Nessuno vuole la verità su Paolo Borrometi e lui non tocca la politica

Colpo su colpo i retroscena dell’ultima strage, quella di Via d’Amelio, ai danni del giudice Paolo Borsellino, stanno venendo fuori.

Storie di intrecci tra “appartenenti alla mafia” e appartenenti ad una “loggia segreta” e quale scandalo è stato gradito stamane? Nessuno! Eppure i servizi segreti (tra l’altro tra i migliori) sembra che siano intervenuti subito dopo la strage, compreso il numero Uno del SISDE, Bruno Contrada, che proprio ai “giudici massacrati non ispirava fiducia.

Ricorderete che Falcone e Borsellino continuarono il proprio lavoro con i Carabinieri, tra i quali Mori e De Donno che avevano redatto la famosa “Informativa Caronte”. Ma in tanti nel frattempo hanno dimenticato i verbali contenenti le dichiarazioni di: Antonino Gioè,Gaspare Mutolo, Gaetano Scotto(conosciuto come il boss dell’Arenella) e, infine, di Narduzzu, Leonardo Messina.

Ma ricordiamo, per chi lo avesse dimenticato, la testimonianza resa dal Procuratore Vito D’Ambrosio, che qui riportiamo, grazie ad un articolo pubblicato da Repubblica – a mano di Francesco Viviano – il 15 giugno 1994:

Sulla sedia dei testimoni del processo a Bruno Contrada, Vito D’Ambrosio, oggi procuratore generale presso la Corte di Cassazione, ricorda la telefonata di quella mattina con Giovanni Falcone. “Era profondamente colpito. Aveva già delle idee precise: pensava che l’attentato fosse stato eseguito da Cosa Nostra ma ideato da altri ambienti, diversi da Cosa Nostra, ma con interessi convergenti”. Erano quelle “menti raffinatissime” di cui, qualche giorno dopo, Falcone parlò in una intervista all’Unità. Fu in quell’occasione che Giovanni Falcone ribadì all’amico e collega Vito D’Ambrosio i sui dubbi e le perplessità su Bruno Contrada. “Falcone – ha ricordato ieri D’Ambrosio – mi disse che non si fidava di Contrada. Non fece mai riferimento a fatti o episodi specifici, ma me lo disse dopo tre circostanze: il primo caso Palermo con le polemiche sul palazzo dei veleni, il fallito attentato dell’Addaura e il giallo del Corvo”. Bruno Contrada e Giulio Andreotti. Due nomi che Vito D’Ambrosio volle fare ai giudici di Caltanissetta titolari delle indagini sul fallito attentato a Falcone. Diffidenza nei confronti di Contrada, inquietudine per una telefonata di Andreotti. “Falcone – ricorda D’Ambrosio – era molto preoccupato per la telefonata ricevuta da Andreotti pochi minuti dopo il ritrovamento dell’esplosivo. I due ancora non si conoscevano. Per riassumermi il suo pensiero su quella telefonata, Falcone mi disse: ‘Se vuoi conoscere il mandante di un omicidio, guarda chi manda la prima corona’”.

Bene, tutto ciò basta all’antimafia e alla politica per liberare il campo da insulti e paladini vari?

Per chi non lo avesse ancora capito, presso il Tribunale di Caltanissetta, si sta riaffermando che nulla è cambiato in questa “terra maledetta” e i silenzi di giornalisti super protetti dalla politica non giovano a chi del giornalismo, qui in Sicilia, ne vuole fare un mestiere e una professione di lotta contro la corruzione e la collusione che già Fava, Francese, De Mauro, Alfano, Impastato – ognuno in diversi periodi e luoghi – aveva iniziato.

Quei politici che vogliono zittire i giornalisti che cercano la verità devono capire che il loro compito è fare “Politica”, mentre la giustizia spetta alle Procure e alle Forze dell’ordine, se qualcuno ha paura della verità esistono le dimissioni.

E’ diventato impossibile e anticostituzionale leggere che una Commissione Antimafia si occupi solo di alcuni personaggi e lasci soli onesti giornalisti.

Il caso Paolo Borrometi è uno di questi

Tace quando si tratta di forze occulte o personaggi del calibro di Montante, Saguto, La Barbera e magistrati che hanno buttato fango sul nome di “Paolo Borsellino”, questo sarebbe il “giornalismo coraggioso ed etico?“.

Quindi in Sicilia non esiste giornalista che faccia vera inchiesta o scrive nomi e cognomi di boss tanto da far scendere Politici e Antimafia vario genere?

Eppure in diverse inchieste abbiamo smontano i racconti del giornalista Borrometi (approfondimenti qui, qui, qui, qui, qui e qui) e la ciliegina sulla torta, oltre ai rapporti con l’amico di Montante, Crocetta e Beppe Lumia, lo mettono per iscritto ben diversi senatori che solo con ipotesi chiedono un intervento del ministro dell’Interno per l’assegnazione della scorta a Borrometi.

Nessuno vuole la verità su Paolo Borrometi e lui non tocca la politica