Un nuovo calabrone ammazza api ? Ed ammazza pure le persone ?

rtale per chi ne è colpito.

E se arrivasse in Italia ?

Siamo pronti ?

Ci mancava   pure il Calabrone Gigante Asiatico, noto  scientificamente come “Vespa mandarinia Smith.”

E’ capace di mettere a rischio la vita degli alveari e soprattutto quella dell’uomo.

 

E se arrivasse pure in Italia?

 

Il nostro Paese storicamente, per non aver attuato delle misure di prevenzione in anticipo, si è spesso dovuto confrontare con diverse malattie provenienti dall’Asia, malattie che hanno  fortemente influenzato l’apicoltura, in particolare dal punto di vista economico, per le devastazioni subite da diverse specie di insetti.

 

Basta ricordare, come è noto ormai a tutti gli apicoltori  ed alla comunità scientifica internazionale, il famoso acaro del genere Varroa, in origine parassita  della  specie asiatica nota come “apis cerana.”

 

La prima segnalazione ufficiale di ritrovamento della varroa sull’ape europea , l’Apis mellifera , è avvenuta in Cina nel 1958.

 

Da lì si è diffusa in diversi Stati  fino ad arrivare in America , negli Stati Uniti nel 1987, e successivamente, in Italia,  negli anni 80.

 

Oggi, dopo le tante devastazioni subite del passato, si è riusciti a controllare il fenomeno  con diversi trattamenti messi in atto dagli apicoltori.

 

Parlando di calabroni, il famoso calabrone asiatico ( vespa velutina) probabilmente

introdotto dalla Cina accidentalmente   nel 2003, pare essere  stato esportato tramite un carico di bonsai proveniente dallo Yunnan.  Anche in questo caso  si sono messe in atto delle  misure di contrasto  fino a creare delle zone rosse per circoscrivere il suo raggio di diffusione.

 

Attualmente siamo obbligati a destinare importanti risorse finanziarie  per far  fronte alle diverse patologie provenienti  dall’Asia, e quindi  siamo anche maggiorante penalizzati nella produzione sia del miele che della pappa reale. Ricordiamo  infatti che, mentre in Cina si produce più pappa reale che in altri paesi, in Italia si fa fatica a rilanciare la produzione e si soffre proprio della concorrenza Cinese, concorrenza ammessa fra le larghe maglie delle normative europee piuttosto favorevoli proprio ai prodotti Cinesi.

 

Oggi lo scenario si fa ancora più preoccupante con il noto  calabrone asiatico (Vespa mandarinia Smith),  che in  America  in questi giorni ha creato uno  stato di allerta per l’apicoltura e per  rischi legati alla vita umana, in quanto capace di uccidere con molta facilità anche gli esseri umani.

 

E se arrivasse in Italia ?

Cosa potremmo fare per difenderci ?

Cosa possiamo fare per salvare le nostre attività ?

Dovremmo istituire altrettante” zone rosse” per contenere il diffondersi di questo insetto ?

 

Se è  vero che in Italia non c’è stato una tempestiva azione del Governo  nel far fronte al Covid 19, è  altrettanto vero che se non si prendono in anticipo delle misure di carattere  preventivo per contrastare il Gigante Asiatico, ci ritroveremo in una situazione analoga.

 

Non solo.

 

Tutti noi ci auspichiamo che il Calabrone killer non sia frutto di manipolazioni genetiche, come è avvenuto per alcune specie di api che storicamente per errore umano sono diventate potenzialmente killer, perché altrimenti la situazione si potrebbe  complicare notevolmente.

 

Considerata la possibilità che la diffusione ad oggi è limitatissima, sarebbe opportuno già ora ridurre qualsiasi importazione di beni che possano fungere da vettore di trasporto dell’insetto.

 

Questo accorgimento ci permetterebbe di rallentare il fenomeno  e di avere il tempo per studiare gli eventuali predatori ( rettili, uccelli,,,ect) che possano limitare la loro proliferazione, creando delle zone di controllo del calabrone nelle sue principali aree di insediamento.

 

Già da ora sarebbe possibile attivare degli istituti di ricerca affinché si studino  sostanze chimiche che ,  selettivamente   associate a delle esche create opportunamente a base di carne ( data la loro natura carnivora) , lo sopprimano gradualmente dando la possibilità di trasmettere la sostanza dannosa all’interno del nido causando la loro morte per “effetto a cascata”..

 

Altrettanto utile sarebbe lo studiare quelle sostanze chimicamente capaci di distruggerlo velocemente per preservare la sua diffusione  nelle zone semi urbane ed urbane, sostanze da utilizzarsi  con tutte le relative misure di precauzione  legate al trattamento dell’area nel caso di utilizzo di una  sostanza pericolosa .

 

Insomma anche preparasi fin d’ora a combattere contro il Calabrone Killer sarà una delle probabili sfide per la nostra scienza.

Per leggere un’analisi del Dott. Girolamo Barracco basta cliccare su:

http://www.topbtw.com/topbtw-2003.html