Il comandante che conosce tutti i segreti

Dal tuo punto di vista d’investigatore e analista, quanto è stato compreso il fenomeno delle mafie di provenienza africana e, soprattutto, della mafia nigeriana?
Abbiamo capito poco, purtroppo. Abbiamo capito poco nonostante ci siano stati diversi segnali e anche un documento dei servizi segreti datato 2011, che rilevava una disattenzione verso le mafie straniere. Il documento sottolineava come a una forte attenzione verso le nostre mafie, estremamente pericolose, non corrispondesse una stessa attenzione verso quelle straniere, soprattutto di origine africana, che si stavano rafforzando sempre di più.
Adesso sembra esserci un’attenzione maggiore, ma rispetto alla mafia nigeriana c’è sempre l’idea che sia una mafia passeggera, incapace di incidere sui territori e non troppo pericolosa.
A me sembra che si vada avanti, piuttosto che con le analisi, con le sensazioni e le paure. Manca un serio ragionamento sull’origine, la pericolosità e i metodi di contrasto.
Esattamente questo è il punto. Ormai tutti parlano di mafia nigeriana, dovunque, anche quando non c’è la mafia nigeriana. Non c’è uno studio serio e analitico del fenomeno a tutti i livelli, eppure noi siamo il porto del Mediterraneo e, di conseguenza, il fenomeno dovremmo affrontarlo con estremo rigore e attenzione. Non si può improvvisare in questo campo.
Vogliamo sfatare alcuni falsi miti che ora si stanno costruendo in merito? Il primo: la mafia nigeriana potrebbe “spodestare” quella italiana. Mi pare un’affermazione senza senso.
Neanche io lo credo, assolutamente no. Ma non bisogna sottovalutarne la pericolosità. La mafia nigeriana sta occupando lo spazio lasciato vuoto dalle nostre organizzazioni criminali, si occupa di tutti quei reati che creano allarme sociale come lo spaccio e la prostituzione. Come tu hai evidenziato, le mafie coesistono ed è qui che intravedo la loro pericolosità, in questa saldatura di mafie diverse ma unite per lo stesso fine.
L’allarme sociale permette alle nostre mafie di operare silenziosamente. Lo dicevano anni fa gli uomini del clan dei Casalesi: lasciare lo spaccio e la prostituzione agli africani mentre loro si occupano di cemento e TAV. È così?
Precisamente. Così facendo le organizzazioni criminali si dividono territori e interessi e controllano completamente il malaffare, dai grandi appalti allo spaccio in strada. Come ti ho detto più volte, credo che il nord stia diventando una zona franca.
Mi fa riflettere il dato sugli spacciatori in strada…
Un’analisi svolta direttamente sul terreno. La quasi totalità degli spacciatori in strada è straniera. Italiani non ce ne sono più. Non perché non gestiscano il traffico di droga, ma perché gestiscono i traffici piuttosto che lo spaccio al dettaglio. Le mafie si muovono con i loro colletti bianchi nella finanza, nell’edilizia, nei grandi investimenti e negli appalti, mentre la massa, in strada, è tutta manovalanza sacrificabile, anche perché c’è molto ricambio, e immediato. Tempo fa, la maggioranza degli spacciatori era marocchina, tunisina, dei Paesi mediterranei. Oggi sono tutti senegalesi, nigeriani, ivoriani… West Africa. Questo ti permette di comprendere gli spostamenti e le influenze.
Facciamo un punto sui campi d’azione delle mafie di provenienza africana: tratta di esseri umani, prostituzione, spaccio…
Non tralasciamo la clonazione di carte di credito, le truffe telematiche, nelle quali i nigeriani sono un’eccellenza, se così si può dire. E aggiungiamo anche caporalato.
Anche traffico di organi umani?
No, nessun traffico di organi, almeno a quanto mi risulta. Ovviamente, quando hai una massa così enorme di disperati, tutto è possibile. Ma devono essere sempre i fatti e le prove provate a parlare, non le semplici deduzioni. Io credo che questa possibilità appartenga molto di più ai Paesi dell’est Europa, dove le mafie hanno conoscenze e specializzazioni di ottimo livello in campo medico le quali, purtroppo, possono essere sfruttate dalla criminalità organizzata.
Quale può essere l’evoluzione di questa realtà criminale? La stiamo studiando entrambi da anni, e mentre se ne parla confusamente si dovrebbe invece capire dove si sta andando.
Concordo sul fatto che per capire dove si sta andando, si dovrebbe prima aver compreso il fenomeno. Noi abbiamo a che fare con reati di strada, che creano allarme sociale, e allo stesso tempo producono disordine nelle città, e la progressiva perdita di controllo di interi quartieri. La prostituzione e lo spaccio sono crimini visibili, percepiti dal cittadino comune, che si sente insicuro. È questo che crea allarme sociale.
Un mercato di cui gli acquirenti sono gli uomini bianchi, ribadisco.
Certamente, se hai un’offerta è perché c’è una domanda, e questo deve essere chiaro a tutti. Se in un mondo ipotetico, i bianchi la finissero di sfruttare la prostituzione e di comprare droga, le strade sarebbero sicure dall’oggi al domani.
Razzisti di giorno e acquirenti la sera.
Razzisti di giorno che poi alimentano il caos la sera. Sai quante volte abbiamo ascoltato nelle intercettazioni insospettabili cittadini fare la parte degli irreprensibili e poi, la sera, andare a cercarsi la loro prostituta e la loro coca? Non si contano. Sono gli stessi cittadini perbene che poi al bar se la prendono coi trans, che dicono perché non spariamo ai neri al confine e via dicendo. Una doppiezza che disgusta, perché sono complici della criminalità, bianca o nera che sia.
Tutti questi traffici generano enormi somme di denaro, rimesse economiche.
Che vanno in Nigeria.
Esattamente.
In Nigeria i soldi servono per acquistare armi. Lì i conflitti politici non vanno avanti con gli slogan, come qui, ma a colpi di arma di fuoco.
Perché in Nigeria ci stanno i vertici apicali, che sono anche nella politica.
Hai inquadrato perfettamente il problema. La politica è corrotta al punto che governatori di alcuni stati nigeriani sono nei Secret cult, sono parte organica dei gruppi mafiosi. Non proprio una novità, anche questa, per noi in Italia. Ogni forza criminale ha profonde connessioni con la politica, le mafie nigeriane le sviluppano, “giustamente”, nella loro madre patria.
E la casa madre ha uno o più capi che comandano?
È un sistema verticistico: c’è un capo e poi, a scendere, tutti sotto capi. Una struttura ben consolidata e non improvvisata. I gruppi all’estero, per quanto indipendenti, alla fine rispondo ai clan di riferimento in Nigeria o nel Paese di appartenenza, e rispondono alla gerarchia.
I vertici si rinnovano, o finché morte non lo decreta?
In Italia i vertici si rinnovano ogni due anni, questo lo abbiamo accertato attraverso le nostre indagini. In Nigeria non abbiamo ancora un quadro preciso, ma presumo che alcune dinamiche non possono che essere simili.
Abbiamo mai avuto in Italia la presenza del capo dei capi nigeriani?
Per fortuna sì, e come hai scritto nel tuo racconto, le investigazioni hanno bisogno anche di un pizzico di fortuna per andare avanti. Per dirimere la lotta interna dei Maphite è venuto nel nostro Paese il numero due a livello mondiale dell’organizzazione, che proveniva da Londra. Questo dimostra anche che sì, c’è una casa madre, ma i capi di questa casa madre possono risiedere anche altrove. E dimostra la fluidità di questa mafia, mostra come si muove globalmente e come i rapporti gerarchici siano comunque forti e rispettati. Se non fosse venuto in Italia non lo avremmo mai incastrato.
La liquidità di questa mafia, il rinnovo delle cariche, la fluidità nelle gerarchie… che cos’è che determina tutto questo?
La voglia di emergere dei vari componenti.
Beh anche i nostri clan hanno elementi che spingono per emergere, ma vengono ammazzati.
Qui in Italia, fortunatamente, come emerge dalle intercettazioni, evitano di ammazzarsi tra di loro, semplicemente perché si ricordano di essere in Europa, in Italia e quindi le faide interne, gli omicidi attirerebbero troppo le attenzioni sulle loro attività. Le cariche si rinnovano anche perché nei ruoli apicali si guadagna molto, e i più capaci e intraprendenti scalano in fretta la vetta.Quanto guadagna un ruolo apicale?
Parliamo di quasi diecimila euro al mese per un capo, a scendere fino ai tremila euro al mese per i ruoli alla base gerarchica. Quindi stiamo parlando di cifre non piccole. Vengono pagati su base trimestrale. Un “professore” percepisce quasi trentamila euro ogni tre mesi. Sono soldi importanti. Arrivare a quei livelli significa guadagnare. Si organizzano fazioni per scalare e guadagnare. È una mafia più grezza, se vogliamo dirla tutta, differente dalla nostra, dove se sgarri muori. Questo è un tratto di netta differenza.
Qui in Italia non si ammazzano, ma in Nigeria la storia è diversa.
In Nigeria è una guerra continua, non saprei come dirtela altrimenti.
Noi parliamo diffusamente di mafia nigeriana, ma ovviamente non è l’unica mafia proveniente dall’Africa.
Accertata è l’unica. Comprendo il tuo punto di vista, ma tieni conto che la nostra giurisprudenza ha canoni di legge molto severi per definire la mafia. E, ad oggi, solo la mafia nigeriana ha “guadagnato” questo titolo con tutte le condanne ricevute. Per parlare di mafia occorre ci siano i presupposti.
Ovviamente. Se arresto uno spacciatore bianco, non significa che sia un mafioso o un camorrista.
Precisamente, devi dimostrarlo, e ci vogliono tre gradi di giudizio. A mia memoria ci sono poche condanne portate al terzo grado per mafia. Il che non vuol dire sottovalutare il fenomeno, ma affermare che occorre un lavoro investigativo serio e fondato per reggere ai tre gradi di giudizio.
L’operatività quotidiana della mafia nigeriana.
Lo spaccio è libero, ma devi acquistare da loro, l’unica fonte sono loro. Poi te la cavi da solo. Puoi organizzarti il tuo giro di spaccio liberamente, non come per la camorra o altre piazze di spaccio che sono inquadrate rigidamente. Anche qui, da telefonate intercettate, emerge chiaro che gli affari si fanno tra loro e basta, guai a rivolgersi ad altri gruppi criminali. Se questo avviene, scattano gli accoltellamenti e le spedizioni punitive, nelle quali però evita però sempre di arrivare a uccidere.
In merito alla droga, acquistano qui in Italia o la importano dall’Africa?
C’è un paradosso, come dicevamo prima: anche se la loro struttura sembra grezza, hanno delle caratteristiche che li rendono ben organizzati, efficienti e, soprattutto, diffusi nel mondo. Loro sono dovunque, come le nostre mafie: ramificazioni, famiglie, contatti ai quattro angoli del globo. Se parliamo, nello specifico, dei Maphite, loro comprano direttamente in Sud America la droga, perché hanno una famiglia che ha contatti con i colombiani. Acquistano e, attraverso i loro canali, la fanno arrivare in Europa, in Italia, ai loro affiliati. Questa la è loro  forza.
Domanda difficile: c’è distrazione rispetto alla mafia nigeriana o si tratta più di una volontà di ignorarne la pericolosità?
Domanda complessa davvero. La distrazione nasce dalla sottovalutazione. All’occhio del cittadino comune la mafia nigeriana è disordine urbano, non viene percepita come una struttura criminale complessa e radicata. E siccome non avrà mai rapporti con la politica, nemmeno ai livelli più bassi, rimane disordine urbano, da qui nasce la sottovalutazione della sua pericolosità come entità criminale. Che sia una volontà non voglio neanche pensarlo e non lo credo. La magistratura, i colleghi delle forze dell’ordine lavorano ogni giorno e non sottovalutano nessun pericolo. Certo, è necessario un database, una maggiore organicità di informazioni e forze in campo che si dedichino a questo specifico problema.
Io penso che le nostre forze dell’ordine abbiano bisogno anche di seconde generazioni nelle loro fila, sempre di più. Non averle, in un mondo globale, con mafie globali, sarebbe un errore colossale.
Sicuramente la globalizzazione ha necessità di una risposta globale da parte delle nostre forze dell’ordine. Abbiamo bisogno di infiltrare le diverse mafie straniere e quindi servono seconde generazioni operative, che parlino la lingua ma, soprattutto, comprendano la mentalità criminale che abbiamo contro.
Cosa ti ha colpito di questa decennale lotta contro la mafia nigeriana?
Vedi, dovunque c’è una mafia ci sono persone oppresse, donne, bambini e uomini sfruttati, impoveriti. Tanto possono essere forti le mafie, tanto può essere determinata la reazione dei buoni, degli onesti. In Italia abbiamo una cultura antimafia diffusa e forte, ma anche con tante debolezze. Vedere nigeriani, senegalesi e tante altre persone oneste che si vogliono costruire una vita onesta e non cedono al ricatto delle loro mafia, a me pare un esempio di grande coraggio. Ascoltare ragazze che denunciano le loro sfruttatrici, a volte nella completa solitudine, significa sempre e solo una cosa: i mafiosi, così come gli onesti, non si possono e non si devono suddividere in base al colore della pelle.

(Intervista di Sergio Nazzaro al commissario Fabrizio Lotito estratta da Mafia Nigeriana. La prima indagine della squadra antitratta di Sergio Nazzaro, edizioni Città Nuova

 

fonte http://mafie.blogautore.repubblica.it/