Le “vedette mafiose” al ristorante

Altro episodio destinato a far crescere le preoccupazioni del vicequestore aggiunto Manganaro, così come ha riferito all’A.G. e a questa Commissione, era accaduto prima di cena, quando il sindaco Calì, durante il tragitto verso il ristorante Mazzurco assieme a Manganaro, “gli aveva confidato di aver notato la presenza di alcune vedette dei gruppi mafiosi facendo riferimento a un’autovettura (…) condotta da Cerro Letterio e ad una Smart con a bordo tale Carra Nicola”.

“Vedette di gruppi mafiosi” è espressione certamente impegnativa (“vedetta” è chi osserva per riferire o avvertire; “vedette di gruppi mafiosi” fanno pensare dunque a persone con il compito di segnalare i movimenti di Antoci in vista dell’agguato di quella notte). Ma è davvero questa l’espressione che il sindaco Calì usa con il vicequestore aggiunto Manganaro?

MANGANARO: Allora, se il sindaco l’abbia usato o meno… se le ho scritte evidentemente il sindaco ha usato questo termine. Però non lo ricordo…
‘Evidentemente il sindaco ha usato questo termine’, riferisce in Commissione Manganaro. Ma aveva affermato esattamente il contrario nel corso del suo esame a sommarie informazioni1 davanti ai PM di Messina:
PM: Ma il termine “vedette mafiose” fu suo… lo usò lei nell’annotazione o lo usò proprio CALI’?
MANGANARO: No, lo usai io… lo usai in annotazione… CALI’ mi disse che appartenevano ai gruppi operanti sul territorio. (…) “Vedette mafiose” perché io li ritengo gruppi mafiosi quelli, dottore, non mi nascondo dal dirlo apertamente. (…)
PM: Però è strano che in un’annotazione lei parla di vedette mafiose, quindi insomma dà un connotato particolare a quella presenza e al tempo stesso… non le segnala (alla scorta di Antoci, ndr)…
MANGANARO: L’annotazione la faccio col senno di poi.

Dello stesso tenore (e dunque diametralmente divergente da ciò che Manganaro riferisce in audizione) è il ricordo del sindaco Calì in Commissione:
FAVA, Presidente della Commissione: Dice sempre il dottor Manganaro che nel tragitto che vi ha portato al ristorante Mazzurco lei gli avrebbe confidato di avere notato la presenza di alcune “vedette di gruppi mafiosi”.
CALÌ: Presidente, il dottore Manganaro è entrato dentro la mia macchina e ci siamo spostati per andare da Mazzurco… Non appena scendiamo verso Mazzurco c’è un rifornimento Esso e ci sono le telecamere che parlano, non sono io a parlare ma ci sono le telecamere che parlano. E si sono bloccati un certo Nicola Carra e il cognato Litterio Cerro.
FAVA, Presidente della Commissione. Mi scusi, bloccati?
CALI’: Bloccati nella strada. Fermi.
FAVA, Presidente della Commissione. A parlare dal finestrino?
CALI’: Com’è abitudine parlare nei piccoli centri… Uno scende e l’altro sale.
FAVA, Presidente della Commissione. Ma erano in macchina?
CALI’: Dentro in macchina, si sono scambiati: “che fai? quando vieni?” Non lo so quello che si sono detti, completamente… quello che scendeva non poteva girare se non prima io posteggiavo. Io ho posteggiato, poi magari la curiosità, è rimasto a guardare ma da qui a dire “vedette” onestamente… tutto questo sono le vedette che dice il dottore Manganaro.
FAVA, Presidente della Commissione. Quindi la parola “vedette” della mafia non l’ha usata?
CALI’: Presidente ci sono due macchine in movimento.
FAVA, Presidente della Commissione. Ce l’ha spiegato. Volevo capire se l’espressione “vedette della mafia” è un’espressione che aveva usato lei o che è stata una libera interpretazione del dottor Manganaro.
CALI’: No, no, il dottor Manganaro dice “ma questi chi sono”? E io glielo ho spiegato: sono Cerro Litterio e Nicola Carra. Il dottore Manganaro che conosce bene gli elementi ovviamente ha incominciato magari a immaginare o a dire o a pensare, non lo so, non è che gli dico ‘vedette’ perché si incontrano due macchine perché purtroppo a Cesarò come nei piccoli centri sempre è così.

Versione sostanzialmente analoga a quella che il sindaco Calì aveva usato nelle sommarie informazioni testimoniali raccolte dall’A.G. il 28 luglio 2016:
P.M. DI GIORGIO: Lei ha mai usato l’espressione “vedette di gruppi mafiosi”?
CALÌ: “Vedette dei gruppi mafiosi”?
P.M. DI GIORGIO: Riferendosi ai due che aveva notato?
CALÌ: No, mai.
P.M. DI GIORGIO: A Manganaro? Dice: “Guarda, queste sono vedette di gruppi mafiosi?”
CALÌ: No, no.
P.M. DI GIORGIO: Questa cosa gliel’ha mai detta?
CALÌ: No, che io mi ricordi no.

Anche l’assistente capo Proto e l’assistente capo Santostefano, autista e caposcorta di Antoci, riferiscono al PM di non aver avuto alcun segnale di preoccupazione dal loro superiore:
P.M. CAVALLO: Manganaro non le ha detto: “Guardate che durante il tragitto in macchina Calì mi ha parlato di brutte persone”?
ASS. PROTO: No, assolutamente no.
P.M. CAVALLO: Se lo sarebbe ricordato altrimenti.
ASS. PROTO: Sì, perché quello è un segnale di allarme. Cioè, forse mi sarei messo fuori dal locale e non avrei nemmeno cenato.
(…)
P.M. DI GIORGIO: Qualcuno dei due, il dottor Manganaro o il dottor Antoci, le riferirono quella sera che c’era una situazione di possibile pericolo derivante dalla presenza di soggetti in zona?
ASS. SANTOSTEFANO: No.
P.M. DI GIORGIO: E quindi non una cosa che lei ha visto, ma una cosa che l’è stata riferita, se l’è stata riferita.
ASS. SANTOSTEFANO: No, no, no, non mi è stato riferito nulla di questo.
P.M. DI GIORGIO: Siccome ci sono annotazioni di servizio che fanno riferimento alla presenza di…
ASS. SANTOSTEFANO: Da parte mia le annotazioni?
P.M. DI GIORGIO: No, no, di altri.
ASS. SANTOSTEFANO: Ah…
P.M. DI GIORGIO: Di “vedette mafiose” lì, e lei svolgeva il servizio di scorta di Antoci, ci chiedevamo se qualcuno glielo avesse detto.
ASS. SANTOSTEFANO: No. Guardi, il discorso è uno: io cerco di fare il mio lavoro nel migliore dei modi possibile, però non sono stato informato sulla eventuale presenza di pregiudicati o meno perché comunque io il mio servizio lo faccio comunque… se qualcuno mi avesse detto qualche cosa del genere io mi pigliavo la personalità e gli dicevo: “Andiamocene, non possiamo stare qua”, ecco, io avrei fatto questo. Magari non mi è stato detto per non creare tensione. Non lo so, io non ne so niente di queste annotazioni…
P.M. MONACO: Dico, ma che cautele avreste impiegato eventualmente? Visto che dovevate tornare da lì, da Cesarò, a casa. Diciamo, durante il tragitto che cautele avreste impiegato? Qualora vi fosse stata una situazione di pericolo…
ASS. SANTOSTEFANO: Sicuramente non me ne scendevo a cinquantacinque chilometri orari, mi chiamavo dieci pattuglie dei Carabinieri, altre quindici della Polizia e magari operavo in maniera differente. Cioè, avrei adottato tutte quelle tecniche per porre la personalità quanto più al sicuro possibile, non so se mi sono spiegato!

Il misunderstanding relativo alla questione delle “vedette di gruppi mafiosi” si riallaccia ad un altro momento “critico” della vicenda in oggetto: le dichiarazioni rilasciate dal sindaco Calì nei giorni successivi ai fatti del 18 maggio 2016. Ecco cosa scrivono a tal riguardo i pubblici ministeri:
L’interesse investigativo su Calì era derivato dal fatto che, alcuni giorni dopo l’agguato ad Antoci, su testate giornalistiche on line erano apparse alcune dichiarazioni di costui, concernenti proprio l’attentato in parola, nelle quali il sindaco di Cesarò attribuiva la paternità dell’agguato “alla delinquenza locale e non alla mafia vera e propria” in quanto, a suo dire, nel territorio del Comune di Cesarò “…non c’è tutto quell’interesse che potrebbe far gola alla mafia, alla delinquenza, di migliorarsi di incrementarsi. Io non lo vedo affatto…”.

La richiesta di archiviazione della D.D.A messinese non dà particolare risalto, però, al fatto che due giorni dopo, il 20 maggio 2016 il Calì abbia smentito se stesso con un’altra dichiarazione:
“Ieri, per mero errore, per il forte zelo di difendere tutti i cesaresi laboriosi   mi sono scordato il vile gesto che hanno fatto al Presidente Antoci e condanno fermamente il gesto allo stato mafioso così come è stato fatto, e ringrazio il presidente per il lavoro che sta effettuando qui sui Nebrodi e la collaborazione fattiva che sto avendo dal momento in cui ho avuto il piacere di conoscere il senatore Lumia, che lavorando assieme realmente mi ha dato dimostrazione e stanno dando dimostrazione vera, concreta e reale a voler pulire una volta per tutte quello che sono i Nebrodi. Grazie e mi scuso per la dichiarazione.”

Sulle ragioni della sua prima esternazione e sul successivo dietrofront, il sindaco Calì ha così risposto nel corso della sua audizione:
CALÌ: Dopo questa dichiarazione, è successo un pandemonio. È successo di tutto e di più e di telefonate ne sono arrivate da tutte le parti…
FAVA, Presidente della Commissione: Da chi le sono arrivate le telefonate e che cosa le è stato detto?
CALÌ: Il primo dal Presidente Antoci, dice “sindaco ma ti stai rendendo conto che ho avuto un attentato?”. “Presidente, ho sbagliato. Lo sai come sono io. Sono stato anche un pochettino cassariato, mi sono visto preso…” “Dobbiamo smentire”. “Dimmi come devo fare e la smentiamo”…
FAVA, Presidente della Commissione: E oltre Antoci, chi altro l’ha chiamata?
CALÌ: Ha chiamato il senatore Lumia.
FAVA, Presidente della Commissione: Per dirle?
CALÌ: Dice: “ma che stai dicendo? L’attentato c’è stato… Devi dire che c’è la mafia”.

 

fonte http://mafie.blogautore.repubblica.it/