La Cupola sapeva e non sapeva…

Anche l’omicidio dell’on. MATTARELLA è stato naturalmente oggetto degli interrogatori resi da quegli esponenti di “Cosa Nostra”, che hanno deciso di collaborare con la giustizia.
In particolare, un contributo – se pur nei limiti che si indicheranno – è venuto dal BUSCETTA e dal MARINO MANNOIA, mentre nulla di specifico ha riferito il CALDERONE, ad eccezione del fatto che un omicidio di questa importanza non poteva che essere stato deciso dalla “commissione” di “Cosa Nostra” per l’assoluta mancanza di reazione- dopo l’evento – da parte della stessa (il che non sarebbe affatto avvenuto in caso di diversa matrice).
Rinviando ad altra parte del presente provvedimento l’analisi delle loro dichiarazioni sui temi più generali della struttura di “Cosa Nostra” e del ruolo della “Commissione”, è opportuno riportare qui, testualmente, quanto è stato specificamente riferito in ordine all’omicidio del Presidente della Regione.
Va anche rilevato che sia il BUSCETTA (v. interrogatorio al G.I. del 4.12.84) sia il MARINO MANNOIA (v. interrogatorio alla Corte di Assise di Appello del maxi-uno) hanno esplicitamente ammesso la loro reticenza sui «fatti molto gravi che investono questioni politiche», nella convinzione che un turbamento degli equilibri troppo traumatico possa determinare una battuta d’arresto, gravissima, nell’attività degli inquirenti».
Tuttavia, come detto in precedenza, il contesto delle loro dichiarazioni è stato comunque utilissimo per ricostruire le responsabilità dei mandanti anche dell’omicidio MATTARELLA.
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BUSCETTA TOMMASO
In data 21 luglio 1984, BUSCETTA Tommaso dichiarava al G.I. di sapere che «MATTARELLA è stato. ucciso su mandato della “Commissione” e su ispirazione di Salvatore RIINA» e che «anche l’on. REINA è stato ucciso su mandato di RIINA».
Dopo aver aggiunto che «le vicende sono molto complesse e che diversi sono i responsabili di tali assassini», ha voluto «sottolineare vigorosamente che nessun omicidio può essere compiuto nella zona di influenza di una determinata “famiglia”, senza il benestare del capo della “famiglia” stessa.
Per gli omicidi di maggiore rilievo occorre poi il consenso della “Commissione”.
Trattasi di procedure che non soffrono eccezione» (Fot. 450010).
Quattro giorni dopo, il 25 luglio 1984, il BUSCETTA riprendeva l’argomento affermando:
«Per quanto concerne gli omicidi di Boris GIULIANO, di Cesare TERRANOVA, di Pier Santi MATTARELLA so per certo, per averlo appreso da Salvatore INZERILLO, che trattasi di omicidi decisi dalla “Commissione” di Palermo, all’insaputa di esso INZERILLO e di Stefano BONTATE ed anche di Rosario RICCOBONO.
Anche questi omicidi hanno determinato l’allargamento del solco esistente tra BONTATE ed INZERILLO, da un lato, ed il resto della “Commissione” dall’altro» (Fot. 450031).
In data 1 febbraio 1988, infine, il BUSCETTA, interrogato dal Giudice Istruttore in U.S.A. a proposito delle propalazioni anche auto-accusatorie di GALATI Benedetto sull’omicidio MATTARELLA (delle quali, si dirà) e del concorso dei “neri”, ha soggiunto:
“Circa, poi, la c.d. “pista nera” nulla mi risulta.
Posso, dire, però, che io sono andato a Palermo per un breve permesso, nel marzo Ottanta, ed ho incontrato un po’ tutti i personaggi più importanti di “Cosa Nostra” e non ho sentito neppure un minimo accenno all’eventualità che gli assassinii potessero essere di matrice eversiva.
Il significato di ciò può essere colto solo da chi appartiene a “Cosa Nostra”; bisognerebbe sapere, infatti, con quanta meticolosità la commissione di “Cosa Nostra” si interessa delle vicende anche banali di associati o estranei, per rendersi conto che fatti di tale gravità, come l’omicidio del Presidente della Regione, non potevano essere passati sotto silenzio, senza pervenire a conclusioni abbastanza sicure.
Come ho detto stamattina, INZERILLO Salvatore ha perso il mandamento di Carini per non aver saputo dare esaurienti spiegazioni in commissione circa gli autori e i moventi di un banale omicidio, quello cioè di un certo LEGGIO.
Dopo l’omicidio di MATTARELLA, invece, MADONIA Francesco, nella cui zona è avvenuto l’omicidio, non ha avuto noie di alcun genere.
Né è successo nulla dopo l’omicidio dell’on. REINA né, ancor prima, a seguito della scomparsa di DE MAURO Mauro” (cfr. f. 816 vol. int. Calderone).
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MARINO MANNOIA FRANCESCO
In data 8 ottobre 1989, MARINO MANNOIA Francesco dichiarava al G.I.:
“Per quanto riguarda l’omicidio di MATTARELLA Piersanti, tralascio qualsiasi considerazione e mi limito ai fatti.
Io ero tra gli uomini più fidati di BONTATE Stefano e, insieme con pochi altri, dipendevo direttamente da lui senza intermediazione di capo decina, sottocapo e consigliere.
Quindi, ero in grado di sapere se la nostra famiglia, e BONTATE Stefano in particolare, vi fosse coinvolta. Ebbene, a meno che il BONTATE mi avesse taciuto fatti di questa rilevanza, e ciò mi sembra assolutamente improbabile, debbo dire che egli non solo non era al corrente degli autori e dei motivi dell’uccisione, ma anzi appariva particolarmente contrariato.
E’ certo che, a dire del BONTATE, in sua presenza questo omicidio non venne discusso in commissione; tuttavia era certo peA. tutti noi appartenenti a “Cosa Nostra” che si trattasse di omicidio di mafia, anche se ne ignoravamo, almeno io, i veri motivi.
Solo in via di ipotesi, si supponeva che potesse essere stato o INZERILLO Santo o PRESTIFILIPPO Mario ma, ripeto, nessuno sapeva nulla di concreto su tale omicidio.
Non mi risulta che BONTATE Stefano avesse rapporti con l’on. MATTARELLA Piersanti” (cfr. f. 6 vol. int.).
Nuovamente interrogato in proposito, il 20 ottobre 1989, il MARINO MANNOIA soggiungeva:
“Ho appreso dai mezzi di informazione che ieri è stato emesso mandato di cattura nei confronti di due terroristi neri per l’omicidio MATTARELLA.
Nel ribadire quanto ho già detto in precedenza, rappresento alla S.V., per quanto possa essere utile, i seguenti fatti:
a) l’omicidio MATTARELLA non ha creato nessuno sconquasso in seno a “Cosa Nostra” ed alla “Commissione” in particolare e nessuna reazione all’esterno verso altri.
b) Se l’omicidio fosse avvenuto all’insaputa di “Cosa Nostra”, si sarebbe creata una situazione di allarme generalizzato e si sarebbe cercato in tutti i modi di capire cosa era realmente avvenuto e i motivi di tale uccisione;
c) né BONTATE Stefano né altri hanno mosso contestazioni di sorta in seno alla commissione contro chicchessia, quale autore o ispiratore dell’omicidio, il che sarebbe puntualmente avvenuto se non ci fosse stato un previo accordo quanto meno di massima sull’omicidio stesso;
d) BONTATE Stefano, subito dopo l’omicidio, appariva particolarmente seccato ma non per l’omicidio in sé ma per altri motivi, che non mi furono mai detti e che tutt’ora non riesco a comprendere;
e) sicuramente nessuno del mandamento di BONTATE Stefano ha partecipato all’omicidio, perché altrimenti noi – ed io in particolare che ero tra i più vicini a BONTATE Stefano – lo avremmo saputo;
f) il malumore di BONTATE Stefano per questo omicidio si dissolse presto, tanto che, nella primavera inoltrata del 1980, quando sono state rinnovate le cariche elettive in seno alla nostra “famiglia” non solo BONTATE Stefano è stato rieletto rappresentante, ma erano presenti i più autorevoli esponenti di “Cosa Nostra” palermitana, tra cui io ricordo GRECO Pino “SCARPA”, già membro della commissione in alternanza con GRECO Michele, e GRECO Nicola, inteso “NICOLAZZO”, anch’egli uomo d’onore di Ciaculli, da tempo emigrato negli Stati Uniti, che aveva raccolto il prestigio e il carisma di GRECO Salvatore “CIASCHITEDDU”.
Detto GRECO Nicola dovrebbe avere una linea di parentela con GRECO Giovannello e credo anche con “SCARPA”. I personaggi più validi di “Cosa Nostra” che sicuramente, in quel periodo, avrebbero dovuto partecipare all’omicidio MATTARELLA, se ufficialmente deliberato dalla commissione, erano GRECO Giovannello, GRECO Pino “SCARPA”, PRESTIFILIPPO Mario, MADONIA Antonino, INZERILLIO Santo.
Spontaneamente soggiunge: se non faccio errori, l’omicidio MATTARELLA è avvenuto in territorio del mandamento di MADONIA Francesco e, anche successivamente, la famiglia del MADONIA ha sempre aumentato il suo prestigio. Poiché Lei me lo chiede, ricordo che detta famiglia da tempo è coinvolta in vicende che hanno a che fare con moventi, in certo qual modo, politici.
Ricordo, ad esempio, la vicenda delle c.d. “bombe di capodanno”; inoltre, c’è un fatto singolare che io ho appreso in carcere da CALAMIA Giuseppe, uomo d’onore di Corso dei Mille (e non di Porta Nuova, come si è detto nel maxi processo).
Il CALAMIA, detenuto con me a Trani, mi disse di avere appreso che MADONIA Salvatore si era sposato in carcere con una terrorista e questo è un fatto assolutamente singolare, che avrebbe comportato la messa fuori famiglia dello stesso MADONIA, data l’incompatibilità ideologica tra la mafia ed il terrorismo di qualsiasi specie.
Quanto riferitomi dal CALAMIA mi è stato confermato da un po’ tutti in seno a “Cosa Nostra” e, con nostro stupore, a MADONIA Salvatore non è accaduto nulla” (cfr. f. 71 segg. vol. int.).
Infine, assunto nuovamente in esame dal Giudice Istruttore il 19 gennaio 1990, il MARINO MANNOIA, nel confermare le precedenti dichiarazioni, ha aggiunto:
“… al riguardo, come ho già detto nel dibattimento d’appello del “maxi-uno”, non voglio – almeno per il momento – aggiungere nulla, avendo detto omicidio indubbie caratteristiche politiche.
Questa risposta non deve sembrarLe una mancanza di riguardo da parte mia, ma solo una esternazione del mio stato d’animo attuale, che non mi consente di affrontare certi argomenti.
Posso solo aggiungere, a chiarimento di quanto già
detto in precedenza, che non è senza significato – a mio avviso – che certi omicidi, aventi una certa valenza politica, siano avvenuti sempre in territori posti sotto il controllo di Francesco MADONIA da Resuttana e di Pippo CALO’, che, unitamente a Giuseppe Giacomo GAMBINO ed a Salvatore RIINA, sono quei componenti della “commissione” che hanno mostrato maggiori propensioni verso i fatti politici.
Per il CALO’, intendo riferirmi all’omicidio del Procuratore della Repubblica Dr. Gaetano COSTA, che, come ho detto pure ieri ai Giudici di Catania, pur essendo stato commesso per volontà di Salvatore INZERILLO ed altri, non poteva non avere l’assenso del CALO’, quale “capo mandamento” del territorio in cui è avvenuto.
Per il MADONIA, intendo riferirmi agli omicidi MATTARELLA, REINA, GIULIANO, TERRANOVA e CHINNICI, tutti, avvenuti in territorio posto sotto il suo diretto controllo di “capo mandamento”.
Per il GAMBINO, il mio riferimento deve intendersi all’omicidio dell’ing. PARISI.
Dimenticavo di precisare che nel territorio del CALO’ è avvenuto anche l’omicidio del Prefetto DALLA CHIESA” (cfr. f. 221 vol. int. al P.M.).

In conclusione, dalle dichiarazioni del BUSCETTA e del MARINO MANNOIA (estremamente caute – per loro stessa ammissione – su vicende con possibili riflessi di carattere politico) si traggono in modo chiaro queste considerazioni:
a) l’assassinio del Presidente MATTARELLA fu deciso nell’ambito del vertice di “Cosa Nostra” tanto da non suscitare né immediatamente (v. MARINO MANNOIA) né due-tre mesi dopo (v. BUSCETTA) alcuna significativa reazione. E, a questo proposito, c’è invece da ricordare che per altri episodi, certo meno importanti, per i quali erano stati tenuti totalmente all’oscuro, il BONTATE e l’INZERILLO avevano protestato violentemente (omicidio del Ten. Col. RUSSO) o, quanto meno, avevano chiesto spiegazioni a GRECO Michele nella sua qualità di capo della “Commissione” (omicidi DI CRISTINA e BASILE).
b) L’assassinio del Presidente MATTARELLA non fu discusso nella sede formale della “Commissione”, tanto che il BONTATE, l’INZERILLO e anche il RICCOBONO erano all’oscuro della decisione di commettere il delitto.

E però si deve ritenere, in coerenza con quanto detto in altra parte di questo provvedimento, che anche il BONTATE e gli altri esponenti della “Commissione” a lui più vicini fossero in qualche modo consapevoli dell’esistenza di un “problema MATTARELLA” e della possibilità, insita sulla natura stessa di un’organizzazione sanguinaria come “Cosa Nostra”, di un’azione delittuosa contro l’uomo politico.
In questo modo si spiega che “né il BONTATE né altri hanno mosso contestazioni di sorta in seno alla Commissione contro chicchessia, il che sarebbe puntualmente avvenuto se non ci fosse stato un previo accordo quanto meno di massima sull’omicidio stesso”, secondo quanto espressamente riferito dal MARINO MANNOIA.
E, nello stesso senso, è pure significativo che il BUSCETTA, pur affermando di avere saputo da Salvatore INZERILLO che il delitto “era stato deciso dalla “Commissione” di Palermo all’insaputa di esso INZERILLO, di Stefano BONTATE ed anche di Rosario RICCOBONO” non accenna affatto ad alcuna reazione o anche ad una semplice protesta da parte di costoro.
Una conferma di quanto fin qui sostenuto è da ultimo nelle affermazioni rese da Francesco MARINO MANNOIA il 20.10.89 (e sopra riportate) circa lo stato di «contrarietà» – se pur temporaneo – mostrato dal BONTATE dopo l’omicidio:
“BONTATE Stefano subito dopo l’omicidio appariva particolarmente seccato, ma non per l’omicidio in sé ma per altri motivi che non mi furono mai detti e che tuttora non riesco a comprendere”.
Del resto, le conclusioni fin qui formulate sulla base delle dichiarazioni del BUSCETTA e del MARINO MANNOIA a proposito anche della posizione del BONTATE e degli altri esponenti di “Cosa Nostra” a lui più vicini, i quali non avrebbero protestato a seguito dell’omicidio del Presidente della Regione, trova in qualche modo spiegazione proprio in quello che si è detto in precedenza a proposito dell’azione di Piersanti MATTARELLA.
Questa, invero, non era certo rivolta contro l’una o l’altra delle singole “famiglie” di “Cosa Nostra” ma anzi, proprio per la coerenza e la completezza del disegno politico che la ispirava, rappresentava un pericolo per le illecite attività dell’intera organizzazione (non si dimentichi, per esempio, che alcuni degli imprenditori coinvolti nella vicenda degli appalti delle sei scuole a Palermo erano certamente vicini, come a suo tempo si è visto, a SPATOLA Rosario e, quindi, alle “famiglie” BONTATE e INZERILLO).
Ed inoltre, il BONTATE potrebbe avere visto in questo omicidio (come in quello del REINA) anche un “segnale” dei “corleonesi” per lui, traendo la convinzione (peraltro non esplicitata ad alcuno dei “pentiti”) di una sua più che probabile posizione di debolezza in “Cosa Nostra”.
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Sull’omicidio del Presidente MATTARELLA sono state rese dichiarazioni anche da altre persone, che hanno comunque collaborato in vario modo con gli organi dello Stato: GALATI Benedetto, LO PUZZO Filippo e PELLEGRITI Giuseppe.
Di tali contributi deve subito dirsi che sono risultati – dopo i dovuti riscontri (anche logici) – sostanzialmente inattendibili e hanno anzi dato origine, come per il PELLEGRITI, ad una imputazione nei confronti dello stesso per il reato di calunnia.
In considerazione del fatto che le dichiarazioni rese dai menzionati soggetti (il GALATI, peraltro, non è mai venuto a contatto con l’A.G.) hanno dato luogo a tentativi di depistare le indagini dal corso che avevano imboccato, appare opportuno rinviare la trattazione alla parte specifica in cui si parlerà di queste situazioni.

 

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