‘IL SISTEMA MONTANTE’ il libro di Salvatore Petrotto, pubblicato dall’editore Bonfirraro, in giro per la Sicilia tra i Comuni sciolti (più o meno ingiustamente) per mafia ed oltre…

In questi giorni mi affannavo nel cercare quale fosse il filo conduttore che lega tra di loro una serie di recenti scandali, alcuni dei quali scoppiati ad arte.
Mi riferisco ai nuovi e vecchi sistemi di potere, quali l’ormai arcinoto ‘sistema Montante’, che è anche il titolo di un mio libro. Ma, senza sbagliare di un millimetro, possiamo tranquillamente allargare il discorso al cosiddetto  ‘ sistema Siracusa’, che ha trascinato con sé l’intero ordine giudiziario italiano, travolgendo il CSM, ossia il massimo organo di autogoverno dei magistrati. Ed ancora possiamo inoltrarci nei tristi e devastati meandri del ‘sistema Saguto’, a cui possiamo sommare il carico da ‘novanta’, ovvero una serie di depistaggi investigativi riguardanti le stragi di Capaci e di via D’Amelio, che hanno fatto deragliare, così come in passato, la sconquassata locomotiva della giustizia italiana.
E’ fin troppo riduttivo parlare soltanto delle inquietanti ingerenze dei servizi segreti italiani e/o stranieri, quando facciamo i conti con queste sempre eterne stagioni di intrighi e veleni.
Forse dovremmo soffermarci un po’ di più sul ruolo che hanno avuto Confindustria, le banche e l’ENI, dai tempi del suo primo eroe-martire, Enrico Mattei, ad oggi e che, con i suoi attuali oltre 130 miliardi di euro di fatturato annuo, è la più grossa multinazionale italiana e determina gli assetti delle nostre classi dirigenti, dal secondo dopoguerra ad oggi.
E per classe dirigente intendiamo anche alcune figure apicali della magistratura che, assai spesso, più che essere degli arbitri imparziali, si giocano la loro partita a fianco dei cosiddetti ‘poteri forti’ assieme ai quali, più che assicurare un servizio ai cittadini, il servizio ‘giustizia’,  gestiscono quello che poi diventa l’unico potere possibile, autonomo, incontrollato ed incontrollabile, in una democrazia malata ed ‘a responsabilità’ limitata come la nostra.
Solo così riusciamo a spiegarci il perché alcuni magistrati di punta, debitamente spalleggiati da quello che una volta si chiamava ceto economico dominante, riescono a spuntarla sui loro colleghi, creando a dovere dei casi giudiziari la cui unica utilità è quella di ingraziarsi e favorire i potenti di turno.
Forti delle loro immunità ed impunità, derivanti dal perverso connubio con l’alta finanza, il mondo bancario e le multinazionali, una serie di ben individuati soggetti si  sono trasformati in dei terribili e formidabili cecchini della democrazia e di chi rappresenta le nostre fragili istituzioni, siano essi uomini di governo, parlamentari, sindaci, professionisti od imprenditori.
Non ce n’è per nessuno!
Ti spogliano vivo e tentano poi di sbatterti in galera e di buttare la chiave.
Per rispondere alla sete di giustizia e di libertà dei Siciliani in questi giorni ho iniziato un tour davvero particolare ed interessante. Sto girando per la Sicilia,  partendo  dai comuni sciolti, più o meno ingiustamente, per delle inesistenti infiltrazioni mafiose, il più delle volte per favorire le lobby dei rifiuti, dei petrolieri e di tutti quanti gli ‘inquinatori di professione’. Mi riferisco a coloro che hanno inquinato ogni singola porzione  dei nostri territori ed ogni singola istituzione pubblica, con la scusa di condurre quella che si è rivelata una finta lotta alla mafia. Chi vive vicino ad una mega discarica, quale quella di Motta Sant’Anastasia, di Lentini, di Mazzarrà Sant’Andrea o di Siculiana-Montallegro, o nei pressi di un impianto petrolifero, a Gela, Augusta, Priolo, Melilli e Milazzo, muore di tumore. A chi ha tentato di contrastare quelle che sono delle vere e proprie calamità istituzionali, che hanno provocato questi immani disastri ambientali ed economici, hanno inflitto un’ altrettanto terribile morte civile, morale e politica. Tutto ciò, ed altro ancora, che riguarda la faccenda delle numerosissime aziende sequestrate e/o confiscate, con la scusa di un’assai spesso eterea ma strumentale infiltrazione mafiosa, e gestite da amministrazioni giudiziarie corrotte, come è noto, è avvenuto  per consentire ad una o più lobby di confindustria Sicilia di arricchirsi, facendo fallire tutte quante le aziende concorrenti, molte delle quali spolpate su sollecitazione di alcuni ben individuati falsi ‘apostoli dell’antimafia’. Ci riferiamo ad esempio ai casi Cavallotti,  Niceta e  Zummo a Palermo, od al caso Di Vincenzo a Caltanissetta e, per quanto mi riguarda, senza andare lontano, al caso Romano a Racalmuto.
Si tratta di aziende che dopo essere state sequestrate sono diventate vittime di un micidiale strozzinaggio di stato ad opera di amministratori giudiziari tutti quanti peraltro sotto processo, quali un certo Elio Collovà, Gaetano Cappellana Seminara o addirittura condannati dalla Corte dei Conti per danno erariale e sotto inchiesta per peculato, qual è il caso dell’amministratore giudiziario Giuseppe Sanfilippo, che continua però a gestire decine di aziende, percependo da due o tremila euro al mese per ognuna di loro, ovvero decine di migliaia di euro al mese, semplicemente per farle fallire e per distruggerle definitivamente.
Mentre dal canto loro, altro genere di strozzini  di Stato, si sono adoperati  per far sciogliere per mafia i comuni, per mettere le mani nei nostri paesi e nelle nostre città, per fare incetta di incarichi ben remunerati e speso illegittimi, per gestire gli appalti pubblici senza gara, e per  lasciare liberi una manica di ‘prenditori’, di continuare ad inquinare tutto quanto, succhiando persino il sangue a tutte le famiglie siciliane, attraverso una tassazione sui servizi pubblici locali davvero asfissiante.
Conto di girare tutti i 390 comuni siciliani, presentando anche il mio libro ‘Il Sistema Montante’, pubblicato da Bonfirraro, un coraggioso editore di Barrafranca.
Giovedì 12 dicembre sono a Scicli, il 13 a San Cataldo, il 20 a Ragusa, il 21 a Vittoria. Seguiranno poi Catania, Misterbianco, Augusta, Gela, Priolo, Melilli, Milazzo e così via…
Vorrei, assieme a tutti i Siciliani che ancora hanno voglia di lottare,  far trionfare qualche scampolo di vera ed autentica democrazia e quella necessaria libertà di svolgere le nostre attività economico-produttive, senza continuare a prostrarci al cospetto di rappresentanti istituzionali che si sono rivelati dei veri e propri criminali di Stato.  Non è possibile tollerare ancora che, solo chi è abile a non pestare i piedi ai vertici delle aziende e delle banche che contano, può riuscire a far carriera e soldi, ad ottenere indisturbato privilegi e prebende, per se stesso e per i propri amici e parenti; per poi alla fine farla franca e per sfuggire ai rigori di quelle leggi che, come è ormai noto a tutti quanti, valgono e si applicano solo per i più deboli.
Mi direte che è la storia di sempre, che si ripete, con modalità sempre cangianti ed i cui protagonisti sono coloro i quali, con grande astuzia, sanno vivere e prosperare all’ombra del potere; dell’unico potere possibile ed immaginabile in uno Stato, quello italiano, in cui l’unica chimera resta sempre l’affermazione di quelle libertà democratiche, da sempre negate dalle nostre classi dirigenti, o per meglio dire ‘classi dirette’ ed orientate dai soliti poteri occulti.
I nomi dei protagonisti delle ultime imposture se volete li lascio scegliere a voi, ce li suggerisce del resto la cronaca di ogni giorno.
Se dico ENI, per esempio, mi vengono in mente i nomi dei fratelli dell’ex procuratore di Roma, Giuseppe Pignatone, oggi in pensione e diventato presidente del tribunale del Papa, e del suo aggiunto Paolo Ielo; ci riferiamo a  Roberto Pignatone e Domenico Ielo,che sono stati dei preziosi professionisti al servizio del cane a sei gambe, grazie all’avvocato Piero Amara, quello dello scandalo delle ‘toghe sporche’,  che è partito da Siracusa e poi si è allargata a tutt’Italia. Così come partendo dal nulla, chissà perché, anche il giornalista di Modica Paolo Borrometi, amico dell’ex presidente della Commissione nazionale antimafia, Giuseppe Lumia, è stato beneficiato con un prestigioso incarico; quello di vicedirettore dell’agenzia di stampa Agi, sempre di proprietà dell’ ENI. Il Borrometi, per delle presunte battaglie contro delle non ben identificate consorterie mafiose, ha denunciato di avere subito una serie di  intimidazioni ed attentati, rispetto ai quali sono stati chiesti degli opportuni chiarimenti, alla autorità giudiziarie, da parte di Claudio Fava, presidente della commissione regionale antimafia della Regione Siciliana. Per il semplice fatto di avere chiesto delle legittime informazioni sul conto del Borrometi, come è noto, l’On. Fava è stato crocifisso. E’ stato terribilmente preso di mira ed attaccato con la solita inaudita e caratteristica violenza tipica di certi antimafiosi di professione. E’ diventato bersaglio del ‘fuoco amico’della solita ‘antimafia di facciata’, capitanata stavolta da alcuni parlamentari grillini.
Forse qualche informazione in più, sempre sul conto di Borrometi, dovremmo chiederlo all’attuale presidente dell’ENI, Emma Marcegaglia.
Chi è  Borrometi?
Ricordiamo che già in passato Antonello Montante, un altro pupillo della Marcegaglia, nonché compare dei mafiosi, oggi condannato a 14 anni di reclusione per la sua attività di spionaggio, oltre che per associazione a delinquere e corruzione, è stato portato al settimo cielo; e poi sappiamo come è andata a finire. Quello di Borrometi è forse l’ennesimo tentativo di costruire, con l’avallo dei servizi segreti, che come è noto sono di casa dentro l’ENI, un altro finto professionista dell’antimafia? A cosa vi sono serviti, Dott.ssa Marcegaglia, i falsi eroi dell’antimafia come il suo affezionatissimo Montante?
Prima il cavaliere Montante, poi il cavaliere Antoci, ex presidente del parco dei Nebrodi ed uomo dell’ex senatore Lumia, anch’egli vittima di un attentato assai sospetto. E prima ancora Maria Grazia Brandara, donna di Mannino, Cuffaro e poi diventata ‘antimafiosa’, grazie alla lobby confindustriale siciliana; sorpresa mentre stava consegnando, proprio al Montante, una borsa piena di soldi (in cambio di cosa?). La Brandara  attualmente è sindaco di Naro ed è stata commissaria in vari enti, compreso l’IRSAP (Istituto Regionale per lo Sviluppo della Attività Produttive); è presidente dell’IAS, la società che gestisce il più grosso depuratore d’Europa, quello di Priolo; dentro l’IAS, assieme a lei c’era pure, nella qualità di amministratrice, l’avvocatessa dell’INPS Rosa Battiato,  moglie del colonnello dei Carabinieri Giuseppe D’Agata, ex capocentro della Direzione investigativa antimafia di Palermo, attualmente sotto processo a Caltanissetta per una serie di reati che ci vuol fatica ad elencarli tutti quanti. Anche la Brandara è sotto inchiesta per associazione a delinquere e corruzione a Caltanissetta, oltre che per inquinamento ambientale ed abuso d’ufficio a Siracusa. Fino a qualche anno fa era solita sparare delle vere e proprie raffiche di denunce relative a delle presunte intimidazioni su cui subito, siamo nel 2016,  l’ex senatore Lumia ci appiccicava il suo bollino blu; che non è quello delle banane chiquita, bensì quello di una ditta davvero particolare, di cui lui è uno dei principali distributori esclusivi. Ci riferiamo alla premiata ditta dell’antimafia parolaia e di facciata che interagiva con la ‘mafia trasparente’ di Montante e dei suoi ‘tragediatori’. L’altro componente della ditta Montante & tragedy  era ed è ancora Giuseppe Catanzaro, suo delfino e successore alla presidenza di Sicindustria. Anche il Catanzaro, dal 2006 in poi ha denunciato di aver subito delle presunte intimidazioni e dei tentativi di estorsione; in modo particolare da parte dell’ex sindaco di Siculiana, Giuseppe Sinaguglia, dell’ex comandante dei vigili urbani, Giuseppe Callea, dell’ex capo dell’ufficio tecnico, Pasquale Amato e del responsabile di quella che fu la discarica comunale di Siculiana, Luigi Meli. Tutti quanti avevano commesso il gravissimo reato di difendere attraverso dei regolarissimi atti amministrativi e dei sacrosanti controlli gli interessi della collettività. Dopo tali sue denunce, di fatto, ma non di diritto, quella discarica fu ampliata all’infinito ed oltre e diventò un suo esclusivo ed impenetrabile affare privato che gli ha fruttato, a lui ed alla sua famiglia, svariate centinaia di milioni di euro. E non si fermò lì con le sue pretestuose denunce! Sempre il Catanzaro, spalleggiato da Montante,  ha denunciato, qualche anno dopo, tutti i sindaci ed i componenti della ex ASI (Aree di Sviluppo Industriale), sgraditi alla loro lobby. E’ inutile qui sottolineare che, dopo anni ed anni di processi, tutti quanti sono stati assolti, ma la mega discarica di Siculiana- Montallegro e le aree industriali pubbliche siciliane sono rimaste ‘cosa loro’, ovvero nella piena disponibilità, dei Castoree Polluce dell’antimafia degli affari. Sempre a colpi di denunce, più o meno calunniose, e di processi che neanche avrebbero dovuto iniziare.
Ora dopo Montante  e la sua lobby. Dopo  Silvana Saguto,  l’ex presidente della sezione misure di prevenzione del tribunale di Palermo, che assieme al suo cerchio magico ha razziato, cannibalizzato e distrutto centinaia di aziende siciliane; dopo il finto eroe antipizzo Roberto Helg, ex presidente della Camera di Commercio di Palermo, nonché ex vicepresidente della società che gestisce l’aeroporto Falcone-Borsellino, pizzicato e condannato  mentre riscuoteva il pizzo. Dopo i vari Crocetta e Lumia. Dopo l’ex presidente del Senato Renato  Schifani, peraltro sotto processo a Caltanissetta perché colluso anche lui con Il Sistema Montante;  dopo i ministri dell’Interno  e della Giustizia, Angelino Alfano ed Anna Maria Cancellieri, tutti quanti dentro alle segrete cose, intenti a favorire gli ‘apostoli della legalità e dell’antimafia’, crediamo di avere già dato abbastanza!
Non possiamo continuare ad essere costretti a sorbirci ulteriori personaggi di questo genere!
Lo dico a voi, gente di Confindustria e dell’ENI, non potete continuare  ancora, imperterriti, a rifilarci altre  patacche come il cavaliere Montante!
Ancora con questi cavalieri?
Non ne possiamo più !
Ci dispiacerebbe scoprire un giorno che, anche il cavalier Borrometi, è stato costruito dentro i laboratori dei servizi segreti deviati?
Non è che è sempre la stessa storia!
Prima un prestigioso premio internazionale, poi il titolo onorifico di cavaliere al merito, conferito dal presidente della Repubblica Sergio Mattarellae poi via con gli incarichi ben remunerati, dentro l’ENI ed in Vaticano. Il Borrometi, assieme ad un’altra illustre conoscenza nostra e di Antonello Montante,  l’ex giornalista della RAI Vincenzo Morgante, ogni domenica s’affaccia alla finestra col Papa!
Che coppia formidabile sono Paolo Borrometi e ‘Vincenzino’,come amava chiamare Morgante il  presidente Mattarella, quando era un semplice deputato e si serviva di lui utilizzandolo come una specie di portaborse.
Adesso ‘ Vincenzino’ è lì, a San Pietro, che se la gode assieme a Paolo.
Eccome se la godono!
E pensare che tutto parte dalla raccomandazione in RAI di Montante  che Vincenzo Morgante chiese ed ottenne nel 2012, per diventare   direttore di tutti i TGR d’Italia,  della più grande testata giornalistica d’Europa. Adesso, dopo la caduta in disgrazia del suo, per così dire, raccomandatore, ‘Vincenzino’, grazie alla Santa Chiesa,  ha dovuto battere in ritirata e ripiegare sul Vaticano  dove adesso lavora, spalla a spalla col Papa e con Borrometi, l’ultimo fulgido esempio dell’antimafia farlocca dell’ex senatore Beppe Lumia.
Complimenti!
Che cosa si vuole più dalla vita, per un ex portaborse del capo del Stato ed un assai dubbio eroe dell’antimafia della contea di Modica?
E non mi dite che la mia è tutta invidia!
Salvatore  Petrotto