La sfilata dei testimoni

l Maggiore dei Cc. Giuseppe DE DONNO

Nel corso dell’udienza del 7 giugno 2002 veniva esaminato il Maggiore dei Carabinieri Giuseppe DE DONNO.
Il teste aveva ricordato la cena del 20 giugno 1989 tenutasi alla presenza di circa 20 commensali in un unico tavolo collocato all’interno di una sala isolata del ristorante Charleston.
Nella circostanza si era parlato del possibile passaggio dall’Addaura da parte della delegazione elvetica ma nel contempo delle difficoltà di realizzarlo stante la ristrettezza dei tempi: si era dunque rinviato al giorno seguente per stringere eventuali accordi.
Sottolineava la propria convinzione che l’attentato fosse diretto esclusivamente al dott. FALCONE per le difficoltà di conoscere i movimenti della delegazione elvetica di quei giorni.
In relazione ai mandanti dell’attentato si era ipotizzata, come eventualità più accreditata la matrice mafiosa, con responsabilità del capo mandamento competente. Non si era però del tutto esclusa una pista alternativa proprio per la scadente tipologia di organizzazione.

Il dott. Ignazio DE FRANCISCI
All’udienza del 10 giugno era stato escusso il dott. Ignazio DE FRANCISCI, nel 1989 in servizio presso l’Ufficio Istruzione di Palermo che aveva trattato il I° maxi processo.
Il teste aveva ricordato la presenza della dott. ssa DEL PONTE e del dott. LEHMANN ed in particolare la cena del 20-06-1989, cui aveva partecipato insieme ad altri colleghi e rappresentanti delle forze dell’ordine, perché ne aveva personalmente curato l’organizzazione contattando il ristorante Charleston.
Non poteva escludere che si fosse parlato del bagno all’Addaura, pur parendo argomento non consono alla usuale riservatezza del dott. FALCONE che soleva parlare spesso di lavoro sentendosi a disagio nell’affrontare argomenti ‘leggeri’.
In ogni caso egli non era seduto vicino ai colleghi svizzeri.
Ricordava l’incontro in ufficio da FALCONE la mattina della scoperta dell’ordigno, presente anche il Cons. Meli accorso a confortare il collega, con il quale peraltro non aveva rapporti particolarmente cordiali, motivo per cui il particolare era rimasto impresso. Aggiungeva che le attività istruttorie concernenti i rapporti con i magistrati elvetici erano seguite in particolare dal dott. Natoli.
Il dott. De Francisci non ricordava di minacce portate in danno della dott.ssa DEL PONTE anche per i rapporti non confidenziali intrattenuti con il Pm elvetico.
Il dott. FALCONE non aveva comunque parlato di bersagli svizzeri, commentando l’episodio. Ricordava invece il suo gesto di stizza quando aveva saputo che era stato fatto saltare il detonatore.

Il dott. Cosimo DI PAOLA
Sempre nel corso della medesima udienza veniva escusso il dott. Cosimo DI PAOLA già appartenente all’ Ufficio Misure di Prevenzione della Polizia di Stato sin dal 1984 – 1985, indicato da Oliviero Tognoli (sentenza di I° grado f.305), quale “talpa” autore della soffiata, circostanza smentita dall’interessato, che gli aveva consentito nell’84, di sottrarsi all’arresto mentre si trovava all’Hotel Ponte di Palermo.
La conoscenza con il finanziere italo-svizzero Oliviero Tognoli risaliva al 1968, quando avevano frequentato insieme, divenendo molto amici, l’Istituto scolastico Jacopo del Duca di Cefalù. In seguito egli si era recato a trovarlo a casa (a Concesio in provincia di Brescia) ed aveva conosciuto anche il fratello Mauro che studiava sempre a Cefalù.
Il teste ricordava poi che il padre del Tognoli aveva lasciato l’attività imprenditoriale intrapresa a Campofelice di Roccella conseguendone per la famiglia il trasferimento a Pozzallo (RG).
Il giovane Oliviero aveva sposato Mariannina Matassa una donna di Cefalù, peraltro sua parente, tornava spesso in quel centro, sicchè c’erano occasioni d’incontri.
Non era a conoscenza dell’indagine a carico del Tognoli che, per lui, era stata una terribile notizia – allorquando l’aveva appresa – trattandosi del suo migliore amico.
Circa sei mesi prima dell’arresto di Tognoli aveva iniziato a diradare le visite a Cefalù e lui non lo aveva più visto dopo una cena svoltasi a casa sua circa sei mesi prima dell’inizio latitanza (circa ottobre 1983) in esito alla quale ricordava che avevano visto il film ‘L’inferno di cristallo’.
Il teste aggiungeva di aver appreso la notizia dell’arresto recandosi a svolgere ordine pubblico all’Ippodromo e leggendo il titolo del quotidiano l’Ora.
Ricordava che il Tognoli nominava l’Hotel Ponte ma non gli risultava se vi avesse soggiornato, dichiarava di non sapere se il Tognoli avesse avuto altri amici nella Polizia.

Il sovrint. Giuseppe LINDIRI
Sempre nel corso della medesima udienza veniva escusso l’agente Giuseppe LIRDIRI, all’epoca dei  fatti tutela personale del dott. FALCONE.
Ricordava di aver preso servizio il 20 giugno alle ore 14.00 apprendendo dalla scorta che cessava il servizio, come il dott.     FALCONE si    dovesse incontrare all’Addaura con la dott.ssa DEL PONTE in serata: ricordava in particolare che l’altro agente di tutela aveva detto ‘guarda che stasera fate tardi’. Erano    arrivati    all’Addaura qualche minuto prima delle 16 notando, all’atto di bonificare la zona sulla scogliera insieme al collega Lo Re, numerosissimi bagnanti ed anche il borsone la maschera e le pinne cui non avevano dato peso. Erano partiti poi alle 16.30 per il Palazzo di Giustizia e lui era rimasto con FALCONE fino alle 24.00 anche se il turno ?niva alle 20.00.
La sera il dott. FALCONE si era recato a cena venendo poi riaccompagnato a casa all’Addaura, dove non era stata fatta nuova bonifica.
L’indomani mattina, 21- 06 avevano chiesto alla vigilanza fissa (che era svolta dal Reparto Mobile di Palermo) se qualcuno avesse ritirato la maschera le pinne e la muta accanto al borsone ed alla risposta negativa si erano insospettiti, avvicinatisi lui aveva aperto solo un centimetro del borsone avvedendosi dei ?li e della cassetta: ciò aveva reso palese la presenza dei fili e dell’ordigno.

La sig.ra Barbara SANZO
All’udienza del 24 giugno 2002 veniva esaminata la sig.ra Barbara SANZO, diretta collaboratrice del dott. FALCONE dal 1984 al 1991. La teste affermava di non avere alcun ricordo relativo a pericoli o prospettate minacce nei confronti della delegazione svizzera. Nella circostanza aveva incontrato in ufficio, sia il 19 che il 20 i rappresentanti dell’AG ticinese. In particolare il giorno in cui poi si era svolta la cena al Charleston, ovvero il 20 giugno, il dott. FALCONE in mattinata aveva proposto che, finito l’interrogatorio antimeridiano (probabilmente si trattava di quello di Greco Leonardo) che stava per avere inizio, si interrompesse la sessione lavorativa, verso le 13, e ci si recasse per il bagno alla villa dell’Addaura.
Nel pomeriggio, intorno alle 16, ci sarebbe stato il secondo interrogatorio in programma.
La proposta era stata ben accolta ma in seguito non si era concretizzata essendosi protratto l’interrogatorio più a lungo del previsto, ciò che non aveva consentito la sospensione per il pranzo.
La teste ricordava esclusivamente la presenza dei due giudici, di due rappresentanti della polizia giudiziaria, la segretaria Tatiana, ed un difensore.
Il giorno precedente, lunedì 19 giugno vi era stato un altro incontro, il primo, al quale non aveva partecipato.
Nel pomeriggio, sempre del giorno 20, la teste ricordava di essere stata chiamata, sempre nel pomeriggio del giorno 20, dal dott. FALCONE che l’aveva invitata alla cena data anche la presenza della segretaria di LEHMANN, Tatiana, e allo scopo di evitare che la stessa potesse sentirsi a disagio.
La cena aveva avuto inizio verso le 20.30-21.00 al ristorante Charleston alla presenza di almeno 20 convitati: la teste ricordava di aver sentito dire che gli interrogatori erano terminati verso le 19.00. Ricordava poi un commento di rammarico della segretaria Tatiana, per non aver potuto recarsi a fare il bagno secondo l’invito del dott. FALCONE non potendo più presentarsi l’occasione a causa della loro partenza già fissata per l’indomani, mercoledì 21 nel primo pomeriggio.
Precisava infine che Leonardo Greco, il soggetto da
interrogare detenuto era stato tradotto in ufficio; nel pomeriggio erano stati escussi altri soggetti tra cui anche alcuni a piede libero.

Il dott. Gioacchino NATOLI
Sempre nel corso della medesima udienza, si procedeva all’esame del Cons. Gioacchino NATOLI, già giudice istruttore a Palermo, anch’egli, come il dott. De Francisci componente di quell’ufficio sin dal 1986  quando aveva sostituito il dott. Paolo Borsellino nominato Procuratore di Marsala. Il teste ricordava di essersi occupato in quel periodo, dei vari maxi processi di Palermo, nonché di altri processi di mafia, trattando anche delle rogatorie anche se non specificatamente di quella per cui è causa.
Il dott. LEHMANN era stato, comunque, il secondo Giudice Istruttore elvetico ad occuparsi del caso, sostituendo il precedente.
Il teste ricordava che tra i soggetti da escutere vi era certamente, in qualità di indiziato, tale Salvatore Priolo.
La deposizione del dott. Natoli non aggiungeva sostanzialmente nulla di significativo al quadro, relativo all’invito balneare presso l’Addaura ed alla cena del 20-6 al ristorante Charleston.
Il teste aggiungeva soltanto che il dott. Ignazio Dantone, dirigente della Criminalpol in Sicilia e l’Isp. Siracusa, erano incaricati di sovrintendere agli spostamenti della delegazione svizzera.
Conclusivamente, il teste sottolineava la particolarità e la flessibilità del sistema di sicurezza che ruotava intorno al dott. FALCONE.
Ricordava inoltre il convincimento espresso dal collega, secondo cui l’attentato era di assoluta riferibilità a Cosa Nostra proprio per le indagini congiunte in atto, per la prima volta anche in tema di riciclaggio del denaro sporco, di cui uno dei terminali erano certamente le banche svizzere. In tal senso, il dott. FALCONE era convinto che vi fosse un interesse anche verso i magistrati svizzeri, anche perché se lui si trovava a Palermo tutto l’anno e l’attentato era stato progettato proprio in quel giorno, questa poteva essere l’unica spiegazione possibile: in tal senso il dott. FALCONE era certo che Cosa Nostra fosse a conoscenza della presenza della delegazione in quei giorni.
Nell’udienza del 24 giugno l’appellante MADONIA Antonino aveva reso dichiarazioni spontanee in ordine ai suoi rapporti con la famiglia BRUSCA.

 

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