Le proposte del generale a Luciano Violante

Come si è visto, il teste Luciano Violante ha confermato, ripetutamente e senza titubanze, che Mori ebbe a chiedergli di incontrare in modo riservato Vito Ciancimino (v. dichiarazioni Violante sopra già riportate: ” .. il Generale Mori venne a trovarmi dicendomi che Ciancimino intendeva avere un colloquio con me, ma con me, non con la Commissione, riservato …. …….. lo dissi che non
facevo colloqui riservati, chi voleva essere sentito era sentito dalla,Commissione facendo una richiesta formale … …….. Dunque, lui mi dice questo, primo che Ciancimino è libero e abita a Roma dalle parti di Piazza di Spagna. Secondo, appunto che vuole parlarmi. ma riservatamente…. .. ..
…. probabilmente avrebbe chiesto qualcosa … … … Avrebbe chiesto qualcosa e se non erro in questo momento, insomma, sono queste le cose di fondo di questo colloquio che non fu … ……. Non mi precisò che cosa, né io chiesi perché non avevo interesse al colloquio personale … ……. No, perché non avevo interesse al colloquio, né avevo interesse ad approfondire una negoziazione che non mi
interessava insomma …. ……… Sì, io ho il dovere di dire la verità .. ; P. M TERESI ” – Sì. Lei ricorda … Ah, no, certo. Però nella sua difesa lei questa cosa la fa presente, che c’è una contestazione da parte sua sulla versione di Mori.. . .. .. .Io dico che Ciancimino mi voleva incontrare per un colloquio riservato, il Colonnello Mori ha detto nella sua memoria che invece Ciancimino era
disponibile subito ad essere sentito in Commissione, era questa la sostanza del contrasto … ….. E lo conferma oggi? Questo volevo sapere; DICH. VIOLANTE “- Certo”).
La richiesta di un colloquio riservato con Vito Ciancimino, è stata, invece, negata dall’imputato Mori, secondo il quale, peraltro, i documenti prodotti in allegato alle dichiarazioni spontanee rese ali ‘udienza del 21 gennaio 2016, dimostrerebbero che l’On. Violante aveva appreso della richiesta di audizione di Ciancimino già prima dell’arrivo della lettera di quest’ultimo (che, infatti, venne
protocollata il 29 ottobre 1992), e che, quindi, Violante era stato informato da Mori soltanto di tale volontà del Ciancimino e non già, appunto, come invece testimoniato dallo stesso Violante, di una richiesta di incontro riservato.
In realtà, i documenti prodotti ed acquisiti agli atti, a parere della Corte, non sono idonei a smentire il teste Violante.
La sintetica verbalizzazione della Riunione del 27 ottobre 1992 non consente, infatti, di escludere che Violante abbia informato l’Ufficio di Presidenza proprio della lettera che egli aveva ricevuto, fatto che, d’altra parte, appare già confermato dal riferimento alla rinunzia di Cianci mino alla presenza delle televisioni che effettivamente era contenuta nella lettera in questione.
D’altra parte, deve rilevarsi che, come risulta dai documenti prodotti in atti, nelle due facciate della busta contenente la lettera non v’è alcun timbro di arrivo o di protocollo, che, come detto, risulta essere stato apposto, invece, direttamente sulla lettera.
Inoltre, sulla detta busta non v’è alcun timbro di spedizione postale.
Ne consegue che, poiché la busta era indirizzata al Presidente della Commissione e dovendosi per ciò escludere che qualcuno diverso dal destinatario possa averla aperta precedentemente, appare del tutto ovvio concludere:
– che inizialmente tale busta contenente la lettera datata 26 ottobre 1992, senza transitare dall’Ufficio Protocollo (che, altrimenti, vi avrebbe apposto il timbro di arrivo), sia stata direttamente portata a mano da un incaricato di Vito Ciancimino (nella specie, verosimilmente, il figlio Massimo Ciancimino che in quel periodo sbrigava tutte le incombenze per conto del padre), lasciandola nella
portineria di Palazzo San Macuto, sede della Commissione Parlamentare Antimafia;
– che, quindi, la detta busta sia stata consegnata direttamente al Presidente Violante che ne era il destinatario;
– che, pertanto, quest’ultimo l’abbia pnma aperta e letta, informandone la Commissione nella seduta del 27 ottobre 1992;
– che, infine, soltanto successivamente la medesima lettera (si ripete, già aperta e, quindi, letta dal destinatario e da questi comunicata ali ‘Ufficio di Presidenza) sia stata trasmessa all’Ufficio competente per la sua protocollazione (dovendosi escludere che tale protocollazione possa essere già stata fatta nella portineria di Palazzo San Macuto, poiché, come si è detto, nella busta non v’è indicato alcun protocollo), a quel punto avvenuta il 29 ottobre 1992, dal momento che il detto Ufficio non avrebbe di certo potuto retrodatare la sua registrazione, essendo stati, ovviamente, nel frattempo protocollati in continuità altri documenti.
Di ciò, peraltro, appare ben consapevole anche lo stesso Presidente Pisanu, il quale, infatti, nella nota inviata all’Avv. Pietro Milio, appunto, riferisce espressamente “che dell’arrivo della lettera è stata data comunicazione nell’ufficio di Presidenza del 27 ottobre 1992”.
Dai documenti prodotti dalla difesa dell’imputato Mori sopra citati, dunque, non può ricavarsi alcuna smentita alle dichiarazioni dell ‘Ono Violante, risultando, anzi, rafforzata l’ipotesi che quest’ultimo ebbe ad informare l’Ufficio di Presidenza della richiesta di audizione formalmente avanzata da Vito Ciancimino a mezzo lettera e ciò indipendentemente dall’esattezza o meno del
ricordo del medesimo Violante riguardo ad un secondo incontro con Mori ricompreso nel periodo tra il giorno del primo, in occasione del quale egli fu informato della richiesta di interlocuzione riservata del Ciancimino (verosimilmente il 20 ottobre 1992), e il giorno in cui gli fu consegnata la lettera di quest’ultimo (verosimilmente nella stessa data del 26 ottobre 1992 nella quale fu scritta tale lettera o, al più, il successivo giorno 27 ottobre 1992), anziché, come sostenuto da Mori sulla base di una annotazione riportata nella sua agenda, in data 28 ottobre 1992 (allorché, però, Mori ebbe a consegnare a Violante la copia della bozza del libro di Ciancimino).
Ed in proposito, è opportuno evidenziare anche che nell’agenda cui si è riferito Mori per datare gli incontri con Vito Ciancimino sono ovviamente annotati gli incontri dello stesso Mori, ma non certo anche quelli che eventualmente De Donno abbia potuto avere con lo stesso Ciancimino senza la presenza di Mori ovvero i contatti che comunque, direttamente o indirettamente, lo stesso De
Donno, artefice del collegamento sin dalla sua instaurazione, potrebbe avere avuto, appunto, con Vito Ciancimino, facendo, poi, da tramite tra quest’ultimo e Mori.
Per completezza, poi, riguardo ancora alle dichiarazioni spontanee rese dall’imputato Mori all’udienza del 21 gennaio 2016 a proposito della testimonianza dell’On. Violante e sopra già interamente riportate, va detto che, contrariamente a quanto sostenuto dal predetto imputato, il fatto che egli abbia informato Violante dei suoi incontri con Ciancimino non necessariamente è in
contraddizione con la ricostruzione accusatoria che egli contesta, poiché, nell’ipotesi, appunto, della “trattativa” segreta intavolata tramite il Ciancimino, se questi avesse chiesto – come in effetti ha chiesto secondo il teste Violante – un incontro diretto e riservato con quell’esponente delle Istituzioni, l’imputato Mori non avrebbe potuto di certo evitare di informare lo stesso Violante dei suoi incontri con Ciancimino a meno di non rinunciare a dare corso alla sollecitazione di quest’ultimo e, quindi, all’ulteriore prosieguo della “trattativa” medesima che ineludibilmente richiedeva contraccambi reciproci.
Peraltro, va ricordata, in proposito, l’assoluta segretezza mantenuta da Mori sino ad allora (e che avrebbe poi mantenuto per molti anni ancora) sui suoi incontri con Vito Ciancimino verso l’Autorità Giudiziaria, tanto da non averne fatto cenno neppure quando alla Procura di Palermo era subentrato il nuovo Procuratore.
In occasione della testimonianza resa il 22 gennaio 2016, Gian Carlo Caselli, infatti, ha riferito che allorché egli si era insediato quale nuovo Procuratore della Repubblica di Palermo, Mori e De Donno gli avevano soltanto segnalato che Ciancimino, nel frattempo detenuto, intendeva parlargli (” … mi si dice il signor Ciancimino vuole parlare con lei perché ha delle cose interessanti da dire .. “) e di avere, quindi, appreso dei pregressi incontri dei predetti Mori e De Donno con Ciancimino soltanto da quest’ultimo […], circostanza fattuale che fa venire meno la giustificazione dell’imputato Mori secondo cui egli, quando aveva incontrato Ciancimino, non si fidava della Procura di Palermo ed intendeva, quindi, attendere il nuovo Procuratore.
Ed allora, non può non osservarsi che, proprio il fatto che l’imputato Mori si sia fatto portavoce del Ciancimino parlando con Violante (oltre che con gli altri “referenti politici” di cui ai paragrafi precedenti) nonostante la segretezza mantenuta sino ad allora sui suoi incontri con Ciancimino tanto da non averne fatto alcun cenno ali’ Autorità Giudiziaria, rafforza inevitabilmente, anche in
questo caso, la tesi che, sia pure nell’ottica di una contropartita, Mori intendeva assecondare (ed ha, di fatto, almeno in quel caso – ma v’è anche l’episodio del passaporto prima esaminato – assecondato) le richieste che gli provenivano dalla controparte.
Inoltre, qui va, altresì, evidenziato il fatto che Mori, che pure dichiaratamente intendeva avvalersi delle prerogative riconosciute dall’art. 203 c.p.p. relativamente al Ciancimino, tanto, come detto, da non rivelare quei suoi contatti neppure all’Autorità Giudiziaria, pur tuttavia, ha svelato il nome del suo asserito confidente all’On. Violante e ciò, a seguire il ragionamento difensivo dell’imputato Mori, senza alcuna logica e comprensibile ragione (oltre che con un’ intrinseca contraddittorietà rilevata, come si è visto sopra, anche dal suo interlocutore secondo quanto da questi pure testimoniato allorché ha osservato che quella giustificazione di Mori con riferimento all’art. 203 c.p.p. “oggettivamente appare contraddittoria, in quel contesto mi apparve, come dire,
comunque io c ‘ho una clausola, come dire, formale di salvaguardia, no? In ragione è questa, ma comunque una clausola formale di salvaguardia”, laddove, nel contempo, Mori gli aveva detto di non avere informato l’A.G. Dei suoi incontri con Vito Ciancimino perché “si trattava di una questione politica”): se lo scopo di Vito Ciancimino fosse stato solo quello di essere formalmente audito dalla Commissione Parlamentare Antimafia, e non già soltanto dal suo Presidente in forma riservata, non v’era alcun motivo per il quale Mori avrebbe dovuto rivelare a Violante i suoi incontri segreti col medesimo Ciancimino, il quale ben avrebbe potuto, come poi effettivamente ha
fatto, inviare direttamente la lettera con la sua richiesta, appunto, di formale audizione.
In altre parole, si vuole dire che, per la sola richiesta di una formale audizione presso la Commissione Antimafia da parte di un soggetto politico ampiamente noto per i suoi rapporti con la mafia, non vi sarebbe stata alcuna logica ragione per indurre Mori a svelare a Violante la sua fonte confidenziale ed i suoi incontri con la stessa, che intendeva mantenere assolutamente in quel momento segreti tanto da non averne riferito in alcun modo – formale o informai e – alla autorità
giudiziaria, al solo fine di perorare quella richiesta o, ancor meno giustificatamente, di anticipare a Violante quella richiesta poi formulata per iscritto da Ciancimino.
A ciò si aggiunga, ancora, che, se solo quello fosse stato l’interesse di Mori (anticipare o perorare la richiesta di Ciancimino di formale audizione in Commissione), l’imputato avrebbe potuto attendere le determinazioni della Commissione Antimafia e, poi, semmai, se fossero state negative, intervenire per sollecitare l’accoglimento della richiesta, rinviando a questo momento,
soltanto eventuale (perché non v’era ragione di ritenere che la Commissione avrebbe rifiutato l’audizione di Ciancimino una volta che questi avesse rinunziato ad imporre la presenza delle televisioni), la rivelazione dei suoi incontri segreti col Ciancimino.
In conclusione, dunque, deve ritenersi provato – in forza della deposizione resa dal teste Violante, della cui attendibilità, d’altra parte, anche per la sua notoria storia personale e per il suo disinteresse nella questione, non v’è minimamente ragione di dubitare – che effettivamente Mori ebbe a sollecitare al medesimo Violante un incontro personale e riservato con Ciancimino.
Ed allora, se così è, appare del tutto evidente che anche tale episodio smentisce la tesi riduttiva degli imputati sul ruolo di Vito Ciancimino e sulle dichiarate finalità dei contatti con quest’ultimo, mentre è, invece, totalmente coerente con la necessità di assecondare quell’interlocutore, non già per avere informazioni confidenziali di sorta, ma per dimostrare allo stesso che quei Carabinieri che lo
avevano contattato erano in grado di (ed intendevano effettivamente) coinvolgere esponenti delle Istituzioni a vari livelli (come si è visto, Ministro della Giustizia, Presidente del Consiglio dei Ministri e Presidente della Commissione Parlamentare Antimafia), così da dare credibilità alla richiesta di dialogo indirizzata, tramite Vito Ciancimino, ai vertici mafiosi.

 

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