Cicero e Venturi, il terremoto nel “sistema”

Le indagini eseguite sul conto di MONTANTE traevano nuova linfa a seguito delle dichiarazioni rese agli inquirenti da due soggetti, che fino a quel momento erano stati particolarmente prossimi all’imprenditore di Serradifalco, Marco VENTURI e Alfonso CICERO, all’epoca, rispettivamente, presidente di Confindustria Centro Sicilia e presidente dell’I.R.S.A.P. (istituto regionale per lo
sviluppo delle attività produttive).
Il primo, come si ricorderà, era anche l’imprenditore di cui si era avvalso MONTANTE per promuovere l’ingresso, all’interno di Confindustria, di Vincenzo ARNONE, tacendone la qualità di boss di Cosa Nostra della famiglia di Serradifalco, ma è anche colui che, grazie all’inserimento dello stesso ARNONE nella commissione dei “saggi” che avrebbero designato il nuovo presidente dell’associazione nissena dei Giovani Industriali, era stato proposto ed eletto successore di MONTANTE. Inoltre, era stato assessore regionale alle Attività Produttive sotto il Governo LOMBARDO.
CICERO, per converso, dopo essere stato commissario straordinario in alcuni consorzi ASI siciliani, era stato nominato prima commissario straordinario e poi presidente dell’I.R.S.A.P., funzione nell’esercizio della quale lo stesso aveva attivato una serie di misure di contrasto alla criminalità organizzata e alle sue infiltrazioni nel mondo dell’imprenditoria.
Come emergerà dalla diretta lettura delle intercettazioni delle conversazioni intrattenute da Marco VENTURI ed Alfonso CICERO, la spinta iniettiva alla rivelazione di inquietanti aspetti della carriera Imprenditoriale-associativo di MONTANTE era originata dall’articolo, pubblicato su La Repubblica da Attilio BOLZONI e Francesco VIVIANO in data 9 febbraio 2015, dal titolo “L’industriale paladino dell’antimafia sotto inchiesta in Sicilia per mafia”, con il quale si informava dell’indagine che la D.D.A. nissena stava conducendo nei confronti di MONTANTE, indagato del reato di concorso esterno in associazione mafiosa.
La discovery dell’indagine, aggravata da ulteriori pubblicazioni sul medesimo quotidiano (l’11 febbraio 2015 venivano riportate persino le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia – tranne quelle di DI FRANCESCO – sul conto di MONTANTE), se da un lato induceva MONTANTE ad infiltrarsi nell’indagine cercando di confondere le acque, dall’altro spingeva Marco VENTURI ad
espellere la sua sofferenza interiore, cominciata ad affiorare, carsicamente, nel 2012, dopo l’assunzione della consapevolezza di essere stato raggirato da MONTANTE in nome di presunte battaglia sulla legalità. Infatti, secondo VENTURI, come sarà possibile verificare ripercorrendo le intercettazioni delle sue conversazioni e le dichiarazioni dallo stesso rese agli inquirenti, si trattava di battaglie del tutto fittizie, che avevano determinato una sovraesposizione di coloro che, inconsapevolmente, vi avevano creduto, mentre, dietro le quinte, lo stesso MONTANTE aveva continuato a coltivare rapporti di cointeressenza con il boss citato, Vincenzo ARNONE, dopo averne procurato anche l’ingresso nell’associazione nissena degli industriali proprio per il tramite dell’ignaro VENTURI.
Scorrendo il materiale dichiarativo di CICERO, si ricava come questi condividesse il convincimento di VENTURI, ritenendo che MONTANTE, dopo avere ispirato la nomina dello stesso CICERO a presidente dell’I.R.S.A.P. investendolo del compito di fare le crociate antimafia, non si fosse mai direttamente esposto e non avesse mai personalmente conseguito alcun
risultato documentalmente tracciabile.
Appare certamente interessante ripercorrere il processo genetico della decisione di VENTURI e CICERO di collaborare con gli investigatori, prima preferendo prendere coram populo le distanze da MONTANTE, mediante il rilascio, da parte del primo, di un’intervista a BOLZONI; poi, in immediata consecuzione temporale, riversando le loro conoscenze alla Procura della Repubblica nissena.
La lettura diretta delle intercettazioni appare di particolare rilevanza, in quanto il contenuto delle conversazioni di VENTURI e CICERO, talvolta intrattenute tra i due, talvolta da parte di uno di loro con soggetti terzi, risulta determinante nella formazione del convincimento giudiziale circa la spontaneità e la veridicità delle loro dichiarazioni accusatorie e, dunque, circa la complessiva credibilità da riconoscere ad entrambi.
CICERO, in particolare, si è distinto, nella collaborazione prestata a VENTURI per la redazione di un memoriale da destinare all’attività giudiziaria, per uno specifico sforzo di cesellatura (“Però deve essere rappresentata nel modo aderente” e “Marco, tu devi dire quello che sai…non ti devi creare il problema di quello che lui pensa…mi hai capito?” dirà ad un certo punto, come vedremo, CICERO a VENTURI), invitando quest’ultimo a servirsi sempre di un lessico assolutamente oggettivo ed aderente alla realtà da descrivere, da riprodurre nella sua fedeltà storica e regolarmente depurata dalla mere considerazioni personali, di stampo deduttivo.
In particolare, in data 9 aprile 2015, circa due mesi dopo la pubblicazione del primo articolo di La Repubblica sull’inchiesta nei riguardi di MONTANTE, e alcuni mesi prima rispetto all’esordio di CICERO e VENTURI nella loro esperienza “testimoniale” (in realtà, tecnicamente, di persone informate dei fatti), veniva intercettata una conversazione (progr. n. 301; cfr. all. n. 67 della C.N.R. n. 1092/2017 cit.) nella quale VENTURI, discutendo con Massimo ROMANO, l’imprenditore amico di MONTANTE, esprimeva alcune considerazioni critiche sul conto di quest’ultimo, considerazioni che, in verità, anche ROMANO mostrava di condividere.
Dal punto di vista di VENTURI, una delle circostanze nelle quali MONTANTE aveva cercato di raggiungere obiettivi opachi servendosi, in maniera obliqua, del medesimo VENTURI, del tutto ignaro dei reali moventi retroscenici, era stata quella relativa all’affare inerente all’acquisto di un immobile da destinare a Confindustria nissena. Argomento del quale, appena il giorno prima, aveva trattato un articolo, a firma del giornalista Gianpiero CASAGNI, dal titolo “La Camera di Commercio cerca casa” pubblicato sulla rivista Centonove. Discutendo di tale vicenda, VENTURI raccontava dell’iniziativa, assunta da MONTANTE durante la presidenza dello stesso VENTURI alla locale camera di commercio, di promuovere un investimento immobiliare inutilmente dispendioso, verosimilmente al fine di avvantaggiare i danti causa. In particolare, VENTURI rimaneva impressionato dal fatto che MONTANTE, che non era riuscito a realizzare quel progetto sotto la sua presidenza, non aveva perseverato nella sua attuazione una volta divenuto, a sua volta, presidente della camera di commercio. Ciò che, a suo avviso, denotava la precisa volontà dell’odierno imputato di perseguire finalità nebulose esponendo terzi, nella specie proprio VENTURI, alla responsabilità per l’assunzione di decisioni antieconomiche.
Tale vicenda, in sé e per sé considerata, è evidentemente estranea al perimetro dei capi di imputazione, ma è opportuno rievocarla per evidenziarne il tratto con il quale essa è narrata da VENTURI pochi mesi prima della sua decisione di interloquire con l’autorità giudiziaria.
VENTURI, infatti, nella riesumazione di tali fatti, mostrava l’assunzione di una graduale consapevolezza della strumentalizzazione che aveva subito per mano di MONTANTE, ciò che giustifica ampiamente la maturazione della sua scelta propalatoria, al di fuori di qualsiasi spirito di mera rivalsa. Tanto vero che, all’esito di quella conversazione, sia VENTURI sia lo stesso ROMANO manifestavano l’intenzione di adottare iniziative di progressiva diastasi dal potere di MONTANTE (ROMANO, per esempio, prefigurava le proprie dimissioni dal consorzio FIDI o CONFIDI), onde evitare di essere travolti, ingiustificatamente, da un giudizio sociale sommario e sincretico.
Nel prosieguo della conversazione (recante, tecnicamente, il diverso numero progr. 302; cfr. all. 68 della C.N.R. n. 1092/2017 cit.), peraltro, VENTURI, ignaro di essere ascoltato dagli investigatori e, pertanto, in assenza di qualsivoglia profilo di intenzionale veicolazione alla P.G. di notizie
compromettenti sul conto di MONTANTE, parlava della riconducibilità a quest’ultimo, per interposta persona, di un torronificio, evidenziando una gestione degli affari, da parte dell’imprenditore di Serradifalco, in stridente contrasto con i suoi noti proclami contro le intestazioni fittizie di imprese. Non fosse altro perché, in difetto di un formale inserimento di MONTANTE nella compagine societaria, lo stesso non poteva cheriscuoterne gli utili mediante
flussi di denaro non tracciabili (“in nero”).
Una sorta di doppia etica nell’economia.
Infine, VENTURI affrontava con ROMANO un altro tema, particolarmente interessante, ossia quello relativo alle possibili ripercussioni, di stampo ritorsivo, che sarebbero derivate a chi, opportunamente, avesse invitato
MONTANTE a defilarsi dalla scena, sollevando dall’imbarazzo coloro che, a vario titolo, avevano gravitato intorno a lui.
[…] Nel segno della continuità con il contenuto e il senso della conversazione testé esaminata, intercorsa tra VENTURI e ROMANO, gli stessi, nel corso di una successiva conversazione intrattenuta il 12 giugno 2015 (R. Int. n. 182/15, progr. n. 1074; cfr. all. n. 70 della C.N.R. n. 1092/2017 cit.), esternavano importanti considerazioni sulla tendenza di MONTANTE alla raccolta di informazioni sul conto delle persone che lo circondavano e alla compilazione di dossier.
Tra l’altro, secondo VENTURI, proprio in quel periodo MONTANTE si stava dedicando ad un’attività di dossieraggio in pregiudizio dell’Ing. Pietro DI VINCENZO, avvalendosi della collaborazione di un tale ALAIMO.
La conversazione si rivela di enorme interesse sul piano della valutazione delle prove di questo procedimento, in quanto, a fronte delle strenue asserzioni difensive circa l’effettività dell’azione di contrasto alla mafia svolta da MONTANTE, VENTURI, ancora una volta inconsapevole di essere intercettato, rivelava la metodologia, sistematicam1074ente adottata dall’odierno imputato a fini ricattatori, di attribuire l’etichetta del “mafioso” a soggetti nei riguardi dei quali non esistevano specifiche prove al riguardo.
Una specie di santa inquisizione, basata sulla logica del sospetto, costruito ad arte per la eliminazione degli eretici, tali dovendosi considerare i personaggi che non riscuotevano il gradimento di MONTANTE.
Un altro aspetto da sottolineare è la notorietà, nella cerchia di soggetti che gravitano intorno a MONTANTE, della pratica del dossieraggio e del ricatto, confermata dal rinvenimento di un imponente mole documentale, presso la villa di MONTANTE, frutto della certosina raccolta, per lo più con modalità illecite, di dati ed informazioni sul conto di terzi.
Ciò avvalora, dunque, il giudizio di credibilità di VENTURI, il quale, anche in contesti colloquiali, non lanciava gratuite invettive all’indirizzo di MONTANTE, ma esponeva fatti di cui era personalmente a conoscenza.
[…] Orbene, all’esito della lettura di tali conversazioni non può non rafforzarsi la tesi per cui VENTURI, nella maturazione della decisione di riversare le sue conoscenze agli inquirenti, non fosse mosso da alcuna intenzione diversa da quella di una formale recisione di ogni imbarazzante contiguità o prossimità rispetto a MONTANTE, del quale soltanto progressivamente sembrava avere scoperto le dinamiche operative sottese.
Ciò, peraltro, non deve stupire, in quanto, come si è avuto già modo di constatare nell’esposizione che precede e come si vedrà amplius nei prossimi sviluppi argomentativi, la figura di MONTANTE è quella di un abile manipolatore delle altrui vite e delle altrui carriere, solito “spostare” i soggetti che gravitavano nella sua sfera d’azione come pedine inserite all’interno di una strategia scacchistica con finalità di costruzione del proprio potere. Così esposta, in chiave prologica, la progressiva gestazione, in VENTURI, dell’idea di demarcare il confine tra la propria sfera personale e professionale e quella di MONTANTE, l’actio finium regundorum cominciava ad essere attuata, come detto, con il rilascio di un’intervista, da parte del citato VENTURI, a quello stesso Attilio BOLZONI che già nel febbraio 2015 aveva redatto, congiuntamente a Francesco VIVIANO, l’articolo sull’indagine a carico dell’imprenditore di Serradifalco per concorso esterno in associazione mafiosa.
Circa le fasi che precedettero l’incontro tra VENTURI e Attilio BOLZONI e, in particolare, l’interposizione del fratello del giornalista, Pietro, per la fissazione di un loro appuntamento, ci si limita a riportare una intercettazione ambientale del 3 agosto 2015 (R.Int. n. 347/15 progr. n. 3068; cfr. all. n. 73 alla C.N.R. n. 1092/2017, cit.) in cui VENTURI, parlando con Pietro BOLZONI in attesa dell’arrivo di CICERO, esprimeva i suoi timori per le possibili ripercussioni che gli sarebbero potute derivare da una scelta apertamente dissociativa dal modus operandi di MONTANTE e, pertanto, esternava l’esigenza di conferire con Attilio BOLZONI anche per ricevere indicazioni per individuare un magistrato serio che potesse trattare il caso con la dovuta imparzialità e solerzia.
Identica esigenza di protezione avvertiva VENTURI nei riguardi di CICERO, che, al pari suo, era stato trascinato nella presunta missione antimafia per realizzare la quale, quest’ultimo, nella qualità di presidente dell’I.R.S.A.P., aveva assunto decisioni scomode, che adesso lo potevano esporre ad un serio pericolo.
In tale contesto, emergono, altresì, la desolazione e lo smarrimento di VENTURI per l’azione decipiente architettata da MONTANTE e da altri personaggi a lui vicini, portata avanti mediante un sapiente ed ingegneristico abuso della credulità generale circa l’autenticità della svolta legalitaria proclamata nella sede confindustriale e in quella politica.
Tra l’altro non può destare stupore la diffidenza, manifestata da VENTURI (oltre che da Pietro BOLZONI: “…io non mi fido dei magistrati..”) verso la categoria dei magistrati (“…e neanch’io!…[…]), in quanto è comprensibile che, in ragione dei rapporti che svariati appartenenti alla magistratura avevano inopportunamente intrecciato con MONTANTE, all’esterno potesse trapelare
un’immagine complessivamente falsata dell’intero ordine giudiziario.
Ovviamente a nulla vale rilevare che, fino all’esplosione del caso mediatico-giudiziario, nessuno poteva conoscere il doppio volto dell’antimafia montantiana, in quanto, se ciò poteva giustificare per il quisque de populo alleanze associative o professionali, o anche politiche, con MONTANTE, gli appartenenti alla categoria dei magistrati avrebbero potuto e dovuto evitare, al di là della legittima e giustificata partecipazione ad incontri di studio o comunque di carattere scientifico, pericolose ed ambigue promiscuità con gli uomini di potere, quanto meno a salvaguardia e gelosa custodia del valore dell’imparzialità, anche soltanto percepita, della magistratura, che costituisce lo scudo più robusto del prestigio dell’intero ordine giudiziario.
In tale quadro, dunque, pare iscriversi la scelta di VENTURI di anticipare la propria posizione per le vie giornalistiche, in quanto, sebbene ogni discovery nuoccia alla speditezza e alla fluidità delle indagini, nell’ottica di VENTURI essa era un espediente per “costringere” una Procura della Repubblica, eventualmente esitante, ad affrontare il caso nel modo più corretto ed
imparziale possibile, senza gratuite pronazioni alla corte di MONTANTE.
All’epoca, infatti, VENTURI non poteva conoscere gli enormi sforzi investigativi che venivano quotidianamente compiuti per superare le falle che via via si presentavano nelle indagini, a causa dei numerosi addentellati nelle istituzioni sui quali l’imprenditore di Serradifalco poteva contare.
Di seguito la conversazione cui si è testé fatto riferimento:

Conversazione ambientale n. 3068:
Dall’inizio della registrazione e fino al minuto 02,35 OMISSIS in quanto VENTURI Marco e
BOLZONI Pietro dialogano con tono amichevole senza affrontare alcun dialogo rilevante. Dal
minuto 02,36, per il particolare contenuto, si trascrive integralmente:
[…] VENTURI:…sono molto spaventato per me e soprattutto per Alfonso . ..
BOLZONI:…Alfonso l’ho incontrato io oggi…gli ho detto io, umanamente, ti sono vicinissimo,
però tu devi parlare con Attilio perché io non so cosa dirti…cosa è meglio, cosa
non è meglio capito? Non ho gli strumenti io per…
VENTURI:…(più parole incomprensibili)…
BOLZONI:…si…assolutamente…perché mio fratello non ha interesse…
VENTURI:…non ha interesse…(più parole incomprensibili)…quindi oggi io volevo iniziare
a… (inc)…prendere un appuntamento con lui…vedere dove incontrarci…(inc)…
BOLZONI:…esatto… (inc)…
VENTURI:…ci vuole un consiglio…(inc)…
BOLZONI: io ho detto che in questa operazione ci vuò…occorre…scusa Marco…discernimento tra…
VENTURI:…si…non c’è dubbio…(Più parole incomprensibili a causa del tono della voce troppo
basso). . . e poi che mi succede…e io sono solo…
BOLZONI:…e io non so cosa dirti di questo…
VENTURI:…no no… (più parole incomprensibili)…
BOLZONI:…certo…
VENTURI:…io oggi devo tutelare Alfo…(inc)…devo tutelarlo Alfonso perché è da tre anni
che…(più parole incomprensibili). ..ha fatto una guerra partendo da… (inc)…
BOLZONI:…spietata…spietata…
VENTUR1:…spietata…(inc)…senza guardare in faccia nessuno…
BOLZONI: infatti ho detto ad Alfonso…è diventata un ‘operazione di discernimento tra…(inc)
VENTURI: …(inc)…
BOLZONI: …MONTANTE…tra BOLZON1…tra VENTUR1…tra CICERO…tra LUMIA…tra  ALFANO…
VENTURI: …(inc)…le istituzioni…
[…] A questo punto, ed esattamente al minuto 05,46 e fino al minuto 07,01 OMISSIS in quanto il tono della voce di VENTURI Marco è troppo basso ed il contenuto del dialogo diventa del tutto incomprensibile. Dal minuto 07,02 si trascrive integralmente:
VENTURI: Il senatore LUMIA e CROCETTA… (inc)…ci ho creduto… (inc)…
BOLZONI:…tutti ci abbiamo creduto…
VENTUR1:…tutti ci abbiamo creduto… (inc)…
BOLZONI:…e a nessuno è venuto in mente…
VENTURI:…per questo ti dico…cosa è successo…sono cambiati loro o cosa è successo?
BOLZONI:Marco…la sai qual è la differenza…che tu avevi la tua azienda…Alfò…Alfonso è una
persona onesta… io un ‘altra persona onesta…
VENTURI:…Ci hanno utilizzato…
BOLZONI:…Ci hanno strumentalizzato e utilizzato…tu per essere per bene…il mio essere per
bene… l’essere per bene di Alfonso…ci hanno utilizzato… questo è… allora bisogna usci…discernere e uscire, cioè studiare un exit strategy capito?…Che non so qual è ..perche’…io non mi fido dei magistrati…
VENTURI:..e neanch’io!… (inc) . ..
BOLZONI: eh… capisci!.. . capito…quindi non lo so chi sono…ci saranno sicuramente il onesti.. .ci sono…
VENTURI: …(Più parole incomprensibili)…
BOLZONI: esatto, esatto!
VENTURI: avendo la certezza… (inc)…di stabilire tempi e modi… (inc)
BOLZONI: esatto! Perfetto!
VENTURI: (Più parole incomprensibili)…
BOLZONI: mio fratello rientra il quindici e…
[…]
Di indubbio rilievo, nel quadro del vaglio della credibilità di CICERO, risulta l’ulteriore sviluppo della conversazione testé esaminata, la quale proseguiva dopo l’arrivo dello stesso.
Nelle parole di CICERO, in particolare, non è possibile riconoscere alcun gratuito anímus nocendi nei confronti di MONTANTE, ma soltanto la ferma determinazione di ristabilire la verità sull’impegno antimafia, predicato ma non praticato dal medesimo MONTANTE, un’antimafia in ossequio alla quale CICERO, quale presidente dell’I.R.S.A.P., si era sovente sovraesposto, illudendosi che eguale sovraesposizione avrebbe accettato il suo apparente mentore, l’imprenditore di Serradifalco.
La determinazione di emancipare la propria immagine da quella prototipica di MONTANTE appare tuttavia convivere, nelle esternazioni di CICERO, con la paura di cadere sotto i colpi di possibili dossier falsi, costruiti ad arte al fine di ledere la sua immagine e reprimerne l’atto di ribellione.
Si tratta di un dettaglio di importanza non certo recessiva nello scrutinio delle reali intenzioni perseguite da CICERO mediante le dichiarazioni poi rese dallo stesso all’autorità giudiziaria, intenzioni che solo in astratto potrebbero essere declinate secondo desinenze dubitative per effetto del lungo lasso di tempo durante il quale egli aveva mostrato di aderire agli strepiti dell’antimafia
montantiana.
Di seguito il contenuto della parte della conversazione cui si è fatto riferimento: […]
BOLZONI: Io non so cosa ti…
CICERO: Cioè_..ma non dobbiamo avere difficoltà noi a parlare come…siamo…mi segui o
no?
BOLZONI:…si…ho capito…
CICERO: Chi minchia avimu difficoltà a parlare… un n’avimu… se tu sai che poi Attilio magari la guarda solo da questo punto di vista e socchi succede succede… (inc)…no da un punto di vista negativo…ma non lo so…quello che tu mi stai dicendo mi sta facendo riflettere…
BOLZONI: ..e non lo so come…non è che sono mio fratello… capito?
CICERO: Eh…questa…Pietro è così…Pietro è vero…non è che sta dicendo…ognuno fa un
proprio lavoro…
BOLZONI: …ho capito._.io non so quello__.è vero_..è giusto… (inc)…
CICERO: …io ti conosco Piè!
BOLZONI: …ho capito.._non sono io…
CICERO: …e…(inc)…che ti conosce…
BOLZONI: …e…ho capito… io non so…quindi io non so…capito? Non sono la… (inc)…di mio fratello…
CICERO: Certo… qua ognuno ha il proprio lavoro… la propria vita…
BOLZONI: …(inc)…esatto___
CICERO: …ma questo è così per tutti…
BOLZONI: esatto..figurati
CICERO: lui può garantire..
BOLZONI: umanamente posso…
CICERO:…mancu pì un figliu unu po (inc)… u figliu avi a propria personalità…
VENTURI: avanti! (si sente bussare)…

[…] Il dialogo che segue (progr. n. 3069 del 3 agosto 2015; cfr. all. n. 74 della C.N.R. n. 1092/2017, cit.) è di fondamentale importanza, in quanto CICERO e VENTURI esprimevano innanzi a Pietro BOLZONI le reali ragioni per le quali essi intendevano incontrare il fratello Attilio, che non erano quelle di assicurare a quest’ultimo uno scoop giornalistico, ma quello di sollevare, tramite il caso mediatico, il caso giudiziario, con le accortezze necessarie, tuttavia, per proteggersi contro gli atti vendicativi che certamente MONTANTE avrebbe posto in essere.
CICERO, inoltre, mostrava la consapevolezza di essere stato strumentalizzato da MONTANTE per fittizie battaglie legalitarie, atteso che quest’ultimo non aveva mai denunciato alcuno per reati di mafia, continuando, al contempo, a mantenere forti legami con soggetti della vecchia guardia politica.
Pietro BOLZONI, inoltre, nel tentativo di spiegare l’ascesa di MONTANTE, si lasciava andare ad una lucida analisi politica, soffermandosi, in tal modo, sul potere dell’asse siciliano, raffigurato, emblematicamente, da Angelino ALFANO, capace di rimanere in sella al cambiare del colore – ingannevoli giochi cromatici – dei governi che si susseguivano (“…ti faccio un’altra riflessione qua…ALFANO è stato Ministro degli Interni…Ministro della Giustizia….Segretario …(inc) … nemmeno… (inc)… e RESTIVO…(inc)…hanno avuto tanto potere…e questo è…(inc) … nemmeno…(inc) …ALFANO è stato Ministro degli Interni…Ministro della Giustizia…(inc)…ed è sempre là! Quali soggetti lo sponsorizzano? Quale ambiente lo sponsorizza? […] L’asse siciliano qual è…qual è…quali sono quei poteri che fanno per me di uno scemo l’uomo più…uno degli uomini più potenti d’Italia! Centro Destra…Centro Sinistra…è la continuità di certi poteri…”)

[…] A questo punto, ed esattamente al minuto 04,06 dall’inizio della registrazione e fino al minuto
21.14 OMISSIS in quanto i tre continuano a ripetere gli stessi discorsi fatti in precedenza. CICERO
e VENTURI aggiungono soltanto che forse sarebbe meglio aspettare che Attilio (BOLZONI) scenda in Sicilia e, dopo averli ascoltati ed avere assunto tutta una serie di notizie di vario genere, comprese quelle che riguardano alcune persone, gli dirà lui a quale magistrato o a quale investigatore rivolgersi per incontrarlo perfare partire immediatamente un ‘azione giudiziaria.
Al minuto 09,07 dall’inizio BOLZONI propone di telefonare a Gabriella, anziché telefonare al fratello, per dire che ci sono due persone che vogliono parlare (con il fratello) ma CICERO dice che forse sarebbe meglio che quando Attilio rientri a Caltanissetta, il fratello Pietro ci parli di persona.
BOLZONI replica dicendo che non sa di preciso se il fratello Attilio, dopo il viaggio in Egitto,
rientri subito a Caltanissetta. ma lo saprà. Quindi i tre convengono che in effetti è meglio aspettare
il rientro di BOLZONI Attilio a Caltanissetta e che per adesso è meglio non parlarne con nessuno.

[…]  Premesso che CICERO e VENTURI riuscivano, effettivamente, ad incontrare ripetutamente Attilio BOLZONI a far data dall’11 agosto 2015 (ciò che è puntualmente ricostruito nella più volte citata C.N.R. n. 1092/17, da p. 212), risultano agli atti diverse altre intercettazioni ambientali di conversazioni intercorse tra VENTURI e CICERO, da cui emerge pacificamente il senso dell’iniziativa della rottura, mediatica e giudiziaria, con MONTANTE, certamente estranea ad ogni intento di esibizionismo pubblico, ma anzi condotta all’ombra di un forte metus per le possibili azioni ritorsive del potentissimo imprenditore, amico di magistrati, prefetti, ufficiali dei Carabinieri e della Guardia di Finanza e di alti funzionari della Polizia di Stato.
Tra tali conversazioni, una, risalente al 15 settembre 2015 (progr. n. 2676; cfr. all. n. 86 della C.N.R. n. 1092/2017, cit.), appare particolarmente significativa, in quanto CICERO, discutendo con VENTURI, si soffermava sulla necessità che, all’intervista a quest’ultimo che avrebbe pubblicato BOLZONI, seguisse, sine ullo medio, la loro deposizione innanzi ai magistrati inquirenti, nell’ottica di ciò che, con felice sintesi lessicale, egli definiva, come sopra anticipato, “educazione istituzionale”.

[…] Anche la conversazione successiva, sempre del 15 settembre 2015 (R.Int. n. 347/15, progr. n. 2677 e R.Int. n. 347/15, progr. n. 2678), nella quale CICERO e VENTURI provavano ad immaginare le domande che sarebbero state rivolte loro dagli inquirenti, appare di sicuro rilievo nella valutazione della credibilità di entrambi, posto che gli stessi, oltre a mostrare una effettiva conoscenza dei fatti che intendevano esporre ai magistrati, si sforzavano di calibrare il registro espressivo in modo ad evitare enfatizzazioni o rappresentazioni iperboliche delle vicende narrate e del sentimento di apprensione con cui stavano vivendo la drastica risoluzione di ogni rapporto con MONTANTE:

Conversazione ambientale n. 2677: In ufficio sono presenti Marco Venturi e Alfonso Cicero. Quest ‘ultimo chiede a Venturi che risposta darà al PM quando chiederà spiegazioni in merito alla paura che dice di avvertire.
OMISSIS
CICERO: Scusi dottore Venturi, la cosa più importante in questo momento per noi è la paura…da dove gli proviene e da cosa? Concretamente però! Che cosa gli rispondi?
VENTURI:(inc) perché sono spaventato (inc) la microspia.
CICERO: La microspia…perfetto…ma dopo che gli spieghi cos’è e non era una cosa contro di te…perfetto…si ma la paura perché? Era contro di lei? E tu gli devi dire ”No”…
VENTURI: Eh?
CICERO: E tu gli dirai “non era contro di me” e quindi gli dovrai sempre spiegare questa paura…
VENTURI: Paura psicologica! Non è una paura che io ho avuto delle minacce! […]
—– OMISSIS —–
Cicero dice di avere riletto più volte tutto il documento e qualcuno potrebbe chiedersi come mai ha
confidato tutte queste cose a Venturi e non ad un organo di Polizia con cui Cicero ha un rapporto quasi quotidiano. La risposta a questa domanda, dice Cicero, sta nel fatto che ha una fiducia in Venturi con cui ha condiviso da sempre questa battaglia. Cicero dice che per i motivi appena esposti devono far uscire le cose ma nel modo giusto, compresa la notizia sulla Security. Cicero in sostanza dice che le cose che faranno uscire sulla stampa non devono precedere ciò che diranno al Magistrato e sopratutto Venturi non dovrà riferire circostanze di cui è a conoscenza Cicero in quanto dovrà essere Cicero stesso a dichiararle. Cicero prende appunti della conversazione e annota ”Security …Cicero Di Francesco più testimoni”. Cicero a questo punto chiede se c’è qualche altro punto del documento che è risaltato agli occhi di Venturi. Si trascrive integralmente dal minuto 10.29 della registrazione.
[…] —– OMISSIS —–
I due continuano a parlare della ”paura” che Venturi dichiarerà di avere. Quest’ultimo parla di segnali e Cicero dice che si tratta invece di cose concrete visti gli ultimi eventi, seppur non si tratti di incursioni in casa o cose del genere. I due sono d’accordo nel dire che una volta pubblicato l’articolo ci sarà un terremoto e non dovranno più fare errori di nessun genere. Cicero legge a bassa voce ed in fretta il testo di un documento che comincia così “C’è una voce dal di dentro che rompe un silenzio di tomba…per la prima volta una figura rappresentativa degli imprenditori dell’isola parla di Antonello Montante…delegato per l’antimafia…”. I due concordano di apporre delle piccole correzioni, in particolare nell’uso dei termini.
Al minuto 20.18 della registrazione Cicero nomina Di Francesco e dice di avere svolto un gran lavoro antimafia nelle aree industriali; parla del fatto che lo vogliono fare fuori e aggiunge che tutto quello che si è scatenato nelle aree industriali contro di lui si riflette anche su Venturi. Infine Cicero nomina delle circostanze e dei soggetti coinvolti nella loro denuncia: parla di quelli che all’interno di Confindustria hanno pressato Venturi per commettere un reato, parla di Di Francesco e delle aree industriali, parla del fatto che le persone che fanno il “doppio gioco” lo volevano fare fuori, del fatto che terza persona ha detto che deve fare fallire “gli amici di Caltanissetta”. Cicero dice che ci sono dieci o quindici fatti che giustificano la loro inquietudine. […].

 

fonte http://mafie.blogautore.repubblica.it/