Polizia più efficiente e niente leggi speciali

leggi speciali

di Cesare Terranova

Zio Cesare e Lenin

Cesare Terranova con l’ispettore di polizia Lenin Mancuso

L’ordine pubblico costituisce un problema assillante della nostra società, a causa dei continui reiterati e pericolosi episo­di di criminalità, che hanno gravemente allarmato la pubblica opinione:  omicidi, sequestri di persona, rapine, estorsioni, fatti brutali di teppismo dettati soltanto da pura malvagità, at­tentati continui alla incolumità ed alla sicurezza del cittadino.
Il delitto è un male sociale da cui la società si deve difendere e proteggere, cercando, con tutti i mezzi, di prevenirlo e provvedendo, quando ciò non è stato possibile, alla emarginazione di colui che delinque, di colui che ha attentato all’ordine socia­le.
Si tratta quindi di attuare, nella maniera piu efficace la dife­sa sociale e questo costituisce uno dei doveri fondamentali del­lo Stato democratico, anche allo scopo di evitare che, nel tem­po, di fronte e come reazione a inopportune manifestazioni di lassismo e di debolezza, si cerchi di sostituire alla difesa pub­blica, insufficiente e insoddisfacente, la difesa privata, con tutti i pericoli che questo implica per la vita stessa della demo­crazia.
Con ciò non si vuole dire che il cittadino deve rimanere iner­ te e indifferente, perché egli, al contrario, deve dare il suo con­ tributo, con ogni forma di lecita cooperazione con i poteri del­ lo Stato, che ne hanno la responsabilità diretta, alla realizza­ zione di quella finalità.
Sono necessarie, quindi, leggi adeguate alla situazione con­tingente, perché la mancanza di esse porta al disorientamento, alla confusione e, alla fine, alle ingiustizie; è necessario che tali leggi vengano applicate nel modo piu corretto, perché la cattiva applicazione della legge porta alla vanificazione degli sforzi del legislatore; occorre, infine, un efficiente funzionamento degli organi di polizia sia giudiziaria sia di sicurezza.
Non si può dire che, nell’attuale momento, queste condizio­ni si realizzino in maniera soddisfacente.
Da alcuni anni la nostra legislazione penale è stata squassa­ta da una congerie di leggi e leggine, ispirate dal nobile intento di adeguare i nostri Codici ai principi della Costituzione, ma emanate senza l’indispensabile coordinamento con altre di­sposizioni e senza tenere conto della realtà di tante nostre strutture, non adatte  ancora a recepire tante innovazioni.
La conseguenza è che si è dovuto correre frettolosamente ai ripari, per cui recentemente sono state emanate due leggi – mi riferisco a quella dell’aprile 1974 sui termini della custodia preventiva e a quella del mese scorso sulle nuove norme con­tro la criminalità – che, attraverso un testo oscuro, farragi­noso e a volte contraddittorio, hanno modificato in senso peg­giorativo istituti modificati appena qualche anno fa, senza, peraltro, dare un contributo concreto alla soluzione del pro­blema che ci interessa.
Un solo esempio: nell’ultima legge tre articoli sono dedicati all’aumento delle pene per i reati di rapina, estorsione, e se­questro di persona a scopo di estorsione, allo scopo evidente di scoraggiare, mediante l’inasprimento della sanzione penale, dal commettere quel tipo di reati.
Senonché l’aumento di pena si riferisce soltanto ai massimi e non ai minimi, rimasti pressoché inalterati. Questo significa che la modifica apportata è del tutto inutile ed inidonea ad avere una conseguenza pratica nella realtà processuale, dal momento che, come sa benissimo chiunque abbia esperienza di cose giudiziarie, le pene vengono, di regola, inflitte parten­do dalla previsione minima.
Con quello che ho detto non intendo certamente criticare lo sforzo e la volontà di correggere certe storture -e ve ne sono – della nostra legislazione penale, anzi sono convinto della necessità di una radicale riforma dei Codici Penali, come pure della riforma dell’ordinamento giudiziario, dell’ordinamento penitenziario, delle circoscrizioni giudiziarie ed in genere di tutta quella parte della nostra legislazione attinente alla Giu­stizia Penale. E tale riforma si sarebbe dovuta realizzare già da tempo, in maniera organica e approfondita.
Il fatto che ciò, sino ad oggi, non sia stato attuato, non giu­stifica per nulla le affrettate e disordinate innovazioni di questi ultimi anni, spesso dettate da motivi contingenti estranei alla esigenza di quel rinnovamento da tutti auspicato, innovazioni che in definitiva non hanno giovato al cittadino.
In particolare nel campo della procedura penale, che rap­presenta il filtro indispensabile e determinante, attraverso il quale lo schema astratto, della norma di diritto penale viene adattato al caso concreto, nelle sue innumerevoli sfaccettature oggettive e soggettive, dicevo nel campo della procedura pena­ le solo pochi mesi fa il Parlamento è riuscito a portare a com­ pimento il lavoro iniziato sin dalla quarta legislatura, median­te l’emanazione della Legge-Delega, a cui tra qualche anno, al­ meno, si spera, seguirà il testo del Nuovo Codice di Procedura Penale.
Certo si è fatto un passo avanti, però penso che si è ancora molto lontani da quello che, secondo me, è il modello ideale del processo, vale a dire un processo rapido, semplificato, spoglio di tutti i formalismi inutili, non inceppato da adempi­menti ed obblighi, che non  siano  strettamente indispensabili. Questo obiettivo non può  dirsi raggiunto e ciò ha delle ri­percussioni negative nella lotta contro la criminalità, perché, come la esperienza storica insegna, non è tanto la durezza del­ a pena quanto la rapidità e la certezza con cui essa viene in­flitta, a esercitare un freno validissimo  al delitto.
Il rischio di una sanzione più o meno grave di solito non scoraggia il delinquente, mentre lo scoraggia la consapevolez­za di poter ben difficilmente restare impunito o sottrarsi alla pena, ricorrendo ai cavilli ed agli espedienti di cui oggi può di­sporre con  larghezza.
Le sole leggi, considerate in astratto, però non bastano; si richiede che siano applicate con la dovuta correttezza e con il rigore o la indulgenza imposte dalle diverse situazioni.
Scriveva un illustre studioso di diritto che non esistono leggi buone o leggi cattive; esistono soltanto leggi; è il modo di ap­plicarle che le rende buone o cattive.
È questo un principio che ha una sua grande validità e che richiama l’attenzione su coloro che hanno il compito di applicare la legge, cioè sui giudici.          .
Quella del giudice è una funzione di estrema importanza nella vita di una società democratica, perché il giudice – mi riferisco ovviamente al giudice penale -ha la grandissima re­ sponsabilità di disporre della libertà e della reputazione del cittadino, beni che sono assolutamente insostituibili o irrepa­rabili.
Non mi dilungo qui sui compiti e sui doveri complessi e nu­merosi del giudice; mi limito a dire che per una efficace difesa della società dalla criminalità occorre da parte del giudice una presa di coscienza della situazione, quale è obiettivamente senza volere né esagerare né minimizzare, occorre un impegno particolarmente serio tale da tranquillizzare il cittadino sulla corretta applicazione delle leggi.
Infine bisogna parlare della Polizia; l’Italia dispone di tre grandi servizi di Polizia: Carabinieri, Pubblica Sicurezza e Guardia di Finanza, nonché di altri minori, ognuno autono­mo rispetto all’altro.
Questa autonomia, la mancanza di coordinamento, sia sul piano locale che sul piano nazionale, le diversità funzionali e organizzaitive, incidono negativamente sulla efficienza di tali servzi, determinando una deprecabile dispersione di forze e vanificando spesso gli sforzi e i sacrifici dei singoli.
Non s1 dice nulla di nuovo quando si denunzia questo stato di cose che non accenna a mutare e di cui nessun Governo del­ la Repubblica si è mai curato o preoccupato. Addirittura nes­sun intervento è stato mai operato per stroncare le manovre tendenti a mantenere privilegi e prerogative del passato non più compatibili con lo spirito della democrazia, tendenti elu­dere l’attuazione di principi stabiliti dalla legge.
Per chiudere il discorso sulla Polizia, sono contrario alla creazione di un corpo di Polizia Giudiziaria, come è stato so­stenuto da qualcuno, perché in tal caso finiremmo con l’avere quattro anziché tre servizi di Polizia, però ritengo indispensa­bile la creazi0ne d1 un organo di coordinamento delle forze di polizia, allo scopo di evitare contrasti, dispersione di forze conflitti di competenze, gare di emulazione pià dannose che proficue; ritengo indispensabile che questo venga realizzato per la P.S. come ho avuto occasione di sostenere – in verità senza successo in Parlamento – in modo tale che l’attività di essa venga diretta e indirizzata in maniera organica ed effi­ ace verso il suo obiettivo istituzionale, nell’interesse della della collettività – che degli stessi ufficiali e agenti di polizia giudi­ziaria, i quali dovrebbero essere messi in grado di operare sen­za essere condizionati da preoccupazioni estranee ai loro com­piti.
E a proposito degli uomini della Polizia bisogna convincersi della  grande utilità  sociale della loro attività, dei rischi e dei pericoli ai quali sono esposti, dei sacrifici che affrontano e bi­sogna  quindi riconoscere alle  forze di polizia il trattamento che meritano, che non è certo quello usato oggi dal Governo.
Il migliore strumento per la lotta contro la criminalità è una polizia bene organizzata, efficiente, dotata di mezzi e attrezzature moderne e funzionali, con i poteri occorrenti per svolgere nel modo migliore i propri compiti, retribuita in maniera ade­guata e sottoposta al controllo degli organi competenti dello Stato.
Per una efficace lotta contro il crimine non penso che si debba ricorrere a delle leggi speciali sia perché non mi pare che ce ne sia la effettiva necessità sia perché la emanazione di leggi speciali, prima o dopo, si risolve a danno della libertà del cittadino. Ritengo sufficiente l’aggravamento delle pene per alcuni reati, ma un aggravamento operato con criteri di estre­mo rigore e non col criterio adottato con la legge dell’ottobre scorso. Tale aumento dovrebbe essere previsto per i sequestri di persona, per tutti i reati commessi con l’uso delle armi, per la delinquenza organizzata, in cui rientrano anche le associa­ zioni mafiose, la cui virulenza non è affatto cessata, anche se sono cambiati sistemi e obiettivi .
Non basta, però, aumentare le pene; occorre che queste vengano inflitte e con un giudizio rapido, nelle diverse fasi, in­ dipendentemente dalla previsione del giudizio direttissimo nei casi previsti dalla legge. Certo non è facile passare con facilità da un processo, come il nostro, che si protrae per anni, ad un processo il cui iter, in tutte le fasi, si esaurisca in pochi mesi. Però qualche cosa si può e si deve cominciare a fare, come, ad esempio, ridurre drasticamente i termini per tutte le perizie, innovazione questa che non importa alcuna difficoltà, a condizione, beninteso, che si provveda al pagamento dei periti non secondo l’attuale anacronistico sistema delle vacazioni ma secondo il merito.
In secondo luogo bisogna fornire agli uffici giudiziari, in misura adeguata alle diverse necessità, personale d’ordine e attrezzature meccaniche, in modo da snellire ed ac­celerare al massimo il compimento di una sequela di adempi­menti, di quegli adempimenti che oggi costituiscono un grosso ostacolo alla rapidità da tutti auspicata; naturalmente occorre anzitutto e con urgenza provvedere alle lacune e alle deficienze attuali, perché non si può pretendere che un ufficio giudiziario funzioni, se manca il personale minimo indispensabile.
Il discorso sulla criminalità non si può dire completo se non si parla anche della delinquenza politica o pseudo politica, le cui più recenti imprese sono semplicemente agghiaccianti per la ferocia con cui sono state compiute ai danni di cittadini inermi e indifesi.
Lo Stato, attraverso tutti i suoi poteri, ha il dovere preciso di intervenire con ogni mezzo a disposizione per combattere senza compromessi e indulgenze il terrorismo di origine politi­ca, come pure per stroncare le trame eversive, che minacciano l’esistenza della Repubblica, colpendo con inflessibilità ese­cutori e mandanti, a qualsiasi livello costoro possano trovarsi.
Solo adottando ferme e intransigenti posizioni si può spera­re, come si desidera da tutte le parti, di superare questo perio­do travagliato, che è stato funestato da delitti di ogni genere, da stragi, uccisioni e violenze, di ripristinare l’ordine sociale cosi gravemente minacciato e turbato.

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