggo, le contesto quello che lei ha riferito… Lei è stato sentito anche nell’ambito del processo Mannino davanti al Tribunale di Palermo all’udienza del 19 luglio del 2000. Sul punto fu più specifico rispetto ad ora e rispondendo alle domande del difensore di Mannino … Allora, io c’ho … Però questa è una stampa informatica, pagina 14, ma anche la sua credo che sia informatica. Allora, l’Avvocato le chiedeva: lei ebbe modo di parlare in quegli anni con l’Onorevole Calogero Mannino di queste minacce che lui aveva subito, di quegli episodi di cui lei hafatto riferimento? Certo. Difensore: e cosa le disse l’Onorevole Mannino in quell’occasione? Ma più che cosa mi disse, che non posso certamente ricordare a distanza di tanto tempo, il frasario usato nella circostanza, rappresentò delle grosse preoccupazioni. A questo proposito, sentendosi appunto vittima di minacce che venivano indirizzate nei suoi confronti per l’attività politica che svolgeva a livelli diciamo di evidenza in quel periodo. Quindi lui attribuiva il fatto di vivere in Sicilia e di esercitare queste
sue funzioni politiche e governative a livelli così elevati, attribuiva a tutto questo, va bene, una serie di iniziative a carattere intimidatorio che venivano portate nei suoi confronti e la cosa lo preoccupava, lo ricordo che manifestava queste preoccupazioni quando si parlava di circostanze di questo genere. Quindi lei in una epoca più vicina rispetto allo svolgimento dei fatti, ricordava il riferimento di Mannino anche a delle iniziative a carattere intimidatorio nei suoi confronti. Adesso le ho diciamo riletto la sua dichiarazione, lei è in grado di confermarla o di ricordare?; D1CH. TAVORMINA : – Chiaramente sì, perché se allora, la mia memoria certamente era diversa rispetto all’attuale, ho fatto questa affermazione, chiaramente la facevo fondatamente su ricordi ben precisi
o quanto meno ricordi meno, come dire, buoni rispetto agli attuali insomma, cioè molto più buoni di quelli attualà”);
– che tali atti intimi datori e minacce non erano oggetto di indagini della DIA (”Credo di no, credo di no”), ma che forse se ne stava occupando il ROS (“Posso pensare di sì, che qualcosa potessi avere arguito sull’argomento, ma i miei rapporti con il Ros non erano né continuativi né tali da potermi interessare attraverso di loro di situazioni di questo genere”), confermando, però, poi, in proposito, quanto già precedentemente dichiarato ([…] Lei ha risposto così: sì, indubbiamente sì, soprattutto quando arrivarono quelle minacce a cui facevo riferimento prima, che costrinsero sostanzialmente il Ros a pigliare delle iniziative a tutela della persona che nella circostanza ci risultava essere stata minacciata in maniera intimidatoria e quindi come in quella occasione certamente ho avuto modo di parlare con il Generale Subranni, che all’epoca dirigeva il Ros, di queste circostanze; […]);
– di non avere verificato se Mannino avesse formalmente denunciato le minacce e di non sapere se tale verifica fu fatta dal ROS […];
– di non avere conosciuto personalmente il M.llo Guazzelli, ma di avergli parlato per telefono soltanto una volta […], confermando, però, poi, a seguito di contestazione del P.M., le precedenti dichiarazioni con le quali aveva riferito di un incontro personale alcuni giorni prima che il Guazzelli fosse ucciso […];
– di non avere alcuna memoria dell’anonimo denominato “Corvo 2” (“Questa notizia del Corvo 2 era completamente uscita dalla mia memoria. Quando io ho letto sulla citazione questo Corvo 2 ho avuto bisogno di, attraverso il computer, di sapere di che cosa si trattasse perché non mi ricordavo più l’episodio del Corvo 2. Ricordavo perfettamente il Corvo l, ma non ricordavo assolutamente
in che cosa consistesse questo episodio. Certamente a quell’epoca ne sarò venuto a conoscenza sicuramente, ma che cosa fu fatto, cioè l’impressione che io ho riportato ora per allora era che la notizia era così paradossale che a mio giudizio non venne presa in considerazione o quasi, tanto è vero che, ripeto, per potere di nuovo richiamare alla mia attenzione questo episodio del Corvo 2 ho
dovuto rifarmi a delle notizie di carattere giornalistico dell’epoca”), pur avendone già riferito in occasione di precedenti dichiarazioni […];
– che la nomina di De Gennaro quale Vice Direttore della DIA non gli fu preannunciata (” .. la nomina di De Gennaro come vice non era almeno conosciuta da me. non era ipotizzata per quanto mi riguardava e non dico che fu una sorpresa, ma seppi all’ultimo che c’era stata anche la nomina di un mio vice che era appunto il dottor Gianni De Gennaro.; P. M DI MATTEO: – Ho capito, quindi qua Scotti ha detto sono stato io diciamo ad imporre … Comunque non era a lei conosciuta, non lo propose lei il nominativo di De Gennaro?; DICH. TAVORMINA : – Assollutamente”);
– che quale Direttore della DIA si rapportava soprattutto col Prefetto Parisi […];
– pur ricordando e confermando l’episodio, di non essere in grado di collocare con maggiore esattezza il periodo in cui Mannino ebbe a riferirgli delle minacce […];
– che egli ed il Gen. Subranni valutarono che le minacce a Mannino potessero avere un fondamento (“Avv. Milio : – …. In merito a questa minaccia, ricorda quale era diciamo la valutazione che faceva lei e il Generale Subranni, la vostra … Il vostro convincimento?; DICH. TA VORMINA : – Che potesse avere un fondamento e in questo caso cercare di evitare che effettivamente venisse portato a compimento mi sembrava che fosse una cosa assolutamente da fare”),
confermando quanto dichiarato in precedenza riguardo agli ipotizzati
collegamenti con l’attività politica del predetto […];
– di avere continuato ad incontrare il Gen. Subranni anche dopo la strage di Capaci, ma di non ricordare se gli stessi avessero ad oggetto anche la formulazione di ipotesi investigative […];
– di avere avuto notizia allora anche del rischio di un possibile attentato anche ai danni del Ministro Andò che egli conosceva personalmente […];
– che quando Mannino ebbe a parlargli delle minacce rivestiva la carica di Ministro […];
– di non ricordare se ebbe a parlare delle minacce a Mannino anche con i suoi collaboratori alla DIA […].
Come si vede, la testimonianza appena richiamata conferma, oltre che i rapporti dell’On. Mannino con lo stesso Gen. Tavormina (” .. anche se non ricordo specificamente date o circostanze a riguardo, certamente avrò avuto modo di incontrarlo, di salutarlo, cioè di avere quel rapporto, se così possiamo dire, di carattere personale che si rifaceva a una pregressa conoscenza …. “) e con il
Gen. Subranni e le visite dagli stessi fatte negli uffici privati dello stesso Mannino (” …… andai io con Subranni a trovare Mannino”), anche la forte preoccupazione (” .. era preoccupato, era preoccupato perché evidentemente gli erano arrivate delle notizie, gli erano arrivati dei segnali in virtù dei quali riteneva che potesse esserci un rischio personale quando soprattutto lasciava
Roma per rientrare a Palermo”) manifestata dal Mannino dopo la (e in relazione alla) uccisione dell’On. Lima (” …. . sono i primi del 92, io assunsi allora l’incarico di Direttore della Dia, stavo impiantando questo strumento, questo organismo e posso pensare che il tutto fosse cominciato un po’ con queste evenienze, cioè l’omicidio di Lima, essendo rappresentante politico, naturalmente assumeva una certa qualificazione agli occhi dei politici e agli occhi nostri logicamente, di allora facenti parte della Dia già e gli altri ancora dell’Arma. E nello stesso tempo ci fu questo Maxi Processo che consideravamo alla base di questo omicidio, una valutazione che fu fatta così, se non ricordo male, in quel periodo del motivo che era alla base dell’eliminazione di Lima veniva considerato proprio il risultato che era stato raggiunto con il Maxi Processo … “).
Riguardo a tale ultimo punto, quello del collegamento delle preoccupazioni manifestate da Mannino con l’omicidio Lima, al di là delle discrepanze temporali con le precedenti dichiarazioni rese dal Tavormina nel processo a carico di Mori e Obinu evidenziate dal difensore degli imputati Mori e Subranni, va, comunque, rilevato che nessuna incertezza il teste ha manifestato a seguito di
diretta e precisa domanda […], tanto più che il medesimo teste ha ritenuto di ricordare che,
all’epoca, Mannino rivestisse ancora la carica di Ministro (“P. M DI MA TTEO – … Cioè conferma che questi incontri sono avvenuti, in particolare quelli con Subranni e quelli in cui si parlò delle minacce, nel momento in cui l’Onorevole Calogero Mannino rivestiva la qualità, l’incarico di Ministro della Repubblica?; DICH. TAVORMINA .’ – Ma io ritengo di sì, guardi”).
D’altra parte, va ricordato che, già nei giorni immediatamente successivi all’omicidio Lima, vennero diramati allarmi nei quali si faceva espresso riferimento anche al Ministro Mannino (oltre che al Presidente del Consiglio Andreotti e al Ministro Vizzini) quali possibili successivi obiettivi dopo
l’omicidio predetto (v. allarmi diramati dal Capo della Polizia e dal Ministro dell’Interno già dal 12 marzo 1992 e, quanto al nome di Mannino, più specificamente quelli del 16 marzo 1992 di cui al documento n. 19L e 19M della produzione iniziale del P.M.) e, tenuto conto della carica allora rivestita dal Mannino (appunto, Ministro del Governo in carica), non può in alcun modo
dubitarsi che il medesimo ne sia stato messo a conoscenza, così come, d’altra parte, riferito dal Ministro dell’Interno dell’epoca Vincenzo Scotti a specifica domanda (“Sono convinto di sì”).
D’altra parte, va ricordato che l’esposizione del Mannino al pericolo di un attentato mafioso si trae anche da una nota del Raggruppamento Operativo Speciale dei Carabinieri indirizzata al Comando Generale dell’Arma in data 19 giugno 1992 e sottoscritta dallo stesso Gen. Subranni e, quindi, proprio da uno degli Ufficiali dei Carabinieri cui il Mannino si era rivolto dopo l’omicidio
Lima, nella quale si fa ancora espressamente il nome del Mannino quale possibile “futura vittima di cosa nostra” […] e che, contrariamente a quanto sostenuto dalla difesa dell’imputato Subranni in sede di discussione richiamando in modo illogico la testimonianza di Umberto Sinico (v. trascrizione dell’udienza del 2 marzo 2018) non può di certo ricondursi alle di poco precedenti confidenze di Girolamo D’Anna al M.llo Lombardo, dal momento che il teste Sinico, contrariamente a quanto, appunto, invece, affermato dalla difesa di Subranni, ha riferito che D’Anna ebbe a parlare soltanto di un possibile attentato ai danni del Dott. Borsellino e non anche
dell’On. Mannino […].
Ora, non è certo dubitabile che il Gen. Subranni, incontrando a più riprese 1’On. Mannino anche privatamente, non avesse già avuto modo di parlare col predetto del pericolo, che, secondo l’opinione delle più alte Autorità addette alla sicurezza del Paese, incombeva sullo stesso.
Semmai, va evidenziato che appare certamente anomalo che l’On. Mannino, consapevole dell’elevato pericolo personale che correva, non si sia rivolto, innanzitutto, a funzionari della Polizia di Stato cui ufficialmente era affidata la sua tutela […] ed, addirittura, abbia, ad un certo momento, dopo la strage di Capaci, rinunziato alla scorta (v. testimonianza di Vincenzo Scotti: […]).
In tale contesto di acquisizioni probatorie del tutto univoche sorprende che la difesa degli imputati Subranni e Mori abbia contestato addirittura la stessa sussistenza di una preoccupazione dell’On. Mannino per la propria vita nei mesi che seguirono l’uccisione dell’On. Lima (v. trascrizione dell’udienza di discussione del 2 marzo 2018) adducendo a sostegno anche che dalle agende del
Dott. Contrada risulta che gli incontri di quest’ultimo col Ministro Mannino riguardavano la questione dell’anonimo denominato “Corvo2” che era pervenuto poco prima, tralasciando, però, che in almeno un’occasione, il 25 giugno 1992, “minacce e pericolo in cui si trova” (v. agenda citata) furono l’unico e specifico oggetto di un incontro avvenuto tra il Ministro Mannino e il Dott. Bruno
Contrada in conseguenza della segnalazione di Subranni (v. ancora agenda citata: “segn. cc”) certamente distinto anche da altro incontro che seguì nella serata della stessa giornata avente ad oggetto l’anonimo (v. agenda alla medesima pagina del 25 giugno 1992: “ore 20 dal Ministro Mannino (per anonimo)”).

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