Magistrati csm: vostro onore e la fellatio da 36 milioni di euro

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La Procura generale della Corte di Cassazione ha concluso la prima fase dell’istruttoria disciplinare a carico dei magistrati coinvolti nel caso Palamara e ha chiesto il processo alla sezione disciplinare del CSM per 10 magistrati, relativamente all’incontro avvenuto in un albergo di Roma in cui si discuteva di nomine ai vertici delle principali procure italiane.

Ad annunciarlo, in conferenza stampa, il procuratore generale della Cassazione, Giovanni Salvi. Il giudizio disciplinare è stato chiesto oltre che per Luca Palamara, per i 5 ex togati del CSM dimissionari lo scorso anno, Antonio Lepre, Luigi Spina, Corrado Cartoni, Gianluigi Morlini e Paolo Criscuoli, Cosimo Ferri, l’ex PM romano Stefano Fava, l’ex PM della Dna Cesare Sirignano più due magistrati segretari del CSM, per uno dei quali la richiesta di giudizio disciplinare era già stata avanzata.

Tutto nella norma ma permettetemi di non aver fiducia sulla sbandierata autopulizia e rinascita della magistratura.

L’Araba Fenice che dovrebbe autogenerarsi dalle proprie macerie e ceneri mi lascia assai perplesso, perché ricordo i tanti precedenti poco edificanti della sezione disciplinare del CSM.

In particolare, uno, il dossier n. 294 del 15 maggio 1981.

Si riuniscono i magnifici 9 della giuria della sezione disciplinare del CSM. Composta da nomi altisonanti che avrebbero dovuto garantire un giudizio misurato e attento.

Abbiamo Giovanni Conso, che sarà Presidente della Corte Costituzionale e Ministro di Giustizia prima con il governo Amato e poi con Ciampi. C’è Ettore Gallo anche lui futuro Presidente della Consulta, l’inossidabile Giacomo Caliendo (dopo 39 anni rimbalzato alle cronache per il niet al taglio dei vitalizi dei Senatori).

Il compianto Michele Coiro, Procuratore Capo alla Procura di Roma, ed ancora i togati Luigi Di Oreste, Guido Cucco, Francesco Marzachì e Francesco Pintor e il laico Vincenzo Summa.

Un simile consesso è chiamato a giudicare un magistrato sorpreso in un cinema di periferia, dove ha promesso soldi a un ragazzino per appartarsi con lui. Il togato venne sorpreso in una fellatio al minore e arrestato in flagranza di reato dagli agenti del Commissariato Monteverde di Roma il 13 dicembre 1973.

In Italia i processi sono lunghi e perigliosi e dopo tre gradi di giudizio e giudizi benevoli ed infine ad una amnistia, tutto è annullato. Il fellatore non ha più conti con la giustizia e così il CSM revocava la sospensione dal servizio ed ora rimaneva da celebrare il giudizio della sezione disciplinare.

La sentenza è di 12 pagine e viene scovata negli archivi del CSM da Mauro Mellini, avvocato ed esponente radicale, che la pubblicò nel libro “Il golpe dei giudici” nel 1994 quando aveva appena lasciato il CSM di cui era consigliere.

Scriveva Mellini: “A conclusione della vicenda V. non solo aveva ripreso servizio, ma era stato valutato positivamente per la promozione a consigliere di cassazione, conseguendo però tale qualifica con un ritardo di molti anni. E, avendo cumulato nel frattempo molti scatti di anzianità sul suo stipendio di consigliere d’appello, si trovò per il principio del trascinamento a portarsi dietro, nella sua nuova qualifica, lo stipendio più elevato precedentemente goduto grazie a tali scatti e a essere quindi pagato più di tutti i suoi colleghi promossi in tempi normali. Questi ultimi, allora, grazie all’istituto del galleggiamento, ottennero un adeguamento della loro retribuzione al livello goduto dal nostro magistrato”.

Come consigliere, Mellini aveva modo di accedere agli archivi segreti del CSM. E così si era tolto la curiosità di fare due conti: “Pare che tale marchingegno abbia comportato per lo Stato un onere di oltre 70 miliardi”.

Una somma pari agli odierni 36 milioni di euro.

“Tanto è costato ai cittadini italiani il caldo pomeriggio del pedofilo in toga. Trasformato d’un colpo da reprobo a benefattore dell’intera categoria” scriveva Livadioti nel suo illuminante libro, Magistrati l’ultracasta