E’ morto Mauro mellini

È morto Mauro Mellini, politico, avvocato, difensore dei diritti e del diritto.

In Parlamento è stato l’unico che negli anni Ottanta si oppose fermamente alle misure di “prevenzione antimafia”. Aveva già previsto con decenni di anticipo le vergogne che oggi sono a tutti note.

Lo ricordo pubblicando uno dei suoi articoli.

MISURE DI PREVENZIONE: “L’ABUSO E’ NELLA LEGGE”

Lo scandalo della gestione “famigliare” a Palermo dei beni degli indiziati di essere mafiosi ed addirittura della “intensificazione” di tali misure in funzione della “promozione degli affari di famiglia”, dovrebbe aprire finalmente un dibattito approfondito sulle “misure di prevenzione”, quelle, a Palermo, di competenza della Sezione del Tribunale presieduto dalla Signora Saguto.

Ma i soliti “professionisti dell’Antimafia”, che poi sono tutti più o meno complici del “magna-magna” cui in gran parte è ridotta tutta l’Antimafia, “sorvolano” sul “deprecabile singolo caso” degli affari di famiglia delle misure di prevenzione del Tribunale di Palermo e, magari, però, si stracciano le vesti perché Bruno Vespa ha “mostrato dal vivo” a “Porta a Porta” i figli, rei di avere tributato un funerale “stile Padrino” al capoclan Casamonica, la nuovissima mafia “rom” “che si è infiltrata nella Circoscrizione Municipale di Ostia”.

Penso a tutto ciò rigirandomi tra le mani un opuscolo, che scrissi con l’amico e collega Mario De Stefano, quando ambedue militavamo ancora nel partito radicale (1987): “Misure di prevenzione – leggi ingiuste che non di difendono dalla criminalità”.

Pare impossibile. Né Mario né io avevano la “palla di vetro” per prevedere il futuro, né eravamo né siamo “mafiologhi” patentati ed in cattedra, né mai nessuno sembra abbia ritenuto di doverci interpellare su mafia, mafiosi, antimafia, leggi e “indirizzi giurisprudenziali”. Ma in quell’opuscolo di undici pagine c’è tutto. Tutto tranne gli “affaronissimi” della famiglia Saguto-Caramma, moglie, marito, figlio e contorno, che erano di là da venire.

Ma leggo, quasi con meraviglia, quello che scrivemmo allora, senza ancora il conforto dell’analisi dell’attualità degli effetti delle leggi: considerazioni, valutazioni, capitoli e paragrafi per i quali ci attirammo sospetti e provocammo scandalo ed insofferenza anche da parte di chi avrebbe dovuto esserci vicino.

Esempio il paragrafo: “L’abuso è nella legge”: “Del resto la legge prevede che tali misure…siano adottate in quanto egli (chi vi è sottoposto) è indiziato di essere mafioso…”.

E poi: “L’assurdità di misure restrittive da infliggere in base a semplici indizi…è resa ancora più manifesta ed aberrante per i fatti che l’appartenenza ad associazione mafiosa è oggi – (art. 41 bis c.p. introdotto dalla Legge Rognoni-La Torre) – (ancora non era venuto fuori il reato “giurisprudenziale di “concorso esterno”) uno specifico reato punito con gravi (sempre più gravi!!!) pene. Nessuno potrà sostenere…che la confisca dei beni sia una semplice misura di prevenzione, applicata quasi nell’interesse di chi vi è sottoposto per impedirgli di incorrere in qualche reato…”.

E poi: “E’ assurdo arrivare al punto che la stessa persona è allo stesso tempo processata per reato di appartenenza ad associazione mafiosa e sottoposta a procedimenti di prevenzione in quanto indiziata dello stesso fatto…”. “Si è dato il caso di persone assolte dal reato di associazione mafiosa ma sottoposte a misure di prevenzione in quanto indiziate di appartenervi…”. “E la confisca dei beni può divenire definitiva ed irrevocabile in danno di una persona che sia poi (o prima!) assolta…con formula piena dal reato associativo”.

Ora pare che nella furia promozionale degli affari di famiglia della Sezione Misure di Prevenzione di Palermo si siano verificati non pochi casi di “confisca in danno di innocenti di esser mafiosi”. Speriamo di non essere accusati di aver noi stimolato la consumazione di quelle assurdità, parlando quasi trent’anni fa della possibilità che quella sciagurata legge le consentisse.

Non troppi giorni fa leggevo, non senza un certo stupore ed un irreprimibile malessere, che il flusso turistico delle Baleari è di molte volte superiore a quello per la Sicilia.

La Sicilia che, per vastità territoriale, storia, archeologia, monumenti, varietà ambientale, gastronomia, folklore è assai più interessante delle pure magnifiche isole spagnole.

Ora leggo che i sequestri e le confische “antimafia” palermitani avevano, per una specifica vocazione turistica-alberghiera della famiglia Saguto “erogatrice-amministratrice” delle misure di prevenzione, un indirizzo particolarmente attento a quel settore, così essenziale per l’economia siciliana.

Non c’è bisogno di essere dei grandi economisti, quali non ne mancano (così sembra) nelle schiere, oggi silenti, dell’Antimafia, per comprendere che le misure di prevenzione, determinando una situazione di insicurezza del diritto di proprietà di beni e di titolarità di imprese, provocano, ben al di là dei casi in cui vengono applicate una situazione di debolezza e di incertezze in prospettiva per ogni impresa e per ogni imprenditore, con la conseguenza di una fortissima riduzione dell’affidabilità ai fini dell’erogazione del credito di cui ogni impresa (e specialmente quelle nuove o in sviluppo) ha bisogno.

Così a subire in concreto i danni dell’aleatorietà e discrezionalità di sequestri e confische non sono solo coloro che effettivamente vi sono sottoposti, ma tutti gli imprenditori e tutte le regioni dove la “lotta alla mafia” imperversa.

E soprattutto quelle dove imperversano certi “lottatori” e “lottatrici”, magari con la predilezione in famiglia per le amministrazioni di imprese turistico-alberghiere.

Erano anni, del resto, che questa situazione si protraeva. Lo avevano capito (e documentato e denunciato) privati, come Telejato di Partinico ed il prof. Salvo Vitale. Ma non gli altri magistrati di Palermo e quelli del C.S.M. (anche quelli non interessati personalmente). Modestamente avevo addirittura previsto, con Mario De Stefano, che si dovesse paventare la stessa discrezionalità di queste espropriazioni.

Ma, cosa ancor più grave del fatto che qualcuno che queste cose ben le conosceva, che sapeva che i quaranta e passa milioni di compensi per le “amministrazioni” conseguenti alle confische venivano spartiti tra sei-sette persone, ha taciuto e continua a tacere.

Penso al funerale di Casamonica e agli strilli per la trasmissione di Bruno Vespa.

Mauro Mellini

16 settembre 2015

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