Pietro Cavalotti e la solidarietà ricevuta

Dopo il servizio, da tutte le parti d’Italia mi sono arrivati tanti messaggi di stima, solidarietà, affetto e incoraggiamento. La frase più ricorrente è che bisogna ricominciare. Il problema è proprio questo: la difficoltà di riprendere a lavorare dopo tutti i danni che sono stati fatti. Ma la questione non è solo questa.

La cosa che più mi lascia perplesso è che, mentre ci sono 8 mila sardine che si riuniscono per protestare contro il razzismo e il leader di un partito d’opposizione, milioni di siciliani, migliaia di lavoratori vessati che, per colpa di un certo sistema, hanno perso tutto, di fronte ad una tale ingiustizia non protestano, come se i problemi si risolvessero da soli.

In Sicilia, più che altrove, si percepisce l’atteggiamento di chi è convinto di essere furbo e pensa di “prendere il riccio con le mani degli altri”, senza rendersi conto che spesso la scaltrezza non è altro che l’altra faccia della stupidità.

È una consuetudine antica alla quale si accompagna l’atavica rassegnazione che si basa sulla convinzione che tanto non cambierà mai niente. Siamo un popolo disunito, storicamente abituato alla dominazione e alla sopraffazione.

Qualcuno non si espone per paura di ritorsioni giudiziarie, qualche altro perché ha qualcosa da nascondere. C’è poi chi si isola per dimenticare un passato doloroso e chi, invece, si gira dall’altra parte per menefreghismo o per malinteso senso della riservatezza.

Infine, i saggi che, per giustificare il loro stare in disparte, ti dicono che bisogna difendersi nei processi. A questi va il grande merito di avere scoperto l’acqua calda.

È evidente che ci si debba difendere nelle aule di giustizia. Ma non è questo il punto. Ognuno di noi fa parte di questo mondo e, se abbiamo a cuore i nostri interessi, dovremmo impegnarci per impedire che quanto successo ad altri (o, addirittura, a noi stessi) possa ripetersi. I problemi di cui stiamo parlando non sono quelli personali di carattere giudiziario o processuale. Il processo, semmai, è solo una conseguenza.

I problemi sono molto più gravi e complessi. Essi riguardano le libertà di tutti al cospetto di uno Stato tiranno contro il quale bisogna reagire energicamente ma sempre in maniera costruttiva e non violenta, con la ragione, la speranza, la pazienza e il rispetto per le Istituzioni, al quale, però, dovrebbe fare da contraltare il rispetto di queste ultime nei confronti delle persone e della loro dignità.

Non si tratta di fare la rivoluzione ma di resistere all’oppressione!

Rispetto tutti e le posizioni di tutti ma chi, pur essendo drammaticamente consapevole dei problemi che lo riguardano, non prova a risolverli alla radice, tra i tanti diritti ha perso anche quello di lamentarsi.

Quando capiremo che con le leggi in vigore qualunque cittadino innocente può essere annientato in qualsiasi momento?

Forse, la madre di tutte le battaglie non è cambiare le cose. È quella di cambiare la nostra mentalità ed già troppo tardi per farlo.

Per il resto, noi proseguiamo la nostra strada. Domani saremo in Abbazia per provare a migliorare le cose.

Pietro Cavallotti

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