Capaci, “Pietro Riggio racconta falsità”

L’ex poliziotto inteso il “turco”, ex sovrintendente della Polizia di Stato, è indagato dalla Procura della Repubblica di Caltanissetta per concorso in strage, l’attentato a Capaci contro il giudice Giovanni Falcone. E ciò perché il pentito nisseno di Resuttano, Pietro Riggio, lo ha indicato come colui che ha nascosto l’esplosivo sotto l’autostrada a Capaci e di essersi avvalso della complicità dei servizi segreti libici, in particolare di una donna. Ebbene, l’ex poliziotto conosciuto come il “turco”, è stato interrogato dai magistrati, e lui ha smentito così: “Mi protesto innocente in quanto all’epoca dei fatti nemmeno sapevo che esisteva la località di Capaci. Io mi trovavo al settimo corso per sovrintendente di Polizia che è iniziato nel gennaio 1992 fino a luglio 1992. Appresi della strage mentre mi trovavo a quel corso. A Pietro Riggio l’ho conosciuto nel carcere di Santa Maria Capua a Vetere nel 1998. Dopo la scarcerazione lo stesso Riggio si era offerto di darmi un lavoro. Poi però nel 2002 in poi non l’ho più visto. Sono stato anche fermato con lui in automobile a Caltanissetta e dopo di ciò non l’ho mai più visto. Non ho mai fatto alcuna confidenza a Riggio in merito a vicende legate alla strage di Capaci, né in relazione a un mio coinvolgimento nella stessa strage”. L’ex poliziotto – che ha ammesso di essere stato soprannominato il “turco” durante la detenzione nel carcere di Santa Maria Capua Vetere, dove è stato ristretto per rapina e sequestro di persona e poi è stato assolto – ha aggiunto: “Dopo la mia scarcerazione non ho mai intrattenuto corrispondenza con altri detenuti. Non sento Riggio da circa 20 anni e non sapevo che fosse divenuto collaboratore di giustizia. Non so proprio perché Riggio mi abbia tirato in ballo in queste vicende. Non ho particolari conoscenze in materia di esplosivi” – ha concluso l’indagato. Nel frattempo emergono altri dettagli dai verbali degli interrogatori di Pietro Riggio. Il pentito ha rivelato ai magistrati anche di essere stato rimproverato dall’ex poliziotto il “turco” per la scelta di collaborare. E poi ha aggiunto: “Tra la fine degli anni ’90 e i primi 2000 non vi era un interesse ad arrestare Bernardo Provenzano. Nel 2000 Cosa nostra avrebbe voluto uccidere l’ex giudice istruttore Leonardo Guarnotta, oggi in pensione, in passato membro del pool antimafia coordinato dal giudice Antonino Caponnetto. Uno di quelli che, insieme a Di Lello, Falcone e Borsellino, istruì il maxi processo. Ricordo che l’ex poliziotto il ‘turco’ venne a casa mia, siamo intorno al 2000, mi tranquillizzò dicendomi che sarei tornato in servizio, e che la ‘nostra organizzazione’ aveva bisogno di fare favori alla politica quando ve ne era la necessità. Mi disse che era stato incaricato di uccidere il giudice Guarnotta e che a tal fine aveva già eseguito un sopralluogo nei pressi di un palazzo, ritengo fosse quello dove abitava il magistrato. Ricordo che ci trovavamo in un bar di via Rosso di San Secondo, vicino a un giornalaio. Mentre parlavano fece anche uno schizzo che riproduceva la zona dove si trovava il palazzo. Con una scusa mi allontanai, dicendo che dovevo andare a prendere mio figlio e che sarei tornato da lì a poco”.