Antonio e l’altra scampia

Antonio Landieri viene ucciso dalla Camorra con alcuni colpi di proiettile, alla spalle, a Scampia, il 6 novembre 2004. Ma Antonio non è mafioso. E la sua storia, non è semplice storia di una vittima di mafia.
Quella di Antonio Landieri non è una storia di mafia. Anche se Antonio è nato e cresciuto a Scampia, quartiere di Napoli noto ai più per fuochi d’artificio non autorizzati, lotte sanguinarie tra clan e intrighi di palazzo tra boss camorristi. Anche se Antonio per colpa della mafia è morto. Due proiettili di rimbalzo lo hanno preso alla schiena durante la faida nel rione Sette Palazzi. Anche se i giornalisti hanno cercato a lungo di associare il suo nome al sottobosco mafioso dello spaccio. Come se la morte di uno “spacciatore” valesse per forza qualcosa in meno.
Gli amici sono con lui quella sera. Giocano a biliardino. Tre colpi di avvertimento, poi la raffica. Alcuni di loro restano feriti, chi ai piedi, chi alle gambe. Molti riescono a darsi alla fuga. Antonio, lui no. Resta lì, cade sul pavimento. È il 6 Novembre 2004. Nel rione, sentendo i botti, alcuni pensano ai fuochi d’artificio. A Napoli l’anno nuovo si festeggia anche con due mesi d’anticipo. Il primo a trovare Antonio è Giuseppe, suo fratello. La sua richiesta d’aiuto raggiunge mamma Raffaella, affacciata al balcone di casa. Scende a perdifiato giù per le scale, seguendo la voce del figlio. Nella foga, incontra un amico di Antonio. “Che è successo, Antonio dove sta?” Il ragazzo abbassa la testa, senza rispondere.
Poi lo vede. È riverso tra le braccia del fratello. “Antonio, che ti hanno fatto?” I suoi occhi si girano verso l’alto. L’ambulanza se lo porta in ospedale. Quella sera, una madre abbraccia suo figlio per l’ultima volta.
Alcuni scrivono che Antonio è morto perché non poteva correre. All’età di nove mesi, la sua famiglia si era accorta che non muoveva il lato destro del corpo. Era affetto da una paralisi cerebrale e seguito di una complicazione del parto. E quando sei un ragazzo disabile che si tiene stretta la sua vita a Scampia, ogni cosa semplice ha una luce un po’ più forte. Ma Antonio non era la sua disabilità. Antonio era tante cose. La paralisi era solo un caso, un fatto della vita. Come abitare in quel quartiere, raccontato dai media come il più problematico di Napoli. Come morire di mafia. Sono cose che ti capitano, ma non ti definiscono mai. A Scampia, Antonio Landieri era cresciuto forte e sorridente. La sua famiglia non gli aveva fatto mancare niente. Di andare a scuola. Di fare fisioterapia. Di uscire con gli amici di sempre, che lo portavano ovunque e gli volevano bene. Quegli stessi amici che se lo portavano sul motorino. Che gli tagliavano la pizza perché lui da solo non ci riusciva.
Ad Antonio piaceva vivere. Gli piacevano anche i motori, le macchine sportive. Giocare alla playstation. Andare in bicicletta col fratello Giuseppe. Mangiare la pizza il sabato sera. Andarsene in giro con gli amici. “È lui che ci guarda a noi”, dicevano. E non a torto. Una volta, era la Befana, aveva regalato dei soldi a un amico, perché potesse regalare una bicicletta al suo bambino. Era una parte dei soldi che aveva ricevuto nella sua pensione da invalido, senza farne parola a nessuno e senza chiedere nulla in cambio. Solo perché gli andava e senza mai vantarsene.
Era una cosa normale. Anche per mamma Raffaella. Anche se ogni tanto le veniva paura, quando gli amici se lo portavano in motorino. Era più probabile che cadesse dalla moto, che non colpito da un proiettile, coinvolto in una guerra che con lui non c’entrava niente. Forse è troppo, per un ragazzo di Scampia. Forse è per questo che sui giornali gli hanno dato dello spacciatore. Vuoi vivere, vuoi essere giovane, vuoi essere te stesso? Ma come ti permetti? E se ti sparano, la colpa forse è anche un po’ tua. Ecco perché, ad Antonio, si è arrivati a negare i funerali. Un ragazzo che muore di mafia a Scampia, spaccio o non spaccio, disabilità o non disabilità, non può essere come gli altri nemmeno nella morte.
Ma la storia di Antonio non è né una storia di mafia, né una storia di sconfitta.
La storia di Antonio è diversa perché racconta un’altra Scampia, un altro rione Sette Palazzi. Racconta di una famiglia, prima colpita dal dolore di una morte insensata, e poi dalle ferite riaperte a forza da chi si era prefisso di gettare Antonio nell’oblio a ogni costo. Racconta di due genitori riscattati dalla nascita graduale di numerose iniziative dedicate al loro Tonino: non da ultimo, l’intitolamento di un bellissimo stadio alla sua memoria. Di suo cugino Rosario, scrittore, che ha raccontato Scampia e la camorra a colori vividi, con lucidità e commozione. Dei suoi fratelli, Giuseppe e Stefania, nome che Antonio stesso scelse per lei, nati e cresciuti a Scampia. Che insieme ai genitori hanno scelto con coraggio di restare, mettere radici, far crescere la famiglia. Perché “ad Antonio piaceva Scampia”. Ed è un fatto da rivendicare con orgoglio.
Racconta dei suoi amici. Alcuni, scampati alla strage, fuggiti ai proiettili grazie alla forza delle loro gambe, al contrario di Antonio. Gli stessi che, dopo la sua morte, hanno invaso la sua casa, il ballatoio, per far vedere che c’erano ed erano tanti e non dimenticavano. Che al cimitero osservavano mamma Raffaella da lontano, attendevano che uscisse per non darle fastidio e ritagliarsi un momento con lui, raccontargli alcune storie divertenti, che nessuno conosce, nate tra i palazzi e i vicoli del rione Sette Palazzi. E quando Raffaella si attardava, accorreva a un certo punto Giuseppe: “Mamma, te ne devi andare. Non vedi che gli amici vogliono stare con Antonio?”.
Racconta proprio di lui, di Antonio, un ragazzo solare e generoso, che guardava tutti, che metteva gli altri di fronte a sé stesso. La sua storia è soprattutto una storia di amicizia e di speranza. E una storia non si risolve semplicemente nel suo epilogo, così come un viaggio non consiste soltanto nella sua meta. Di Antonio non si può ricordare semplicemente la morte, non ci si può limitare a mettere l’accento sulla parola mafia, ma si può e si deve ricordare Antonio per quello che era davvero: un ragazzo, un fratello, un amico, un figlio. Antonio Landieri è tutte le persone che lo hanno conosciuto e abbracciato, amato e che ha fatto, almeno una volta, sorridere. Antonio Landieri è la Scampia che brucia di calore, che resiste, che ama ed è amata, nonostante tutto.

Fonte mafie blog autore repubblica