Buzzi e Carminati, una lunga storia di “aiutini” di Stato quando a Roma la mafia non può essere mafia

Buzzi e Carminati, una lunga storia di “aiutini” di Stato
Pubblichiamo un interessante articolo di Francesca Scoleri

Un caloroso applauso al detenuto Salvatore Buzzi, ha accompagnato la sentenza della cassazione sul processo denominato mafia capitale che lo vedeva fra i gli imputati di spicco. Da qualche giorno dunque, non si parla più di mafia nella capitale ma di altro e per cercare di capire la forma e la sostanza di questo “altro”, non possiamo affidarci alle sentenze.

Se a Reggio Calabria o a Palermo un delinquente uccide, estorce, ricatta e minaccia pubblici ufficiali, si parla di metodi mafiosi. Se le medesime cose avvengono a Milano sono metodi mafiosi solo se a compierli sono dei meridionali; se ad esempio sono lombardi, diventano “atti delinquenziali”.

Gli stessi fatti riscontrati a Roma però, ci trovano impreparati sulla definizione; secondo gli ermellini infatti, gli affari di Buzzi e Carminati non comprendono mafia tanto che i due, sono in attesa dei benefici penitenziari conseguenti alla sentenza che fa decadere l’associazione mafiosa.

Per iniziare, stop al carcere duro ma in fondo, cosa hanno fatto di male?
Massimo Carminati fra un’ estorsione aggravata e l’altra, corrompeva il mondo con le buone maniere tipiche di un membro della banda della Magliana.
Imputazioni simili per Buzzi, che nel suo rispettabile passato, annovera l’assassinio del suo amico e socio con 34 coltellate.

Non è mafia dicono, e già si parla di richieste di scarcerazione. Il punto è, che ripercorrendo la storia di questi due signori, “i non mafiosi” o “i diversamente mafiosi”, la colpa più grande, è di chi si è illuso che finalmente sarebbero finiti assicurati alla giustizia dopo lunghi anni di delinquenza organizzata.

Quante e quali sono le manine provvidenziali intervenute in loro aiuto ?

“Salvatore Buzzi, condannato a 30 anni per omicidio volontario, fu un detenuto modello: nel 1983 fu il primo carcerato in Italia a laurearsi in cella, in Lettere e Filosofia, con la votazione di 110 e lode. Il quotidiano «la Repubblica» gli dedicò un articolo. Il 29 giugno 1984 Buzzi organizzò un convegno sulla condizione delle carceri in Italia. Fu uno dei primi convegni su temi giuridici organizzati da un detenuto nelle carceri italiane.

Dopo 6 anni di carcere, 2 in semilibertà e un anno e mezzo in libertà condizionata, nel 1994 il Presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro gli concesse la grazia.”
Sua l’ormai celebre frase “Tu c’hai idea de quanto ce guadagno sugli immigrati? il traffico de droga rende meno…” che ci ha permesso di sviluppare le dovute considerazioni sugli inarrestabili flussi migratori la cui destinazione finale è l’Italia. Poca accoglienza, tanto business illecito.
L’attività mafiosa di Buzzi – checché ne dicano dentro al palazzaccio – comprendeva il sostegno di ‘ndrine per la raccolta voti dei politici compiacenti, cosi come avviene in qualunque luogo d’Italia ormai. A Roma questo sistema non si può chiamare mafia, altrove si.
A salvarlo dalla condanna a 30 anni ci penso’ il defunto presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro ma qualcuno oggi, ha forse studiato formule di “concessione grazia” innovative.
Storia simile per Massimo Carminati, milanese di nascita – sarà per questo che non si può parlare di mafia? – delinquente dalla caduta del suo primo dentino verrebbe da dire. Passa infatti, dall’estrema destra fascista avvicinata per ideologie eversive, alla banda della Magliana dove comincia l’attività intermediaria con pezzi di potere politico romano.
In un processo, arriva ad essere condannato insieme ad uomini dal calibro di Licio Gelli, generali e colonnelli del Sismi. L’arsenale a sua disposizione, viene scoperto nei sotterranei del Ministero della Sanità, come possa esservi finito senza destare attenzione, non è dato saperlo.
Carminati fu condannato in primo grado e in appello per l’omicidio del giornalista Mino Pecorelli; anche in quell’occasione, ci pensarono gli ermellini a smontare i primi due processi regalando a lui la libertà e al resto d’Italia, l’impossibilità di conoscere esecutori e mandanti di quell’omicidio.
Pecorelli, fiato sul collo di politici corrotti vicini alla mafia, minacciava di far uscire notizie inquietanti sul sequestro Moro e su affari sporchi che riguardavano Giulio Andreotti. La sua morte risultò provvidenziale e rassicurante, cosi come l’assoluzione a sorpresa di Carminati. Il nesso sarà sicuramente frutto della fantasia di chi scrive.
“A volte l’uomo inciampa nella verità, ma nella maggior parte dei casi si rialza e continua per la sua strada”, diceva Winston Churchill…

“Il curriculum criminale di Carminati maturato all’ombra dei NAR e della Banda della Magliana, anche in virtù della sua figura di anello di congiunzione tra la criminalità romana ed i gruppi eversivi di estrema destra, fu oggetto di diversi processi nei confronti dell’estremista nero, alcuni dei quali riguardanti i misteri più controversi della Repubblica Italiana, da cui Carminati uscì praticamente quasi sempre assolto”.
Una condanna in via definitiva fu raggiunta nella lunghissima carriera criminale di Massimo Carminati, per la rapina alla filiale della Chase Manhattan Bank di Roma e in quella circostanza, ci pensò l’indulto del 1987 a riaprire la sua cella. E non fu l’unica volta; per altre due condanne riportate fra il 1988 e il 1991 infatti, si ritrovò libero grazie ad indulti provvidenziali.
Sarà finita li ? Assolutamente no!
“Nell’aprile 2005 il Tribunale di Perugia ha condannato Massimo Carminati a quattro anni di reclusione per un furto avvenuto a Roma il 17 luglio del 1999 ai danni del caveau della Banca di Roma che si trovava all’interno al Palazzo di Giustizia di Piazzale Clodio. Considerato la mente di tutta l’operazione, assieme ad una banda composta da circa 23 persone compresi i complici interni, Carminati riuscì a trafugare da 147 cassette di sicurezza di “proprietà” di dipendenti del palazzo 50 miliardi di lire in oro e gioielli, oltre a diversi documenti riservati appartenenti a giudici e pubblici ministeri che sarebbero serviti per ricattare alcuni magistrati.

Il 21 aprile 2010 a Roma la sentenza della Cassazione conferma la pena a 4 anni. Nel maggio del 2010 il procuratore generale di Perugia dispone la sospensione dell’esecuzione della pena. Poi arriva l’indulto del 2006: a luglio 2010, tre mesi dopo, Carminati ottiene l’affidamento in prova e a gennaio 2011 la pena è estinta.”

Come si possa definire estraneo alla mafia il raggio d’azione criminale di Buzzi e Carminati risulta inspiegabile ma vincono loro, ancora una volta. Vince la corruzione di uomini dentro le istituzioni che non possono permettersi di tenere sotto chiave questi due signori. Semplicemente, vince “il mondo di mezzo”.