Le indagini degli amici di Peppino

L’arrivo di amici e compagni di Giuseppe Impastato sul luogo dell’esplosione va collocato ad un lasso di tempo compreso tra le ore 7,30 e le ore 9,30.
I giovani giungono alla spicciolata sul luogo dell’esplosione. Vito Lo Duca ricorda di essere arrivato sul posto insieme ad Antonio Giannola fra le 9 e le 9,30 e di essere stato tenuto a distanza dai carabinieri,  che  ne  annotano  il  nome.  Alle  11,10  di  mercoledì   10 maggio vengono raccolte a verbale le sue dichiarazioni nella stazione dei  carabinieri  di  Cinisi,  ai  quali  spiega  che  il  filo  più  lungo  trovato sull’auto di Impastato veniva adoperato in occasione dei comizi per collegarsi  all’impianto  elettrico  del  bar  Munacò. Lo Duca  nel  corso delle sue dichiarazioni a Chinnici precisa di essere ritornato uno o due giorni dopo sul luogo dell’esplosione e di essere entrato con altri in una stalla e di avere notato sul pavimento di pietra tre gocce che sembravano  di  sangue.  In  quella  occasione  una  delle  pietre macchiate viene estratta e consegnata a Faro Di Maggio e poi, insieme ad alcuni resti del corpo, fatta pervenire al prof. Ideale Del Carpio. Il luogo dell’esplosione  è  raggiunto  anche  da  Giovanni  Riccobono ma neanche  a  lui  è consentito  avvicinarsi.
Giovanni Impastato « a riprova che le indagini non furono con- dotte con la necessaria solerzia » riferisce al giudice istruttore che « quando Faro Di Maggio si presento`  al maresciallo dei carabinieri per dire che nel casolare vicino al luogo erano state trovate macchie di sangue, il maresciallo quasi non voleva andare. Dopo reiterati tentativi fu costretto ad andare […] » e aggiunge di avere appreso che « i ragazzi amici del fratello avevano notato tali macchie fin dal primo momento, e  in  tal  senso  avevano  informato  il  maresciallo,  il  quale  però  solo  a distanza  di  giorni  accetto`  la  richiesta  di  accedere  sul  posto ».
Faro Di Maggio così  ricorda la mattina del giorno 9 maggio: « Sul posto dove furono trovati i resti di Peppino ci recammo in sei o sette  compagni  e  in  un  primo  momento  però  non  fu  consentito  di avvicinarci ».
E precisa, a sua volta, che « i resti del corpo di Impastato erano tutti bruciacchiati ed erano misti a parti di indumento […] », aggiungendo di essere successivamente ritornato sul luogo (assieme a Gaetano Cussumano, Paolo Chirco, Pino Manzella e Vito Lo Duca ) e di avere notato macchie di sangue sul  pavimento  di  un  casolare  accanto alla strada ferrata ». Ricorda pure che in tale occasione erano state scattate varie foto: «…Compresa l’importanza del fatto prima abbiamo fatto delle fotografie sia alle macchie sul pavimento, che a quelle sulla panca in muratura […] quindi anche ad uno straccio che fu rinvenuto dalla zia di Peppino che era lì a portare dei fiori…». Queste foto non sono agli atti del procedimento penale. Due di esse sono state acquisite agli atti della Commissione al termine dell’audizione di Pino Manzella avvenuta giovedì 2000. 27 luglio Felicia Vitale riferisce al giudice istruttore di essersi recata nel luogo dove si era verificata l’esplosione assieme alla cugina venuta dagli USA. Questa la sua testimonianza sul punto: «fui io che assieme ad altre persone, Faro Di Maggio, Gaetano Cusimano, notai delle macchie di sangue nel casolare che si trova a pochi metri dal luogo dell’esplosione. A seguito della scoperta abbiamo avvertito i Carabinieri».
Quindi « spontaneamente » la Vitale riporta al dr. Chinnici un particolare di sicuro interesse, temporalmente riferibile ad una fase successiva  delle  indagini,  sul  quale  sarà   necessario  soffermarsi  in seguito: «Spontaneamente: ho sentito dire che nel casolare sarebbero stati rinvenuti dei pannolini igienici per donna. Posso affermare, avendo partecipato personalmente alla ispezione del casolare, che questo si compone di due vani. In quello in cui abbiamo rinvenuto macchie di sangue non c’era traccia di pannolini. I pannolini li abbiamo  notati  nel  secondo  vano,  si  trattava  però  di  pannolini  per bambini,  e  non  già  di  assorbenti  igienici  da  donna ».
In  relazione  a  quest’ultima  dichiarazione,  non  può  non  rilevarsi che  il  15  maggio  1978,  cioè due  giorni  dopo  l’ispezione  nel  casolare fatta dal Pubblico Ministero Scozzari, il quotidiano « Il Giornale di Sicilia » pubblica un articolo, non firmato, intitolato « Sfuma la pista delle macchie di sangue » che svilisce la portata della scoperta di tracce ematiche all’interno del casolare. Auditi dinanzi alla Commissione parlamentare la stessa Felicia Vitale ed anche Giovanni Impastato ribadiscono quanto riferito al   giudice Chinnici in ordine alla circostanza che i carabinieri erano stati messi subito al corrente dell’esistenza di tracce di sangue nel casolare [circostanza, come si è  visto, verbalizzata nella frase « …A seguito della scoperta abbiamo avvertito i Carabinieri », senza ulteriori dettagli utili a  collocare  nel  tempo  il  fatto  e  a  individuarne  le  modalità  […]  con ulteriori e nuovi particolari, dai quali si apprende – per la prima volta – di un piantonamento del casolare da parte di personale non appartenente alla stazione di Cinisi:

RUSSO SPENA COORDINATORE. Voi,  come  parenti,  amici  e compagni di Peppino andaste sul posto?

VITALE. è successo un paio di giorni dopo. Con alcuni compagni eravamo andati  sul  posto  per  vedere.  Non  ero  andata  subito  perché  stavo  con  mia suocera, la madre di Peppino. Cercavamo noi stessi di indagare, di vedere se fosse sfuggito loro qualcosa. Quando siamo entrati nel casolare c’era il sedile in pietra. Nello spigolo del muro c’era una traccia di sangue, una macchia con delle gocce di sangue sul pavimento tutto in pietra. Ho chiamato i compagni mostrando loro cosa avevo trovato. Quindi chiamammo i carabinieri per far vedere loro il sangue e far sì che le pietre insanguinate fossero rimosse e il sangue  analizzato.  Non  ricordo  chi  fu  il  compagno  che  andò  a  chiamare  il carabiniere che piantonava il casolare.

RUSSO SPENA COORDINATORE. Questo accadeva due giorni dopo?

VITALE. Uno o due giorni dopo, non lo ricordo esattamente. Certamente non  fu  la  mattina  stessa  perché  sul  posto  non  facevano  avvicinare  nessuno. Chiamammo il carabiniere – una persona piuttosto robusta – per far rimuovere le pietre. Egli, però, ci disse che probabilmente si trattava di sangue mestruale e che non dovevamo pensare a cose del genere. Ci guardammo allibiti.

RUSSO SPENA COORDINATORE. Era un carabiniere di Cinisi?

VITALE. No, sicuramente non era di Cinisi. Infatti, dal momento che mio padre gestiva un bar vicino alla caserma conoscevo quasi tutti i Carabinieri del paese. Allibiti per la reazione del Carabiniere decidemmo di prelevare noi stessi le pietre e di portarle a Del Carpio.

MICCICHE’. Se non sbaglio le avete portate prima ad un avvocato. Potreste dirci il nome?

IMPASTATO. In quel periodo il nostro avvocato di  parte  civile  era  un  certo Tullio Lombardo, ma ci seguiva anche l’avvocato Michelangelo Di Napoli.

RUSSO SPENA COORDINATORE. Dagli atti risulta che vi recaste nel casale il pomeriggio del giorno successivo alla morte di Impastato. Ci rendiamo conto di quanto possa essere penoso per voi ricordare certi fatti e comprendiamo anche che, probabilmente, la lontananza nel tempo rende difficile ricordare con precisione come andarono le cose, tuttavia è proprio per questo che cerchiamo di approfondire ogni aspetto e di trovare dei riscontri. è questo il nostro compito, il nostro dovere. Quindi, quando voi vi recaste in quel luogo il  casolare  era  già  piantonato  da  un  Carabiniere?

IMPASTATO.   è  stato   piantonato   per   un   paio   di   giorni   dalle   forze dell’ordine.  I  compagni  di  Peppino  però  hanno  insistito,  sono  entrati,  hanno fatto i rilievi di cui i Carabinieri non volevano proprio saperne. Era evidente la  precisa  volontà  di  non  tener  conto  di  quegli  elementi.

RUSSO SPENA COORDINATORE. I compagni quindi hanno insistito per entrare nel casolare piantonato perché hanno incontrato una certa resistenza?

IMPASTATO. sì. La resistenza maggiore c’è stata il giorno del fatto. Tutti cercavano di avvicinarsi, ma non appena qualcuno si identificava come compagno o amico di Peppino era evidente la reticenza dei Carabinieri a farlo entrare nell’area recintata del casolare dove era stata trovata la macchina. Il giorno dopo i compagni di Peppino, che insistevano per vedere cosa c’era lì dentro, si recarono nuovamente sul luogo. Ancora una volta fu posto loro un rifiuto,  ma  essi  continuarono  ad  insistere  finché non  riuscirono  ad  entrare. Una volta entrati nel casolare, dove nel lato in cui era avvenuta l’esplosione non c’erano finestre ma solo una porta sul lato opposto (questo per dire che   le macchie non potevano essere entrate a seguito dell’esplosione), hanno trovato le pietre insanguinate. Nel colloquio che avemmo in loco con i Carabinieri, costoro, trattandosi di un luogo isolato dove a loro dire le coppiette andavano a fare l’amore, insistettero sull’ipotesi del sangue mestruale. Per noi era un’ipotesi assurda. I compagni allora presero la pietra e  la consegnarono agli avvocati che poi la diedero ad Ideale Del Carpio. Costui in  seguito  ad  un  esame  accerto`  che  si  trattava  proprio  del  gruppo  sanguigno di Peppino. Si tratta, tra l’altro, di un gruppo sanguigno molto raro, zero negativo.  Non  so  se  a  quei  tempi  esisteva  già  l’esame  del  DNA.

MICCICHE’  Esiste  una  documentazione  relativa  a  questi  esami? IMPASTATO. sì, dovrebbe esistere.
RUSSO SPENA COORDINATORE. Vorrei capire una cosa legata a quanto ha affermato poc’anzi la signora Vitale. La signora ha detto che era visibile un sottile filo di sangue che scorreva sulla panchina, cui a terra corrispondevano delle macchie. In qualche modo, quindi, era sangue abbastanza fresco, non ancora completamente coagulato. Era ben visibile questo rivolo?

VITALE. sì. Nello spigolo c’era una macchia di sangue che scendeva  a  terra.

RUSSO SPENA COORDINATORE. Il casolare era buio e siete entrati con una torcia?

IMPASTATO. No. Era giorno ed era sufficiente aprire la porta per vedere questo rivolo di sangue.

RUSSO  SPENA  COORDINATORE.  Rivolgiamo  queste  domande  perché quando ci risultano cose diverse da quelle contenute negli atti cerchiamo di approfondire la questione. Quindi voi siete entrati  dalla  porta  e  con  la  luce che filtrava dalla stessa era possibile vedere il rivolo di sangue e le macchie a terra … ».
Quanto   appreso   nel   corso   dell’audizione   dà   significato   all’iniziativa degli amici di Impastato di consegnare la pietra insanguinata (ed altri reperti organici) ad un esperto indipendente, il professore Ideale Del Carpio, un noto docente palermitano, che il magistrato Martorana ha ricordato dinanzi a questa commissione come « un eccellente medico legale, sul quale credo non si possa  avanzare  alcuna ombra ».
Ideale Del Carpio, la sera stessa in cui gli furono consegnati i reperti – e cioè il 12 maggio 1978 – dopo aver immediatamente tentato di avvertire il Pubblico Ministero Signorino – si mette in contatto telefonico con il sostituto procuratore Francesco Scozzari e gli riferisce l’accaduto.
Ecco come questo illustre medico ricorda l’episodio, nelle dichiarazioni rese il 13 maggio 1978 al pubblico ministero Scozzari: « così come comunicato telefonicamente ieri alla S.V. ed integrando tale comunicazione, dichiaro quanto segue: Ieri alle ore 16,30 si è presentato a me nell’Istituto di medicina legale in Palermo persona da me conosciuta con il cognome  di  Carlotta  …  studente  presso  la  facoltà  di  medicina,  che  mi  ha consegnato un sacchetto di plastica contenente una mano umana e altro materiale  organico  presumibilmente  umano,  nonché  un  sasso  del  tipo  usualmente usato per le massicciate stradali che presenta su una delle facce una macchia rotonda che io giudico essere di sangue. Il Carlotta mi ha dichiarato che la mano e o l’altro materiale organico erano stati rinvenuti da alcuni giovani di Cinisi che avevano effettuato una ispezione nel luogo ove il 9 maggio decorso  è morto  Impastato  Giuseppe  […].  Ho  fatto  rilevare  al  Carlotta  che sarebbe stato opportuno che dei rinvenimenti avesse informato i CC, ma il Carlotta mi rispose che i CC erano stati informati ma che essi avevano trascurato l’informazione […].

All’indomani della comunicazione telefonica con Del Carpio, il Pubblico Ministero Scozzari, effettua personalmente una rituale ispezione dell’« abitazione   abbandonata »   in   prossimità   della   quale   fu rinvenuta l’autovettura Fiat 850, « al fine di accertare la esistenza di ulteriori tracce, ed in particolare, delle asserite tracce di sangue che sarebbero state rinvenute da taluni giovani che, eseguita una loro ispezione, effettivamente rinvennero una mano umana ed altri frammenti organici e ritennero di avere rinvenuto nell’interno del caseggiato predetto caseggiato tracce di sangue umano »
Nel procedere all’ispezione del caseggiato, il Pubblico Ministero dà subito atto che si tratta di un unico corpo di fabbrica che si compone di due vani o gruppi di vani, tra loro non comunicanti, che hanno ingresso, l’uno dal lato nord, l’altro dal lato sud. L’ispezione ha inizio con l’unità immobiliare che ha ingresso sul lato sud, che consta di un unico vano di circa 24 metri quadri.
In  esso  è descritto  un  sedile  di  pietra,  « che  presenta  una  patina di cemento in parte abrasa, palesemente impolverato ed è cosparso di minutissimi detriti pietrosi e fa presumere, per tale sua condizione, di non  essere  stato  di  recente  usato  […].  In  prossimità  del  suo  spigolo esterno, a circa 15 centimetri, viene indicata dai testi [Vito Lo Duca e Pietro La Fata] la traccia della asportazione della pietra che si assume macchiata di sangue, pietra che faceva parte della pavimentazione del vano ».
Quindi, a circa 40 cm da tale traccia, viene descritta un’altra pietra saldamente infissa nel terreno con una traccia rossastra, che viene asportata e consegnata ai periti (su tale pietra i periti Caruso e Procaccianti con la relazione depositata il 28 ottobre 1978 – cioè oltre 5 mesi dopo il sopralluogo, a fronte dei 50 giorni concessi nell’incarico peritale – evidenzieranno la presenza di tracce di sangue dello stesso gruppo di quello dell’Impastato).
Nella seconda unita`  immobiliare, quella con ingresso dal lato nord, consistente in un vano di circa 16 metri quadrati, viene descritta una scala costituita da blocchi di tufo che conduce ad  una  terrazza  alla  quale si accede da una porta. In questo vano non vengono rilevate presenze di sospette tracce ematiche.
Il  Pm  nel  verbale  dà  una  descrizione  comune  del  « pavimento  di tutti i vani …Costituito da terra battuta e pietre infisse e conci di tufo lungo  il  colatoio;  tale  pavimento  è cosparso  di  sterco,  paglia  secca  si notano frammenti di carta », quindi « precisamente nel sottoscala » dà atto della presenza « di due tamponi usati, chiaramente del tipo igienico per donna ».
La precisazione che questi tamponi si trovano « nel sottoscala » ne fissa  la  presenza  nella  seconda  unita`   immobiliare,  altra  rispetto  a quella in cui si trovava il sedile di pietra e dalla quale i periti avevano asportato una pietra del pavimento recante tracce ematiche. Particolare non secondario, tenuto conto anche che i due vani non sono comunicanti.
Nel  corso  di  questa  ispezione  –  come  si  è  già   rilevato  –  gli « elementi della squadra di polizia scientifica dei carabinieri del nucleo operativo  di  Palermo »  (di  cui  non  si  conoscono  né  le  generalità  né il grado), su espressa disposizioni del Pm, eseguono accurati rilievi fotografici. Tali fotografie, tuttavia, non risultano a disposizione della Commissione, perché non comprese negli atti processuali acquisiti in copia.

La sera del 13 maggio alle ore 19,10 Faro Di Maggio, Benedetto Manzella e Gaetano Cusumano esibiscono ai carabinieri della stazione di Cinisi « due pezzi di stoffa », « a loro dire » rinvenuti nello spiazzo antistante la casa rurale di contrada « Feudo ».
Tra questi quel pezzo di stoffa colore nocciola, di cui si è già  detto in precedenza. Tutti e tre i giovani (precisa il verbale – con una significativa limitazione – « nella circostanza »…) riferiscono vano di avere notato « alcune macchie probabilmente di sangue che si trovano sulla panca in muratura nell’interno della stalla con ingresso verso Cinisi ». Nel corso di un ulteriore sopralluogo Travali e Pichilli asportano una pietra e tre pezzi di tufo facente parte della panca
« ciascuno dei quali presenta macchie rossastre con delle sbavature ».
L’atto viene trasmesso al PM dieci giorni dopo.
I  pezzi  di  stoffa  –  come  si  è già  detto – non  sono  stati  oggetto  di alcun accertamento. Su delega (evidentemente verbale) del Pubblico Ministero  Scozzari,  quella  stessa  sera  (è il  13 maggio)  i  carabinieri assumono a sommarie informazioni Benedetto Manzella. La verbalizzazione  ha  luogo  alle  19,30  del  tredici  ed  è pertanto  successiva  al sopralluogo effettuato dal pubblico ministero e alla esibizione di reperti di cui si è detto in precedenza. Fino al 13 maggio non era stata raccolta la testimonianza del Manzella. L’atto riporta in sintesi le circostanze dell’individuazione di tracce di sangue su di una pietra del pavimento di una stalla con ingresso che si affaccia verso Cinisi « che fa parte di una casa abbandonata distante pochi metri dalla strada ferrata ». Ma non precisa che si tratta della stessa casa rurale abbandonata indicata nel verbale di sopralluogo dinanzi alla quale fu rinvenuta l’auto di Peppino Impastato.
Ad una specifica domanda del maresciallo Travali, Manzella dichiara di aver consegnato la pietra ad un giovane per farla giungere a Del Carpio e aggiunge: «in quanto non sapevo che potevo consegnala alla caserma dei carabinieri».
è del tutto evidente che questa affermazione contrasta con quanto riferito  dal  Del  Carpio  (e  con  quanto  sarà  ribadito  successivamente da altri), e cioè al fatto che «i carabinieri erano stati informati ma che essi avevano trascurata la informazione».
Per il resto la verbalizzazione non raccoglie alcun elemento utile o nuovo.
La   ricostruzione   di   questi   fatti   si   arricchisce   però   di   nuovi particolari nell’audizione del Manzella dinanzi alla Commissione antimafia: Vent’anni  fa  è successo  questo:  Peppino  Impastato  è stato  ucciso  dalla mafia. Come facciamo a saperlo? Eravamo un gruppetto di ragazzi dai venti ai  trent’anni  e  ci  è stato  detto:  « Il  vostro  compagno  è saltato  in  aria  perché stava  mettendo  una  bomba ».  Noi  naturalmente  non  ci  abbiamo  creduto  e abbiamo  cominciato  a  girare  lì  attorno,  dove  vi  è  un  casolare  nel  quale abbiamo  ritrovato  macchie  rosse  che  poi  è risultato  fossero  di  sangue  dello stesso gruppo di quello di Peppino Impastato. Quando abbiamo ritrovato queste macchie di sangue, che tra l’altro erano su un sedile di cemento all’interno della stalla (anticamente sopra questo sedile di cemento veniva posto un giaciglio di paglia sul quale si riposava il vaccaro, il pastore), abbiamo avvertito i carabinieri dicendo loro « guardate che abbiamo trovato queste cose all’interno di una casupola »; per tutta risposta sono venuti (prima non volevano  neanche  venire)  e  ci  hanno  detto  «ma  è probabile  che  questo  sia sangue mestruale…».

Va comunque rilevato che, nelle sommarie informazioni rese la sera del 13 maggio Pino Manzella nulla riferisce circa le fotografie da lui scattate all’interno della casa rurale (le due fotografie qui pubblicate – con immagini di particolare importanza – sono state acquisite agli atti della Commissione al termine della sua audizione il 27 luglio 2000). Né  in  quel  verbale  è fatta  menzione  della  strana  circostanza  che la sua abitazione di campagna era stata oggetto di una anomala effrazione la sera in cui vi aveva riposto i poveri resti dell’amico.

 

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