Pignatone, Lo Voi e la “trama zero” a Palermo

“Non credo di conoscere nessun altra città in cui il senso della vita è così forte. Forse perché è altrettanto forte il senso della morte”. Nessun altra città – ha detto il regista tedesco Wim Wenders. Ed è vero, Palermo è unica, Palermo è il centro dell’Universo, nel bene e nel male. Ha il virus e gli anticorpi. Sì, è vero, c’era la Cupola, Riina e compagni, ma c’erano Falcone, Borsellino e quanti, come loro, il virus della mafia lo combattevano e sapevano come combatterlo. Palermo è la città che ti stupisce, la città del traffico, quello lento caotico, ma anche la città che funziona, quella che si muove velocemente, quella dove non esiste la ‘giustizia lumaca’ e in poche ore si passa dalla presentazione di una querela alla chiusura delle indagini. È la città che non ha figli e figliastri, quella in cui non ci sono corsie preferenziali.

Oggi Palermo, purtroppo, finisce sulle prime pagine dei giornali. “La ‘trama zero’ fu a Palermo”, recita il titolo dell’articolo di Antonio Massari, sul Fatto Quotidiano, illustrando lo scontro tra Lo Voi e Lo Forte che dopo la sentenza del Tar favorevole a Lo Forte e che lo avrebbe portato al vertice della Procura di Palermo, si risolse, nel 2016, in favore del primo al Consiglio di Stato, presieduto da Virgilio. Non è una “storia vecchia”, ne parla Luca Palamara nel corso delle intercettazioni che hanno gettato il Csm nella bufera.

“Nel maggio 2019 – riporta il Fatto Quotidiano – (Palamara ndr) parlando con il consigliere del Csm Luigi Spina del procuratore di Roma Giuseppe Pignatone, gli dice queste parole: ‘Lo Voi lo fa fa Pignatone il ricorso de Lo Forte… c’è pure Pignatone in mezzo… sono dei matti’. . .”

Luca Palamara
                     Luca Palamara

Palamara, nel corso delle intercettazioni, aveva anche detto ‘E loro perché stanno a fa’ i patti per Lo Voi? Che faccio, mi metto a parlare di Lo Voi io?’. No, così non va bene, Palamara non può lasciar intendere qualcosa di poco chiaro e poi far finta di nulla, ne va dell’immagine dell’ex Procuratore di Roma (mica di Palermo), ne va di quella dell’attuale Procuratore di Palermo, ne va dell’immagine della magistratura. Palamara non può minacciare di fare nomi e i cognomi e poi tacere. A chiedergli di fare nomi e cognomi, è Il Fatto con l’articolo di Antonio Massari, ma sono anche tutti gli italiani che assistono a un  balletto che sembra non aver fine.

Ma torniamo a Palermo e alla nomina di Lo Voi a Procuratore di Palermo nel 2014, che fece molto discutere, visto che lo stesso non aveva mai avuto incarichi direttivi a differenza dei colleghi Sergio Lari e Guido Lo Forte, i quali avevano inoltre più titoli e più anzianità. Sappiamo come andò. Lo Forte impugnò quella nomina dinanzi al Tar che gli diede ragione,  fin quando Lo Voi non ottenne una vittoria al Consiglio di Stato, dove presidente della sezione c’era  Riccardo Virgilio – amico del Procuratore Pignatone –  finito coinvolto nell’inchiesta sulle sentenze pilotate, dalla quale emersero i rapporti professionali tra alcuni indagati e il fratello dello stesso Pignatone.

Giudice relatore ed estensore era Nicola Russo, arrestato due volte per corruzione in atti giudiziari.

“La nomina di Lo Voi – recita l’articolo del Fatto Quotidiano – è del dicembre 2014. Una delle prime di cui si occupa il Csm in cui s’è appena insediato Palamara. Quest’ultimo, ufficialmente, si schiera con Lo Forte. Interrogato dalla Procura di Perugia – spiegando di averne parlato con il procuratore aggiunto di Roma Giuseppe Cascini – racconta: ‘Cascini mi chiese pure se sapevo di qualcosa tra Pignatone e Lo Voi ed in particolar modo delle vicende inerenti il ricorso al Consiglio di Stato. Mi riferisco alla nomina del Procuratore di Palermo che (…) mi aveva visto fortemente impegnato a sostenere Franco Lo Voi fortemente voluto da Pignatone’. Una nomina che vantava un precedente importante: nell’agosto 2014, con la precedente consiliatura del Csm, quando Lo Forte è a un soffio dalla vittoria, il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano invia una lettera al Csm chiedendo di rispettare i criteri cronologici per gli uffici giudiziari. La procura di Palermo è in fondo alla lista e la pratica passa al Csm successivo che nomina Lo Voi.”

E questa è storia, forse una brutta storia di scelte correntizie, forse una di quelle brutte storie che oggi vedono la già macilenta credibilità della magistratura scendere sempre più in basso.

Ma a creare qualche perplessità, è quanto riporta il Fatto Quotidiano, ovvero la frequentazione tra Palamara e Russo (il Giudice relatore ed estensore della vicenda Lo Voi-Lo Forte al Consiglio di Stato) e la frequentazione tra Virgilio, il presidente del Consiglio di Stato, e Pignatone.

“Non abbiamo ovviamente intenzione di sostenere che l’ex procuratore di Roma sia mai intervenuto sulla vicenda in questione – scrive il giornalista del Fatto, lanciando un macigno nello stagno – Il punto è un altro. E riguarda un altro fronte del caso Palamara: lo scontro con il pm Stefano Fava, che presenta un esposto al Csm perché ritiene che il suo capo non si sia astenuto da alcuni fascicoli che riguardavano gli indagati Giuseppe Centofanti e Piero Amara”.

L’articolo prosegue con la narrazione della semplice conoscenza tra Centofanti e Pignatone, e i rapporti di lavoro di Piero Amara con il fratello dello stesso Pignatone.  “Amara sostiene però di non averlo mai retribuito” – riporta il quotidiano, che narra di come l’allora Procuratore Pignatone, alcuni mesi dopo l’avvio di un’indagine che riguardava Centofanti e Amara, chiese all’allora Procuratore generale della corte d’Appello, Giovanni Salvi, se dovesse astenersi, vista la conoscenza con Centofanti, che menzionava nella richiesta a Salvi. “Negli atti di Perugia – riporta il giornale – si legge però una lettera in cui Fava, il 5 marzo 2019, scrive a Pignatone per ricordargli che, nel 2016, gli ha ‘comunicato di conoscere ‘ Virgilio ‘da trenta anni’. E che quando Fava gli ha comunicato ‘le risultanze investigative’ Pignatone ne era rimasto ‘molto sorpreso’ perché lo ‘aveva conosciuto come persona integerrima’. Della conoscenza di Virgilio, però, in base agli atti che abbiamo potuto consultare, Pignatone non scrive nulla a Salvi quando gli chiede se debba astenersi. Eppure –se quanto Fava sostiene è vero – si tratterebbe di una frequentazione di 30 anni, superiore alla conoscenza con Centofanti, che invece menziona”.

Giuseppe Pignatone
                 Giuseppe Pignatone

Chissà, se fosse vero quanto affermato da Fava, se Pignatone avrebbe ricevuto da Salvi l’autorizzazione a occuparsi dei fascicoli.

Ed ecco che torna in mente la conversazione del 28 maggio dello scorso anno, quando Palamara ‘parla con Cosimo Ferri (già sottosegretario renziano, poi con il Pd e ora con Italia viva)’: “E loro perché stanno a fa’ i patti per Lo Voi? Che faccio, mi metto a parlare di Lo Voi io? Io non mi posso mettere a parlare di Lo Voi eh  Cioè… Conviene? Cioè… Io non è che c’ho problemi… Eh… Mi metto a parlare di come Lo Voi ha vinto pure dopo… va bene! Ah…”

Che abbia ragione Marco Travaglio, il quale chiude un suo articolo di oggi scrivendo di come una malintesa ‘ragion di Stato’ tende a coprire le deviazioni di pezzi delle istituzioni e ad allontanare i pm ‘cani sciolti’ in grado di scoprirle, ipotizzando che sia questa la ragione che potrebbe aver indotto Mattarella a garantire la successione morbida a Roma fra Pignatone e il fido Prestipino, sabotando i ‘discontinui’ Viola e Creazzo?

“La ‘trama zero’ fu a Palermo, pro Lo Voi contro Lo Forte”, scrive Antonio Massari sul Fatto Quotidiano. Bene, Palermo dunque caput mundi? Palamara sa e non può fare allusioni su due alti magistrati senza dover spiegare nulla.  Se sa parli, spieghi cosa accade in quelle stanze dei bottoni, come e chi decide una nomina e a cosa si è disposti pur ottenerla o farla ottenere.

Del resto, quel suo ‘Conviene? Cioè… Io non è che c’ho problemi… Eh… Mi metto a parlare di come Lo Voi ha vinto pure dopo…’, non può cadere nel silenzio, coperto magari dal clamore di storielle pruriginose, facendo sì che anche oggi in merito alla nomina dell’attuale Procuratore Prestipino, domani si possano fare allusioni a giochi di prestigio che furono fatti per azzerare la nomina di Marcello Viola e mettere sulla poltrona romana un fedelissimo di Pignatone.

Gian J. Morici

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