L’avv. Ceraolo, ha dichiarato, su svariate testate giornalistiche, di essere
certo di non
essere iscritto nel registro degli indagati per i reati di calunnia, false
informazioni al
pubblico ministero e diffamazione a mezzo stampa; si è lamentato di subire
accuse
strumentali da Antoci, Manganaro e dal suo avvocato, per le quali minaccia
querela ed
indicando una serie di circostanze, di fatto, sostiene sempre la simulazione
dell’attentato,
definendolo, fin dall’inizio “una babbaria”.
Conclude che la mafia si contrasta con la verità.
Ed allora che verità sia, ma quella documentale e quella degli atti
giudiziari.
Preliminarmente, specifico di non essere l’avvocato solo del dott.
Manganaro, ma anche
degli agenti della scorta ed in genere tutelo gli appartenenti alla polizia,
i quali oggi, come
tante altre volte, si vedono lesi doppiamente, sia dall’attentato, sia dalle
ipotesi calunniose
di coloro che, come nel caso specifico hanno indotto in errore la
Commissione Politica
Antimafia Siciliana.
Le notizie fornite dallo scrivente, in merito all’attentato ed ai soggetti
che lo mettono in
dubbio, traggono origine da atti giudiziari, nello specifico: l’iscrizione
nel registro degli
indagati del dott. Ceraolo è certificato dalla Procura della Repubblica di
Messina in data
01.10.2019 (che allego in copia per evitare speculazioni), così come il
fatto che l’ avv.
Ceraolo è stato rinviato a giudizio per gravissimi reati (proc. N. 5238/1999
R.G.N.R),
presso il Tribunale di Catania, tra cui l’aver formato falsi verbali di
sommarie informazioni
addirittura apponendogli, le firme contraffatte dei magistratii incaricati,
nonché, nella
qualità di ufficiale di polizia aver formato dei verbali ove attestava fatti
falsi al fine di
commettere il reato di calunnia; capi di imputazioni per i quali lo stesso
Tribunale, con
sentenza n. 4285/2013 dichiarava non doversi procedere per intervenuta
prescrizione,
dichiarando tuttavia “la falsità dei documenti”.
Relativamente alle dichiarazioni del sig. Calì, Sindaco di Cesarò,
utilizzate anche dalla
Commissione Antimafia, per ipotizzare la simulazione dell’attentato, si
specifica che
contrariamente a quanto dedotto nella “Relazione” e nella conferenza stampa
del 8 ottobre
2019 (ove mi è stato vietato l’ingresso), il Calì, sentito a sommarie
informazioni, davanti
l’Autorità Giudiziaria dopo aver ricordato che nel 2014 gli avevano bruciato
la macchina,
più volte ha dichiarato di aver paura, di aver forti timori per la sua
incolumità e timore
anche di essere ucciso. Dichiarava altresì di vergognarsi per le
dichiarazioni rese ai
giornalisti, nelle quali affermava che non c’era alcun problema (stralcio
S.S.I.I. in allegato).
Sullo stesso fronte, si pongono a fondamento per la “simulazione” le
dichiarazioni del M.llo
Lo Porto ove si afferma che, i soggetti registrati dalle telecamere dei
luoghi, la notte
dell’attentato, sarebbero dei ruba galline.
Ai dubbi del Presidente Fava, in tal proposito, ha risposto il Procuratore
della Repubblica,
Dott. Cavallo, il quale, ha chiarito che a seguito delle intercettazioni
telefoniche è emerso
che tali soggetti non erano degli stinchi di santo, anzi erano persone che
avevano estrema
attenzione nel parlare, nell’usare determinate frasi e nel non parlare in
macchina ed al
telefono. Specificando altresì che: “quindi con buona pace del maresciallo
Lo Porto che io
non conosco, questi personaggi credo abbiano un certo rilievo. In ogni caso
credo che le
valutazioni di una DDA siano ben più importanti di un maresciallo di una
stazione dei
carabinieri”.
Contrariamente a quanto pubblicato dal Ceraolo ed in parte dalla Commissione
Antimafia
Siciliana che ancora, non mi ha fornito la documentazione richiesta, non ha
voluto sentirmi
per chiarire la posizione dei miei assistiti (utile a smentire tutte le
posizioni dei sostenitori
della simulazione) e mi ha negato la partecipazione alla conferenza stampa,
allo stato non
posso che riportami a verità giudiziaria ove il GI.P. di Messina, nella sua
Ordinanza
ha scritto che “appariva innegabile che tale gravissimo attentato era stato
commesso con
modalità tipicamente mafiose………… rappresentando un dato
processualmente acquisito
l’esistenza di un sodalizio di stampo mafioso, operante da tempo nel
territorio del Comune
di Tortorici e zone limitrofe – e con la complicità di ulteriori soggetti,
che si erano occupati
di monitorare tutti gli spostamenti dell’Antoci e di segnalare la partenza
dal comune di
Cesarò. Si trattava, a ben vedere, di un vero e proprio agguato,
meticolosamente
pianificato………….e finalizzato non a compiere un semplice atto
intimidatorio o
dimostrativo, ma al deliberato scopo di uccidere”. (allegata in forma
integrale).
Che oggi si accusino dei poliziotti che hanno subito un attentato,
ipotizzando essere
simulato, sul sentito dire di giornalisti e detrattori, mi fa indignare e mi
spinge a fare
emergere la verità.
Mi auguro che al più presto, possa essere messo in condizione di
interloquire con la
Commissione Antimafia Siciliana, per dimostrare gli errori in cui è stata
indotta.
Sperando che al più presto si possa avere giustizia e restituire dignità ai
poliziotti ed a tutte
le forze dell’ordine che sono, come avrebbe detto Giorgio Faletti nella sua
famosa
canzone: divise derise che vanno strette …che si fanno ammazzare per poco
più di un
milione al mese ………. se chi li ammazza prende di più di quanto prende
la brava
gente………. Che di coraggio ne hanno tanto, ma diventa sempre più dura
quando tocca
fare i conti con il coraggio della paura. Avv. Mario Consentino
L’ avv. Mario Cosentino, nella narrativa di cui sopra, richiama solo alcune fattispecie penali in capo al Dott. Mario Ceraolo, altre documentali vicende ben più gravi sono del tutto assenti, fatti gravi che ben qualificano e spiegano gli operati del Ceraolo, non sono detti ne citati.
Neanche la commissione antimafia presieduta dal Dott. Fava, li richiama e li valuta.
Tale assenza induce in SONORI ERRORI, per cui il CERAOLO è valutato nella FUNZIONE e non già come mero MEZZO e STRUMENTO.