L’ispezione che ha fatto tremare tutti

Per la sua importanza è opportuno riportare testualmente ampi brani di questo pro-memoria del dottor RAIMONDO MIGNOSI.
“Ricordo che, fin dall’origine della vicenda, ebbi a rilevare la particolare decisione del Presidente MATTARELLA nel disporre la ispezione tanto che, in un certo momento, ne ebbi persino una impressione di “animosità politica” (che era congeniale) perchè l’esercizio del suo potere di controllo straordinario mi sembrò spinto, ai limiti dell’eccesso rispetto alle attribuzioni istituzionali.
A ciò fui indotto dalla considerazione delle seguenti circostanze:
1) Anzitutto il rilievo dato, fin dal 25 luglio, ad un esposto anonimo denunciante presunte irregolarità negli appalti, esposto sulla cui sola base il Presidente ha chiesto lo svolgimento di accertamenti e l’adozione di conseguenti provvedimenti agli Assessori regionali della Pubblica Istruzione e degli Enti Locali, mentre non Li prassi dell’Amministrazione regionale la presa in considerazione di anonimi, salvo il caso che non suggeriscano interventi che l’Amministrazione avrebbe comunque autonomamente posti in essere;

2) Secondariamente, la forma del decreto che, contrariamente alla prassi di conferire gli incarichi ispettivi con semplice lettera è stata adottata per l’instaurazione di un procedimento ispettivo nei confronti del Comune di Palermo, come per mettere al riparo l’azione amministrativa da possibili eccezioni di forma dell’Ente sottoposto a controllo; inoltre l’insolita pienezza di poteri garantiti per l’operatività dell’ispettore incaricato; ed infine l’attribuzione allo stesso, anche questo con innovazione alla prassi, dell’incarico di “formulare anche concrete proposte sugli eventuali provvedimenti da adottare”;

3) Da ultimo, la legittimazione del Decreto di ispezione con riferimento alla norma dell’art. 2, lett. p) della legge 29 dicembre 1962, n. 28, la quale induce al presupposto dei “motivi di eccezionale gravità”. Veniva posta, così, in essere una ispezione straordinaria per le cui eventuali conclusioni di irregolarità il Presidente della Regione non avrebbe potuto attingere ad altro rimedio amministrativo che al più grave dei propri poteri sanzionatori (scioglimento del massimo organo deliberante dell’Ente soggetto in base all’art. 2, lett. O) della legge citata, salva l’ipotesi alternativa dell’esercizio di un potere di influenza politica sugli organi del Comune per l’esperimento di un loro autonomo rimedio in autotutela, come il Presidente ha poi tentato di realizzare nel caso in questione.
Alle predette circostanze, che allora mi sembrarono già di per sé sufficienti ad evidenziare l’importanza che il Presidente MATTARELLA intendeva attribuire al problema della regolarità delle procedure di appalto nel Comune di Palermo per la realizzazione di opere pubbliche finanziate dalla Regione, debbo ora collegare anche altri fatti verificatisi nel corso dell’ispezione (direttive, colloqui e comportamenti del Presidente), che evidenzierò più avanti e che hanno consolidato in me il convincimento di una decisa volontà dell’On. MATTARELLA di impedire la aggiudicazione degli appalti con procedure meno che limpide.
La lettera con cui il Presidente MATTARELLA sollecitava l’esperimento di opportuni accertamenti riguardo alle “presunte gravi irregolarità” denunciate con l’esposto anonimo del 7 luglio, era stata indirizzata agli Assessorati Regionali della Pubblica Istruzione e degli Enti Locali “per quanto di rispettiva competenza”, e cioè al primo in considerazione della materia (edilizia scolastica), al secondo in considerazione del suo potere istituzionale di ordinaria vigilanza sui comuni.
Le due diverse funzioni, benché sollecitate, non mi sembrarono correttamente esercitate.
Quanto all’Assessorato degli Enti Locali non risulta, infatti, agli atti della Presidenza, nessun riscontro alla lettera del Presidente.
L’Assessorato Regionale della Pubblica Istruzione, invece, ha dato riscontro alla richiesta presidenziale di accertamenti, proponendo però che essi venissero disposti direttamente dal Presidente.
Tale sostanziale ricusazione della responsabilità competente, richiamata dal Presidente con la sua lettera del 25 luglio, non mi sembrò trovare legittima spiegazione nella motivazione dichiarata “poiché la questione può interessare sfere di competenza di diversi Assessorati…”), poiché in materia di edilizia scolastica l’Assessorato della Pubblica Istruzione ha una competenza specifica con compiti anche di vigilanza sugli Enti obbligati alla realizzazione delle opere programmate.
D’altra parte è vero, al contrario, che l’Assessore alla Pubblica Istruzione si era già risolto, in un primo tempo, a disporre con proprio provvedimento lo svolgimento di indagini presso il Comune di Palermo proprio sulla materia degli appalti per la costruzione degli edifici scolastici del primo programma triennale.
Di tale provvedimento io stesso ho potuto prendere visione nell’ufficio del Dott. CAPPELLANI, Coordinatore del gruppo di lavoro Edilizia scolastica e arredamenti, che lo conserva in atti, e dallo stesso ho avuto comunicazione dei nominativi dei due funzionati incaricati delle indagini, il Dott. GRILLONE e il Dott. GENTILE.
Sempre dal Dott. CAPPELLANI, ho appreso che il motivo di questa vera e propria anomalia di comportamento degli organi dell’Assessorato fu dovuto all’ostinato rifiuto dei due funzionari incaricati (ed in particolare del Dott. Giovanni GENTILE) ad eseguire l’incarico loro conferito con atto assessoriale perfetto.
Di fronte a tale rifiuto l’Assessore si sarebbe convinto, anche per la difficoltà di reperire altri funzionari disponibili cui affidare lo stesso incarico ispettivo, a modificare la precedente determinazione di fare eseguire le indagini ad organi dell’Assessorato, aderendo invece alla soluzione di ribaltare sul Presidente della Regione il compito di disporre la ispezione.
Non conosco i motivi della indisponibilità dei funzionari dell’Assessorato Regionale della Pubblica Istruzione a svolgere indagini presso il Comune di Palermo sulle procedure d’appalto; su questo punto posso soltanto riferire le seguenti circostanze, che mi sovvengono alla memoria come possibili espressioni di un clima, se non di paura almeno di cautela, del quale i due funzionari potevano avere risentito:
1) Agli inizi della mia ispezione, il Dott. CAPPELLANI mi disse che una sua relazione riservata, contenente rilievi sulla regolarità delle procedure seguite dal Comune di Palermo nelle gare d’appalto per la costruzione degli edifici scolastici, sarebbe stata oggetto di rielaborazione poiché la sua prima stesura, dopo il suo inoltro alla visione dell’Assessore, gli sarebbe stata restituita dal capo di Gabinetto, Dott. DI DIO, perché ritenuta troppo pesante nella forma, talché lo stesso Dott. CAPPELLANI avrebbe aderito all’invito ad una maggiore prudenza, rielaborandola.
Su tale episodio grava la riserva di una memoria imprecisa, che tuttavia non altera la impressione che ricordo di averne tratto di una preoccupazione e di una reticenza degli organi dell’Assessorato della Pubblica Istruzione nel trattare la questione degli appalti gestiti dal Comune di Palermo.
2) In occasione di un mio colloquio con il Dott. Nino DI DIO, agli inizi dell’ispezione, egli mi disse di apprezzare la scelta del Presidente sulla mia persona per quell’incarico perché la materia richiedeva un particolare equilibrio che egli mi riconosceva.

Per rafforzare questo giudizio il Dott. DI DIO lo contrappose al criterio seguito, nel trattare la questione degli appalti scolastici del Comune di Palermo, dal Dott. CAPPELLANI, che egli aveva ritenuto saggio richiamare amichevolmente – ad una maggiore prudenza.
E fu a tal proposito che egli ebbe ad usare, a mo’ di commento, la espressione: “A Palermo si spara per molto meno” (riferendosi alla entità del finanziamento complessivo previsto in circa sei miliardi per la costruzione delle scuole).
Ricordo bene che la battuta mi colpì non solo perché se ne poteva dedurre che il Dott. DI DIO ne sapesse più di quanto appariva riguardo ai rischi connessi ad una ingerenza della Regione negli affari interni del Comune in materia di appalti, ma anche perché essa mi apparve significativa del fatto che egli riteneva prevalente l’aspetto “affaristico” degli appalti in corso per l’edilizia scolastica a Palermo su un altro aspetto, che invece mi preoccupava e sul quale avevo richiamato la sua attenzione: il quadro, cioè, delle lotte di fazione interne alla Democrazia Cristiana, quadro a cui la stampa riferiva in quei giorni quello che venne definito un vero e proprio “tiro al piccione” nei confronti degli uomini appartenenti alla corrente dell’On. RUFFINI, che a Palermo erano oggetto di scandali a getto continuo (casi GIGANTI, CASTRO, CASCIO ecc…).
Che il Dott. DI DIO trascurasse quest’ultima chiave di interpretazione dell’attacco all’Assessore ai LL.PP. del Comune di Palermo LORELLO, in cui avrebbe potuto ridursi una ispezione regionale sugli appalti di scuole, è dimostrato dal fatto che egli non sapeva neppure che LORELLO fosse un fedele di RUFFINI, come si diceva, mentre invece lo riteneva amico dell’On. MATTARELLA.
Proprio perché infastidito dal dubbio che io potessi essere strumentalizzato, con l’affidamento dell’incarico ispettivo e con l’esercizio della mia funzione professionale, a fini di eventuale partigianeria politica, ed allo scopo di sottrarmi ad una eventualità del genere, mi attenni al proposito di chiudere al più presto la mia ispezione, limitandomi ai termini formali dell’incarico senza cedere alla tentazione, che mi è congeniale, di approfondire, scendere in dettaglio e dilungarmi con il che solitamente svolgo il mio impegno di lavoro.
Poiché il decreto di incarico mi commetteva di “effettuare accertamenti… allo scopo si verificare la regolarità delle procedure preliminari adottate” per l’appalto delle scuole e di “formulare anche concrete proposte sugli eventuali provvedimenti da adottare”, ritenni pertanto di limitarmi a queste due finalità nei termini più formali possibili.
E poiché fin dalle prime battute dell’ispezione mi fu subito chiara la possibilità di concludere dignitosamente, con l’accertamento di alcune irregolarità e con la proposta di una sospensione immediata delle procedure d’appalto in funzione di una loro riproduzione ex novo con attività più legittima, in data 12 novembre 1979 presentai una relazione con la quale riferivo sui vizi di legittimità riscontrati soprattutto nei bandi di appalto-concorso e nelle deliberazioni di esclusione dalle gare di alcune imprese e proponevo un intervento urgente e diretto del Presidente MATTARELLA sugli Organi del Comune per conseguire la sospensione della aggiudicazione degli appalti, nonché un intervento mediato attraverso “i competenti organi di ordinaria vigilanza” (Assessorati alla Pubblica Istruzione ed agli Enti locali) per indicare al Comune la modalità corrette attraverso cui avrebbe dovuto procedere alla reiterazione delle procedure d’appalto.
Tale relazione, presentata prima della scadenza dei limiti di tempo fissati nel decreto d’incarico (peraltro ordinatori e per prassi solitamente non rispettati in relazione alle esigenze operative degli accertamenti), venne da me stesso consegnata all’ufficio del Segretario Generale nonché personalmente al Capo di Gabinetto del Presidente Dott.ssa TRIZZINO, alla quale verbalmente feci inoltre presente quanto segue:
1) che dal punto di vista formale la ispezione era considerata conclusa, avendo io adempiuto ai compiti fissati nel decreto presidenziale di incarico;
2) che, tuttavia, la mia relazione volutamente si prestava a non essere considerata conclusiva (e conseguentemente l’attività ispettiva avrebbe potuto essere protratta), qualora ciò potesse servire a tenere il Comune sotto pressione finché non avesse deliberato formalmente di sospendere le procedure per l’aggiudicazione degli appalti;
3) che io ero personalmente restio a proseguire le indagini, perché consideravo rischiosi approfondimenti che avrebbero teoricamente ed eventualmente potuto condurre a rilievi di carattere penale, trattandosi peraltro di una ricerca estranea ai compiti istituzionali;
4) che ero restio a tale prosecuzione, anche perché la materia degli appalti è notoriamente “spinosa” per le possibili correlazioni di natura indefinibile fra organi del Comune di Palermo e taluni ambienti di appaltatori, il che avrebbe potuto comportare anche situazioni difficili;
5) che, da un punto di vista strettamente amministrativo, le conclusioni cui ero pervenuto nella mia relazione rappresentavano il massimo risultato possibile (rilievo di irregolarità e conseguente ripercorso dell’iter amministrativo per l’esperimento degli appalti, anche mediante la sola riapertura dei termini per la presentazione delle domande di partecipazione alle gare);
6) che suggerivo al Presidente l’opportunità di un intervento immediato e pressante (con lettera) per ottenere il risultato della sospensione degli appalti;
7) che, da un punto di vista politico, il Presidente MATTARELLA avrebbe potuto ritenersi soddisfatto di un tale risultato, potendosi a lui ascrivere il merito di avere tempestivamente bloccato una operazione che appariva poco limpida;
8) che, comunque, rimanevo disponibile alle istruzioni che il Presidente mi avrebbe impartito.

Il Presidente MATTARELLA ebbe la relazione lo stesso giorno, la lesse e la condivise, come poi mi confermò la Dott.ssa TRIZZINO; telefonò immediatamente al Sindaco MANTIONE, da cui ottenne l’assicurazione che il Comune aveva deciso di “bloccare tutto”, ne diede atto in un appunto autografo in calce all’originale della mia relazione; inoltre diede istruzioni alla Dott.ssa TRIZZINO.
Quando, l’indomani, mi recai a colloquio con essa, la Dott.ssa TRIZZINO mi comunicò il contenuto di tali istruzioni che erano le seguenti:
1) Il Presidente aveva disposto che la Segreteria Generale elaborasse una lettera da indirizzare all’Assessorato Regionale della Pubblica Istruzione, in conformità alle proposte da me formulate nella relazione ispettiva;
2) il Presidente desiderava che l’ispezione continuasse “anche se dovessero emergere rilievi penali”

Quanto alla prima direttiva, la Dott.ssa TRIZZINO la trasmise telefonicamente in mia presenza al Segretario Generale, Dott. Sergio GRIFEO, che, dopo una breve polemica sulla necessità di tenere l’originale e non una copia della mia relazione, mi convocò immediatamente ed in mia presenza diede istruzioni al suo collaboratore Dr. MICELI per la redazione di una lettera da inviare, come si concordò sul momento dietro mio suggerimento, non solo all’Assessorato della Pubblica Istruzione ma anche a quello degli Enti Locali per la eventualità che fosse necessario ricorrere in seguito ai suoi poteri sostitutivi nei confronti del Comune in caso di renitenza.
Il Dott. GRIFEO non mancò, in quella occasione, di criticare punto per punto le deduzioni della mia relazione che non condivideva affatto; e poiché, ciò malgrado, si attenne alle direttive presidenziali, ne ricavai l’impressione che volesse in ogni modo sottolineare questa sua divergenza con il Presidente.
Tanto più ne rimasi perplesso, in quanto collegai la circostanza col fatto che l’ispezione aveva la caratteristica formale di un’altra novità assoluta: mentre infatti tutti i precedenti incarichi ispettivi pervenivano in arrivo all’ufficio ispettivo (protocollate in partenza dal Gabinetto o dalla Segreteria Generale), questo mio per la prima volta nasceva cartolarmente da un provvedimento protocollato in partenza dall’ufficio ispettivo, per disposizione del Dott. GRIFEO.
Più avanti, alcuni giorni dopo, la circostanza di quel ribadito distinguo del Dr. GRIFEO dall’orientamento del Presidente, mi tornò in mente quando appresi dalla stampa che egli si era dimesso per contrasti di fondo con il Presidente.
Come altri colleghi, ritenni che le dimissioni del GRIFEO, annunciate per febbraio, sarebbero potute rientrare qualora la crisi di governo, frattanto aperta, avesse prodotto la sostituzione di MATTARELLA dalla carica di Presidente.
Quanto alla seconda direttiva, che mi riguardava direttamente, debbo dire che mi vi adeguai certamente (riprendendo a recarmi in Comune per la consultazione degli atti ed elaborando appunti) ma con una riserva circa i tempi di esecuzione, nel senso che, siccome consideravo sostanzialmente esaurito il mio compito, non solo reputavo gli accertamenti che avrei potuto ulteriormente effettuare insuscettibili di modificare (ma semmai integrare con più minuziosi dettagli) le conclusioni cui ero già pervenuto, ma ritenni anche di potere proseguire il lavoro senza l’urgenza originariamente disposta ed ormai superata, e prevalentemente in funzione di supporto (con il prosieguo di una lenta ma presente attività ispettiva presso il comune) all’azione del Presidente e dell’Assessorato della Pubblica Istruzione per la definitiva e coerente conclusione della vicenda nel senso da me proposto ed accettato dal Presidente MATTARELLA.
Ricordo di avere comunicato questa mia disposizione d’animo anche alla Dott.ssa TRIZZINO, alla quale precisai pure, scherzosamente, che tale mio atteggiamento era suggerito dalla preoccupazione di poter “finire in una betoniera”, data la materia e data la decisione con cui avevamo (il Presidente ed io) messo le mani nel mondo palermitano degli appalti.
D’altronde, da un punto di vista professionale, ero in una posizione corretta potendo sempre giustamente sostenere che avevo esaurito l’incarico, tanto che il Presidente aveva approvato le mie conclusioni, dandovi seguito in effetti anche con atti ufficiali.
Permanevano, però, in me la perplessità sull’assicurazione del Sindaco data telefonicamente al Presidente, che il Comune aveva “deciso di bloccare tutto”.
Temevo, infatti, che il Sindaco si riferisse, più che ad un impegno di deliberare formalmente la sospensione del processo di aggiudicazione degli appalti in coerenza con le motivazioni giuridiche da me suggerite, a quanto era già stata fatto dal Comune (prima ancora della telefonata del Presidente MATTARELLA) e che si prestava a determinare una situazione di ambiguità ed incertezza.
Mi riferisco a quanto operato dall’Assessore comunale ai Lavori Pubblici LORELLO, nella sua qualità di Presidente delle Commissioni giudicatrici dei sei progetti-offerta per gli appalti-concorso delle sei scuole.
In data 10 novembre 1979, due giorni prima, cioè, della presentazione della mia prima relazione ispettiva, ma indipendentemente, l’Assessore LORELLO, presiedendo una delle sei commissioni, propose, ottenendo assenso unanime, di sospendere i lavori essendo in corso una ispezione regionale di breve durata.
Era pertanto molto probabile che il Sindaco, nella conversazione di due giorni dopo col Presidente MATTARELLA, intendesse riferirsi, con l’espressione “il Comune ha deciso di bloccare tutto”, esattamente alle determinazioni dell’Assessore LORELLO.
Tanto più che questo aveva dichiarato in commissione di ritenere “la necessità che sull’argomento si pronunzi la Giunta Municipale”.
Poiché una tale pronuncia della Giunta Municipale non risulta essere intervenuta (e ciò ancora a tutt’oggi), almeno non a livello di formale atto deliberativo (anche se può ipotizzarsi una irrituale presa d’atto, eventualmente risultante dai verbali della Giunta, del proposito dell’Assessore LORELLO di non procedere ad ulteriori convocazioni delle commissioni giudicatrici), avevo motivo di supporre che le assicurazioni del Sindaco date al Presidente circa il “blocco” delle operazioni fossero state date e recepite in buona fede, ma sulla base di un equivoco, che avrebbe potuto risolversi negativamente una volta cessata la pressione della Regione (o con la chiusura dell’ispezione o con la sostituzione del Presidente MATTARELLA, data la crisi di Governo in corso) mediante una possibile ripresa delle. procedure di aggiudicazione al punto in cui esse erano state sospese, potendosi rilevare quindi che “blocco” stava per “sospensione di fatto” nel lessico comunale.
Mi preoccupavo anche che queste perplessità fossero presenti anche al Presidente MATTARELLA.
Come ho già detto, dal punto di vista formale, potendo legittimamente considerare esaurito il mio compito, non avrei dovuto preoccuparmi degli esiti successivi alla mia relazione del 12 novembre; ma poiché il Presidente mi aveva posto, colla direttiva verbale di proseguire le indagini, in una posizione imbarazzante, e poiché dal punto di vista della mia serietà professionale giudicavo più positivo che le mie deduzioni ispettive conseguissero un risultato concreto in una conclusione dell’intera vicenda ad esse conformi, in data 23 novembre ’79 mi sono risolto a presentare un secondo stralcio di relazione, limitato alla materia delle commissioni giudicatrici, che era uno degli argomenti che andavo via via approfondendo nel corso del seguito di ispezione fondato sulla direttiva verbale del Presidente.
In tale relazione evidenziavo che “la sospensione dei lavori di una sola commissione giudicatrice… non soddisfa pienamente…. l’esigenza e… l’urgenza di pervenire tempestivamente, in via cautelativa, ad un provvedimento di sospensione delle aggiudicazioni degli appalti”, ed avvertivo anche che “fino a quando l’amministrazione comunale non abbia formulato espressamente con apposito atto deliberativo la propria volontà di non concludere l’iter degli appalti concorso per riformarne gli atti preliminari onde procedere ad una modifica sostanziale delle gare in funzione dell’interesse pubblico di disporre di una pluralità di offerte, rimane sempre viva la possibilità che le commissioni giudicatrici… riprendano e concludano i propri lavori”.
La relazione del 23 novembre venne da me consegnata all’ufficio del Segretario Generale, che la fece pervenire al Presidente con una nota di accompagnamento del 27 novembre (prot. n. 509) a firma del dirigente coordinatore del servizio ispettivo.
Sull’originale di tale nota di accompagnamento il Presidente annotò, il 28 novembre, una puntata duramente polemica nei confronti della Segreteria Generale e del servizio ispettivo, che non avevano sentito il dovere di formulare proposte.
Da tale annotazione risulta chiaramente che il Presidente abbia ritenuto il convincimento che il Segretario Generale non condividesse le conclusioni della- mia relazione, tanto che dispose per iscritto l’invio all’Assessorato regionale della Pubblica Istruzione della mia relazione, insieme ad una bozza di lettera di accompagnamento minutata da lui stesso o dal suo Gabinetto, in cui si invitava l’Assessorato ad assumere le iniziative conseguenti ed opportune, indicando in particolare quella di invitare il Comune ad esercitare i propri poteri di autotutela nel senso da me rappresentato.
L’Assessorato della Pubblica Istruzione, che aveva già scritto al Comune sulla base della mia prima relazione del 12 novembre, non ha ritenuto che la seconda relazione, pervenutagli con la lettera del Presidente sopra detta, aggiungesse nuovi elementi sufficienti a giustificare un secondo intervento sul Comune e se ne è astenuto fino al 14 gennaio 1980, dopo la morte del Presidente, data in cui ha inviato al Comune una nota di sollecito del riscontro alla prima lettera fondata sui rilievi della mia prima relazione, senza far cenno al contenuto della seconda.
Sta di fatto che fino alla data della morte del Presidente il Comune non ha dato alcun riscontro epistolare (né all’Assessorato della Pubblica Istruzione, né all’Assessorato Enti Locali, né alla Presidenza della Regione) che potesse rivelare un qualsiasi atteggiamento (se non quello noto della sospensione temporanea) riguardo alla sorte degli appalti, che rimanevano pertanto sempre in procinto di essere aggiudicati malgrado la decisa serie di interventi del Presidente MATTARELLA.
Immediatamente dopo l’uccisione del Presidente, 1’8 gennaio ’80, giornata di lutto cittadino, il Comune rompe il silenzio con una lettera (prot. n.165/SG/SZ 1) indirizzata all’Assessore della Pubblica Istruzione, a quello degli Enti locali ed al Presidente della Regione, nella quale sostanzialmente respinge tutti i rilievi formulati dalla Regione pur dichiarandosi disponibile ad un incontro.
Per aggiungere un altro elemento a riprova della decisione con cui il Presidente MATTARELLA aveva perseguito lo scopo di bloccare l’operazione, riferisco il seguente particolare.
Il 29 novembre 1979, il Presidente aveva fissato un colloquio al Sindaco MANTIONE per le ore 12,00, come ho appreso dalla Dott.ssa TRIZZINO.
Non so se il colloquio avvenisse su richiesta del Sindaco (come tuttavia mi pare di aver capito) o per la convocazione del Presidente.
Questi, che il giorno precedente aveva dato disposizione scritte per l’invio della lettera sopra citata, ebbe cura di raccomandare alla Dott.ssa TRIZZINO che la lettera stessa venisse indirizzata all’Assessorato della Pubblica Istruzione con data e protocollo del 28 novembre ancorché materialmente spedita il 29 mattina, allo scopo di potere ricevere il Sindaco al coperto da possibili ripensamenti e di potergli opporre, nella eventualità di prevedibili richieste in difformità alla linea da lui seguita, il fatto compiuto di una disposizione già ufficialmente ribadita nel senso della sospensione e del rifacimento delle gare d’appalto.
Debbo a questo punto aggiungere che, al momento della presentazione della mia relazione del 23 novembre, ritenni doveroso inoltrare al Presidente anche una lettera riservata nella quale, oltre a richiamare la sua attenzione sulla poca attendibilità delle assicurazioni verbali del Sindaco, in quanto esse erano fondate su una sospensione di fatto pura e semplice della procedura di aggiudicazione degli appalti, avanzavo la proposta della acquisizione “da altri organi dell’ordinamento pubblico” (intendendo magistratura e polizia), di “elementi ed informazioni sulla personalità e. sui precedenti dei titolari delle sei imprese palermitane, uniche presentatrici di offerte, e sulle rispettive zone di influenza in relazione alle aree prescelte per la realizzazione delle sei scuole”.
Nella stessa lettera riservata, coglievo l’occasione per ribadire, in conclusione, che l’ispezione di cui ero stato incaricato poteva considerarsi esaurita, in quanto un suo eventuale prosieguo non avrebbe potuto condurre, sul piano amministrativo, a conclusioni diverse da quelle cui ero già pervenuto.
La lettera venne protocollata con lo stesso numero e data, come è prassi, dello stralcio di relazione che vi era allegata.
Quest’ultima, però, era stata formulata in modo da non richiedere necessariamente di essere inoltrata in allegato a lettera di accompagnamento, avendo una sua formale autonomia.
Ciò mi consentì di inoltrare alla Segreteria Generale soltanto lo stralcio di relazione, mentre la lettera riservata venne da me sigillata in busta e personalmente da me consegnata alla Dott.ssa TRIZZINO, alla quale dissi:
– “La prego di non considerare irriguardoso nei suoi confronti il fatto che le consegno in busta chiusa una lettera indirizzata al Presidente. Trattandosi di un riserbo a tutela del Presidente, io ho il dovere di comportarmi così, salvo il suo diritto di comportarsi come crede, dato il suo rapporto fiduciario col Presidente”.

La dott.ssa TRIZZINO non mostrò di aversene a male e mi assicurò che avrebbe consegnato la busta chiusa. Allora aggiunsi:
– “La prego di riferire al Presidente da parte mia che se egli ritiene inopportuno il contenuto di questa riservata, me lo dica con franchezza, e la lettera sarà come non scritta. A tal fine garantisco che non ho ancora acquisito agli atti la sua minuta”.

A motivazione della insolita prassi che suggerivo aggiunsi ancora:
“Questa busta odora di mafia, ed io non mi sento di coinvolgere altri, nè di esporre il Presidente su un terreno pericoloso”.
Dopo alcuni giorni, il 28 novembre, la Dott.ssa TRIZZINO mi diede la risposta del Presidente.
Riguardo allo stralcio di relazione, la risposta era nel senso che ho già detto (lettera alla P.I.); riguardo alla riservata, la Dott.ssa TRIZZINO mi disse testualmente:
– “Dice il Presidente: la lettera resta” agli atti.

Appena possibile, quindi, ne inserii la minuta nel fascicolo (ho saputo dopo che il Segretario Generale rimase sorpreso di trovarla come per incanto nello stesso fascicolo che aveva consultato altre volte senza vederla).
Intrattenendomi ancora nell’ufficio della Dott.ssa TRIZZINO per commentare le decisioni del Presidente, mostravo di esserne soddisfatto perché essa chiudeva la fase ispettiva in vista di una soluzione radicale del problema di garantire una corretta gestione degli appalti per la costruzione delle scuole.
Dicevo, infatti, che il Presidente non aveva poteri amministrativi di intervento idonei allo scopo, essendo giuridicamente non ipotizzabile il ricorso alla sanzione dello scioglimento del Consiglio comunale, unica arma in suo potere, oltre, ovviamente, quella dell’influenza politica in funzione dell’esercizio del potere di autotutela del Comune.
Una scelta diversa, che scontasse una insistenza nell’ispezione amministrativa – dicevo – avrebbe potuto dare, oltretutto, solo il risultato di esporre me personalmente al rischio, e concludevo scherzando:
– Poi, lui continua a fare il Presidente della Regione, ed io finisco in una betoniera!
Era presente anche il Dr. CROSTA.
Ad un tratto, mentre ancora ridevamo, si aprì la porta: era il Presidente che, vedendomi allegro, mi complimentò, chiedendomi dei miei figli mentre mi avvicinavo a lui ancora fermo sulla soglia.
Subito entrai nel vivo della questione che mi aveva interessato, dicendogli qualcosa come:
“Bisogna andarci piano, siamo su un terreno scivoloso”.
Intervenendo, allora, la Dott.ssa TRIZZINO, celiando disse:
– “Presidente, dice il Dott. MIGNOSI che, poi, Lei continua a fare il Presidente, e lui finisce nel cemento”.
– “Io finisco nel cemento” – rispose MATTARELLA, guardandomi.
– “Ma no, Presidente” – replicai – “che c’entra? Lei è il Presidente della Regione”.
– “Non è così” – insistette, e fece un gesto come per dire che sapeva bene quello che diceva, ed aggiunse, come per fare una concessione:
– “Diciamo che ci finiamo tutti e due”
– e si allontanò nel salone dandomi appena il tempo di aggiungere:
– “Magari in due plinti contigui!”
– ad alta voce, perché lo scherzo non pareva richiedere, allora, cautele di riservatezza.

Lasciato il Presidente, ero combattuto da opposti sentimenti: da un lato ero contento di poter considerare chiusa l’ispezione amministrativa, il che mi consentiva di estraniarmi alla vicenda; dall’altro ero preoccupato per aver contribuito, sia pure con la cautela che ho riferito, alla decisione scelta dal Presidente, che consideravo molto difficile.
Avvicinai il Dr. Felice CROSTA, Consigliere del Presidente, nel suo ufficio e, continuando a commentarne la disposizione, ne lodai il coraggio dicendo:
– “ha scelto la via giusta. Era inutile proseguire un’azione strettamente amministrativa; su questo piano, al di là delle mie proposte non si può andare: occorre la volontà di autotutela del Comune. Se il Presidente vuole andare più in fondo, non deve fare altro che prendere il telefono e chiamare il Procuratore Generale o il Questore…” Il Dr. CROSTA mi guardò con intenzione e disse, assentendo:
– “Ma io credo che…” e chinava la testa lasciandomi capire che il Presidente lo avesse già fatto o intendesse farlo.
Non ho approfondito: ancora oggi ignoro se il Presidente abbia interessato organi qualificati, ufficialmente o confidenzialmente, per indagini sugli appaltatori di natura diversa da quella amministrativa. E’ vero che ne chiesi poi notizie alla Dott.ssa TRIZZINO, ma questa mi rispose di non esserne al corrente, aggiungendo che per questo genere di affari il Presidente si avvaleva della collaborazione del Dr. CROSTA.
Il successivo 30 novembre, due giorni dopo, rividi il Presidente.
Ero andato a chiedere alla Dott.ssa TRIZZINO, che però mi disse che non aveva avuto occasione di informarsene, notizie sull’incontro del Presidente col Sindaco MANTIONE.
Anche in quell’occasione, il Presidente giunse all’improvviso nell’ufficio di Gabinetto, di passaggio verso una riunione che era già in corso al piano terreno.
Lo accompagnai per chiedergli notizie “di prima mano” sul suo colloquio col Sindaco. Mi rispose che era andato “benissimo”:
– “MANTIONE Li una persona seria. Mi ha garantito che rifaranno la gara d’appalto”.
– “Sono contento – gli dissi – è la soluzione migliore per tutti. Avevo il timore che al Comune non fossero in condizione di tirarsi indietro, pur con tutta la buona volontà. Potevano avere degli impegni… e non riuscire a svincolarsi”.
Mi rispose:
– “Non ci sono problemi. Faranno una delibera di revoca, anziché di annullamento. E’ giusto che salvino la faccia. Gli ho persino suggerito la motivazione: poiché siamo in presenza di una sola offerta; considerato l’interesse del Comune ad avere una possibilità di scelta fra una pluralità di progetti, ecc.”.
Aggiunse anche:
– “Il problema è chiuso. Ora possiamo rientrare…”
Capii che si riferiva all’ispezione e gli chiesi:
– “Benissimo, Presidente – e, mentre mi salutava ai piedi dello scalone, aggiunsi: “Lei può essere soddisfatto: ha raggiunto il risultato di rimettere le cose a posto”. Ricordo che successivamente, subito dopo la morte del Presidente MATTARELLA, quanto avevo appreso da lui circa i suoi colloqui col Sindaco MANTIONE mi è tornato dolorosamente alla memoria, perché il Presidente non era arrivato a coronare il suo intendimento poiché, infatti, gli impegni che egli mi diceva essere stati assunti dal Sindaco riguardo agli appalti scolastici non si erano ancora verificati.
Come ho già detto, il Comune di Palermo, dalla data dei primi esposti (luglio ’79) che denunziavano pretese irregolarità nello svolgimento delle gare di appalto, per tutta la durata dell’ispezione, fino alla data della morte del Presidente MATTARELLA, ha mantenuto il silenzio sull’intera vicenda sia dal punto di vista della emanazione di atti deliberativi, sia da quello della corrispondenza con la Regione” (cfr. Fot. 614927 Vol. II).

Si è riportato quasi interamente il promemoria del Dr. MIGNOSI, perché esso bene esprime la tensione e la sensazione di poricolo che quell’incarico ispettivo determinò non solo nel funzionario ma, quel che più conta, nello stesso Presidente della 577-, Regione, come Li stato confermato – secondo quanto si Li visto all’inizio di questo capitolo – dalla Sig.ra TRIZZINO, dall’On. Sergio MATTARELLA e dallo stesso Dr. CROSTA, il quale riferiva alla Squadra Mobile di essere stato presente ad` un colloquio tra il Presidente ed il Dr. MIGNOSI.
Il CROSTA precisava che, nel corso di questo, «il MIGNOSI aveva fatto rilevare che a séguito della sua ispezione, si sarebbero potuto verificare “reazioni”» e l’On. MATTARELLA aveva risposto che «se ci fossero state reazioni, a tali reazioni sarebbe stato interessato lui e non certo l’ispettore».
E’ peraltro da aggiungere che il Dr. CROSTA ha aggiunto che «in tale occasione il Presidente MATTARELLA aveva detto che comunque il problema si poteva considerare ormai superato, giacché se non ricordo male, nella stessa mattinata aveva avuto un colloquio nel suo ufficio con il Sindaco e con l’Assessore LORELLO, i quali gli avevano assicurato che avrebbero senz’altro proceduto al rinnovo di tutta la procedura relativa all’aggiudicazione degli appalti» (Fot. 615492, Vol. III). L’importanza attribuita alla questione dal Presidente MATTARELLA appare palese da tutto quanto precede.
Va sottolineato in questa sede, rimandando ad un approfondimento successivo, che nella vicenda l’azione dell’on. MATTARELLA fu pressante, nuova nelle forme giuridiche adottate e sembrò addirittura – allo stesso dott. MIGNOSI – motivata in un primo tempo da “interessi politici”.
Pertanto, il tasso di esposizione del Presidente MATTARELLA fu elevato, se è vero (come è vero) che per tale iniziativa spesso, sia lui sia il MIGNOSI, ebbero a pensare – ancorché tra il serio ed il faceto – di potere “finire nel cemento”.
E, peraltro, si deve osservare che, ancora di recente, anche il Prof. Leoluca ORLANDO CASCIO, già stretto collaboratore del Presidente MATTARELLA e poi Sindaco della città’ di Palermo dal 1985 41 1990, ha sottolineato l’importanza della «attenzione, anche amministrativa, (da parte del Presidente assassinato) per la vita comunale palermitana», rilevando che fu «certamente di grande rilievo simbolico l’ispezione disposta sugli appalti per la costruzione di alcune scuole».
Il Prof. ORLANDO ha poi aggiunto che:
«tali scelte furono rese possibili tanto per la
particolare ampia maggioranza che sosteneva il primo governo MATTARELLA, quanto per la stessa determinazione ed autorevolezza del Presidente».
Ha sottolineato, infine, che:
«Il Comune di Palermo. prima di MATTARELLA, appariva politicamente una zona “off limits”, egemonizzata da un “comitato di affari” che vedeva nei CASSINA, nei VASSALLO ed in altri imprenditori l’espressione economica e che vedeva in CIANCIMINO e nei suoi amici (dentro e fuori la D.C.) espressioni politiche». (29.5.1990, Vol. LXIX, Fot. 919394).
Appare doveroso osservare, a proposito dell’incidenza dell’intervento personale del Presidente MATTARELLA, che una ispezione ordinaria – disposta dall’Assessorato Regionale Enti Locali nei confronti del Comune di Palermo sui tema degli appalti in data 7.12.1979 – alla data del 7 maggio 1981, per difficoltà burocratiche di varia natura, non era stata ancora completata ed anzi doveva avere ancora effettivo inizio (cfr. dichiarazioni di LO FRANCO, DI VITA e MIGLIACCIO (Fott. 617239, 617243, 617270, Vol. IX).
Alla vicenda relativa all’indagine sulle sei scuole, memoria difensiva della p.c. PCI-PDS del 30.5.1991 dedica una parte, in cui – rifacendosi peraltro agli atti del processo per l’omicidio del Procuratore della Repubblica dott. COSTA – lamenta che certe indagini delegate dal P.M. alla G. di F. il 14.7.1980 non vennero più espletate, di fatto, dopo la morte del compianto Magistrato.
Al riguardo, non potendosi assolutamente entrare, in questa sede, nel merito di altro processo, giova solo precisare che – dagli atti di questo processo – emerge che 1′ istruttoria sommaria fu condotta esclusivamente dal P.M. dott. Pietro GRASSO (ovviamente, in un ufficio gerarchicamente organizzato, con l’intesa di massima col Procuratore capo).
Inoltre, l’importanza fondamentale attribuita a quell’indagine, su cui l’organo di p.g. delegato ebbe a riferire con rapporto definitivo del 28.3.1981, appare obbiettivamente sovradimensionata per due motivi logici:
1) il dott. GRASSO continuò a seguire l’istruttoria, anche dopo la formalizzazione, ed essa rimase nelle mani del Cons. Istr. CHINNICI (che, si assume nella stessa memoria, aveva avuto frequenti contatti col Proc. COSTA) per circa tre anni, di talché se il dott. CHINNICI avesse pensato che la stessa era fondamentale per le indagini, non avrebbe omesso di perseguirla con tutti i mezzi (invero notevoli) di cui era capace;
2) l’indagine, secondo quello che si è detto, portava in rotta di collisione l’azione dell’on. MATTARELLA con interessi mafiosi e questo, come diffusamente chiarito nel presente: provvedimento emerge pacificamente, onde non si vede sotto un profilo eminentemente probatorio – quale ulteriore contributo al processo sarebbe potuto venire da quegli asseriti accertamenti “inevasi”, atteso che (si dirà chiaramente in prosieguo) in “Cosa Nostra” l’esistenza di un «problema MATTARELLA è pacifico, tanto che il BONTATE (cui il “gruppo INZERILLO” delle sei scuole era notoriamente vicino) aveva certamente dato il suo assenso di massima – come lo stesso INZERILLO – alla risoluzione del «problema», nei termini che appresso saranno dettagliatamente chiariti.

 

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