I riscontri sulle voci dal di dentro

Nel quadro di una valutazione comparativa dell’attendibilità delle dichiarazioni rese dai collaboratori esaminati non può essere sottaciuta la fase relativa al confezionamento della carica esplosiva in ordine alla quale si sono registrate delle discrasie tra la versione fornita dal Brusca e quella del Ganci.
Va subito rilevato che la descrizione fornita dal Brusca in ordine alle caratteristiche morfologiche e cromatiche dell’esplosivo (“ tipo granuloso, un bianco leggermente scuro.… non rotondo, ma era un pò sformato, non era proprio rotondo a palline, però granuloso”) appare perfettamente conforme a quelle che, secondo dati di comune esperienza oltre che di specifiche acquisizioni processuali, sono le caratteristiche dell’esplosivo da cava, normalmente costituito per circa il 20% da tritolo e per circa l’80% da nitrato di ammonio; il primo si presenta come una polvere di colore marrone-nocciola, il secondo ha la consistenza e la forma di pallini del tipo di quelli che costituiscono la carica delle cartucce per fucili da caccia.
È fin troppo ovvio che, miscelando le due sostanze, il tritolo, polverulento, si deposita sulla superficie dei pallini, facendo loro assumere una colorazione tendente al marrone-nocciola, compatibile con il “bianco leggermente scuro” di cui ha parlato il Brusca.
Va infine ricordato che il detonatore ha la funzione di provocare l’onda d’urto che innesca l’esplosivo, mentre il nitrato di ammonio fornisce ossigeno alla miscela esplosiva.
Tanto premesso, va ricordato che in ordine alla fase di confezionamento e trasporto dell’esplosivo, il Brusca ha riferito quanto segue.
La quantità complessiva contenuta nei sacchetti era all’incirca di 40- 50-60 chilogrammi.
Egli aveva richiesto al Di Maggio di costruire una scatola in ferro con un’apertura nella parte superiore, fornendogli anche le dimensioni – preventivamente concordate con Madonia Antonino – e facendogli presente che avrebbe dovuto essere collocata nel portabagagli di una FIAT 126.
Frattanto aveva reperito in un garage di contrada Dammusi una bombola di gas e dopo averne svitato il rubinetto, collaborato dal Di Maggio all’interno dell’officina meccanica di quest’ultimo, aveva provveduto a riempirla, collocando la rimanente parte di esplosivo in due scatole di “aspor”, e sistemando il tutto (bombola, scatole e scatola metallica) nel portabagagli dell’autovettura Golf del Di Maggio.
Nelle prime ore del pomeriggio del giorno precedente alla strage, messosi alla guida della predetta autovettura, preceduto dal Di Maggio che gli batteva la strada a bordo della Fiat Uno intestata al fratello Giuseppe, si erano diretto a Palermo, recandosi in una traversa della via Ammiraglio Rizzo, dinanzi all’esercizio commerciale “Gammicchia gomme”, dove aveva appuntamento con il Madonia.
A quel punto il Di Maggio, dopo avere offerto la propria disponibilità a rimanere qualora la sua presenza fosse stata utile, si era allontanato; subito dopo il Brusca a bordo della Golf ed il Madonia a bordo di una Fiat Uno si erano introdotti in uno scantinato, sito nelle vicinanze in una traversa della via Ammiraglio Rizzo, all’interno del quale aveva notato una Fiat 126 di colore “verde oliva” poi utilizzata per compiere l’attentato; non ricordava se in quell’occasione fosse presente anche Ganci Calogero o se fosse sopraggiunto.
Erano, quindi, iniziate le operazioni di preparazione e collocazione dell’ordigno esplosivo, che il collaboratore ha dettagliatamente così descritto.
Avevano dapprima collocato la bombola di gas e poi la scatola di ferro, inserendo tra i due contenitori del cartone non evitare urti e attrito.
Non ricordava se avevano tolto la ruota di scorta dall’apposito alloggiamento di cui era fornito il cofano di quel modello di 126.
Descriva inoltre le attività di passaggio dei fili del detonatore e di sistemazione dell’apparato ricevente proprio sotto il seggiolino del lato guida della macchina, nonché dell’antenna “a filino, ricoperta di plastica”, che avevano fatto “fuoriuscire per quattro – cinque centimetri tra sportello e correntino della macchina.”
Il Brusca ha riferito che durante la preparazione dell’auto-bomba curata da lui e dal Madonia era presente anche Ganci Calogero, pur non ricordando se si trovasse già all’interno del garage o fosse sopraggiunto dopo il loro arrivo, mentre “Enzo Galatolo andava e veniva”, portando acqua, attrezzi ed altro materiale necessario; non ricordava se in quella circostanza avesse notato la presenza di Anselmo Paolo, certamente visto successivamente.
Tutta l’attività “per assemblare dentro la macchina i pezzi” li aveva impegnatati per 4-5-6-ore ed era stata ultimata “tardissimo”, senza essere tuttavia in grado di precisare l’orario esatto.
Il Ganci Calogero ha testualmente riferito: “ la macchina fu portata nel garage di Madonia ed io ci cambiai le targhe, mi ricordo, Madonia mi ci fece levare anche la ruota di scorta, ha preso la bombola, e in quell’occasione eravamo io, Brusca Giovanni e Madonia Antonino e, se non ricordo male, anche mio cugino Paolo, anche se, diciamo, non me lo ricordo tanto bene se lui c’era in quell’occasione o no, … e io notai questa bombola che ci mancava… dove va la manopola del gas…”
Dopo avere precisato, a specifica domanda, che la bombola era vuota e di essere entrato nel garage un paio di giorni prima della strage, ha descritto la seguente attività svoltasi all’interno di quel locale:
“No, fu una visita che abbiamo fatto perchè il Madonia o ci mandò a
chiamare, non lo so cosa. comunque noi ci siamo recati lì e perchè.. io quando vidi la bombola del gas ancora era vuota, non era stata ancora, diciamo, riempita e mi ricordo il fatto che il Madonia chiese al Brusca il funzionamento di questo motorino, .. “.
I contrasti tra il Brusca, che sostiene di essersi recato nel garage con la bombola già piena di esplosivo e di avere per la prima volta in presenza di Ganci collocato la bombola nel vano portabagagli, ed il Ganci, che riferisce dell’esigenza prospettata dal Madonia di togliere la ruota di scorta sembrerebbe deporre per l’organizzazione di una fase così delicata, improntata ad una certa approssimazione e aleatorietà.
Ad avviso della Corte, invece, il Ganci sovrappone il ricordo di due diversi momenti.
Il primo è quello nel quale era presente solo lui e Madonia (e non anche Brusca e Anzelmo) e nel quale è verosimile che effettivamente il Madonia gli abbia detto di togliere la ruota di scorta perché dava intralcio, in un contesto in cui evidentemente stavano effettuando delle verifiche preventive. Ciò rende verosimili le ben più precise indicazioni che il Brusca dovette ricevere dal Madonia il giorno prima allorchè gli furono fornite addirittura le dimensioni della cassetta e della bombola.
È significativo il fatto che inizialmente gli avessero più genericamente parlato di un barattolo e di una cassetta.
Ciò spiega la ragione per la quale Brusca non ricorda che sia stato necessario togliere in sua presenza la ruota di scorta per collocare la bombola.
Non è pensabile, infatti, che Brusca giunga al garage con una bombola piena di esplosivo prima di aver verificato la capacità del vano portabagagli; è verosimile che dapprima vi sia stata una verifica da parte del Madonia e del Ganci – ciò che, peraltro, potrebbe spiegare la ragione per la quale quest’ultimo ha ricordo di una bombola vuota – e che in esito a tale prova al Brusca sia stato dato l’incarico di predisporre una bombola ed una cassetta di una certa dimensione.
Il secondo incontro che Ganci sovrappone a quello di cui sopra è quello in cui avviene la prova del telecomando, ma che si verifica la notte antecedente all’attentato; di esso peraltro ha parlato anche l’Anzelmo, dato per presente anche alla prova della ruota di scorta, circostanza che invece quest’ultimo non ricorda.
Ciò consentirebbe di spiegare certe presenze che Ganci erroneamente colloca nel garage, quando prova la ruota di scorta (e cioè Anzelmo e Brusca).
Brusca ha confezionato con il Madonia l’auto-bomba e non ha ricordato di essere andato a Fondo Pipitone (anche se non lo ha escluso); il Ganci e l’Anzelmo invece lo hanno indicano come presente due volte presso il fondo Pipitone con Madonia (una prima volta hanno riferito di averli visti arrivare e che, dopo un certo periodo di tempo si erano allontanati per una o due ore, facendo poi nuovamente ritorno).
Il contrasto, ad avviso della Corte, si spiega con un errato ricordo di Brusca, che non risponde alla logica di una così delicata operazione.
Certamente dopo aver terminato – “tardissimo”, secondo il Brusca – il confezionamento dell’auto-bomba ed avere già verificato la corretta disposizione del detonatore, il Madonia ed il Brusca andarono a rubare le targhe asportandole da altra Fiat 126 posteggiata in una traversa della via S.Polo; è appena il caso di rilevare che quest’ultima autovettura, di proprietà di Santonocito, fu infatti parcheggiata alle 23,50 e il furto fu scoperto alle 6,00.
I due, quindi, si recarono all’appuntamento presso il fondo Pipitone con Anzelmo, Ganci Raffaele e Calogero, Pippo Gambino e Galatolo: ciò peraltro appare perfettamente plausibile e funzionale all’esigenza di far sapere ai predetti che tutto era a posto.
Per dimostrarlo dovettero far vedere come funzionava il telecomando; la prova è ricordata sia da Calogero Ganci sia da Anzelmo, i quali rimasero sorpresi dal meccanismo perché era la prima volta che lo vedevano.
Il Brusca invece, che aveva già fatto le più importanti prove in c.da Dammusi, non ha conservato alcun ricordo di quella eseguita nel fondo dei Galatolo, la cui marginale rilevanza per lui, a quel punto, non ne ha facilitato la memorizzazione; univocamente sintomatico appare, sul punto, la circostanza che, richiesto di precisare se avesse effettuato altre prove a Palermo, abbia significativamente dichiarato di non avere fatto vere e proprie prove, ma piccoli controlli.
Quando Brusca e Madonia si allontanarono – Ganci non ha saputo dire per quanto tempo ed ha supposto che fossero andati a sistemare la macchina mentre l’Anzelmo ha parlato di 1-2 ore – è verosimile che siano andati a riposare nell’appartamento di via D’Amelio, circostanza in ordine alla quale Brusca ha dimostrato di conservare un ricordo molto preciso e che oltretutto appare molto plausibile in considerazione della giornata intensa e del delicato impegno che li attendeva.
Altrettanto verosimile è che Madonia e Brusca abbiano fatto ritorno al fondo Pipitone per avvisare che erano pronti e per portarsi dietro Galatolo che doveva aprire la saracinesca del garage di Via Porretti.

 

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