Lo squadrismo antimafia – il sospetto di essere sospettati

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Francesco Bongiovanni, in un video pubblicato su Facebook, si scaglia contro la cultura del sospetto che spesso serve per applicare delle micidiali ed ingiuste misure antimafia, con ingiuste confische di beni, vedi il caso degli imprenditori Niceta e Cavallotti, ai quali sono state ingiustamente confiscate le loro aziende per farle razziare e distruggere dagli amministratori giudiziari. Aziende riconsegnate dopo decenni di calvari giudiziari ai legittimi titolari, completamente polverizzate.

Poi ci sono gli ingiusti scioglimenti per mafia dei comuni, per favorire delle fazioni politiche e degli insani appetiti imprenditoriali, specie nel settore dei rifiuti.

E dulcis in fundo il caso Borrometi-Gennuso, con l’intervento a difesa del giornalista Borrometi da parte del presidente della Commissione Nazionale Antimafia Nicola Morra, in un video in cui tutti e due si lasciano andare in pesanti accuse contro una certa informazione ritenuta, sempre per onorare la cultura del sospetto, addirittura collusa con la mafia. Anche l’ex leader degli industriali siciliani, Antonello Montante, ritenuto un apostolo dell’antimafia, era solito accusare persino i giornalisti, quali Attilio Bolzoni del giornale La Repubblica, di essere collusi con la mafia, sol perché non era riuscito a corromperlo come aveva fatto con tantissimi altri suoi colleghi. Oggi l’alfiere della legalità e di quella che si è rivelata, nel suo caso, una pseudo lotta alla mafia, è indagato per mafia e condannato a 14 anni di reclusione per spionaggio, associazione a delinquere e corruzione. Eppure, come risulta dalle sue calunniose denunce, agli atti dei vari processi di Caltanissetta che lo riguardano, e che sono ancora in corso, il Montante era solito accusare chiunque di mafia, se solo ci si azzardava a contrastare gli interessi economici e politici suoi e della sua lobby dentro e fuori Confindustria.