A proposito del commissario del Comune di Vittoria, ‘vicerė’ di Antonello Montante

A proposito del commissario del Comune di Vittoria, ‘vicerė’ di Antonello Montante

Di Angelo Di Natale

Magistrale pezzo giornalistico tratto dalla pagina Facebook di un galantuomo. Uno degli ultimi. Angelo Di Natale eccellente giornalista indipendente.

Vittoria, un ‘Signore’ al comando con le impronte di Montante

Il Vicerè di Vittoria

La pubblicazione da parte de ‘I Siciliani Giovani’ dell’articolo di cui al link sopra riportato mi ha fatto ricevere centinaia di messaggi (molti da persone che non conosco) di apprezzamento per la testata diretta da Riccardo Orioles, l’unica che ha pubblicato la notizia, da altri ignorata o censurata.

Su pressante invito di alcune persone e collaboratori a conoscenza dell’origine di questo testo (un libro-inchiesta in lavorazione – titolo ancora riservato – su vicende, piccole e grandi, di malaffare e di corruzione nella realtà italiana, che uscirà in autunno) ecco di seguito, il primo capitolo che tratta proprio il caso-Vittoria, da cui parte la ricostruzione che, nella sua stesura complessiva, offrirà uno spaccato di vita italiana degli ultimi decenni.

Ai Cittadini che hanno a cuore l’etica civile e lo stato di salute della ‘res pubblica’

Buona lettura.

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Vittoria, nel Sud-Est della Sicilia, con poco più di quattro secoli di storia, è una città ‘giovane’: conta 64 mila abitanti, è la nona dell’isola e tra le prime cento d’Italia. Nota soprattutto per il mercato agroalimentare, il maggiore del Sud; nota anche, purtroppo, per l’aggressione patita per mano della mafia, con il suo prelievo criminale nell’economia e le faide tra cosche che negli anni ’80 e ’90 hanno lasciato a terra oltre un centinaio di morti ammazzati; nota infine, in questo secolo, per la grave crisi agricola che ha sancito la fine dell’oro verde, generato per almeno tre decenni da un modello originale e innovativo di sviluppo – le colture in serra – di cui rimangono solo macerie: 2 mila procedure esecutive con case, capannoni e aziende agricole vendute all’asta.

Quando il 31 luglio 2018, a capo della commissione straordinaria nominata per amministrare il Comune di Vittoria sciolto per mafia, s’insedia Filippo Dispenza, funzionario dello Stato in pensione con il titolo di prefetto dopo una carriera in Polizia di Stato, non sappiamo quale sia il suo umore.

In quel momento, da due mesi e mezzo, in una cella del carcere Malaspina di Palermo, è rinchiuso Antonio Calogero Montante, suo ‘amico’ al quale doveva, e forse deve ancora, gratitudine, come risulta dalla voluminosa documentazione relativa agli interessi, ai traffici e alla rete intessuta dall’ex meccanico di Serradifalco, artefice di una formidabile scalata di tutti i piani del potere, in Sicilia e in Italia, in nome di un’impostura: un millantato impegno per la legalità che nascondeva ben altro.

Chi sia Antonio Calogero Montante è scritto in decine di migliaia di pagine dell’inchiesta della procura di Caltanissetta sfociata nella condanna di primo grado a 14 anni di reclusione (con il rito abbreviato che regala lo sconto di un terzo della pena) per associazione per delinquere, accesso abusivo ai sistemi informatici delle forze di polizia ed altri reati. E poi ci sono le altre migliaia di pagine del secondo processo, di cui deve ancora iniziare il dibattimento, che lo vede imputato, insieme all’ex presidente della Regione Rosario Crocetta e ad altri, di associazione per delinquere finalizzata alla corruzione; nonché quelle del procedimento, avviato ancora prima ma fermo alle indagini preliminari, per associazione per delinquere di stampo mafioso.

Chi sia e chi sia stato Montante è noto soprattutto a coloro i quali, nei suoi 15 anni di strapotere in Confindustria esercitato in nome di una patente antimafia frutto di un colossale e ingegnoso imbroglio, lo hanno frequentato, corteggiato, chiedendo e ottenendo favori in cambio di un ‘semplice’ mettersi a disposizione.

E così gli inquirenti hanno potuto ricostruire questa efficientissima macchina di un potere occulto, e spesso criminale, proprio grazie alle ‘pen drive’ che l’ex meccanico di Serradifalco, riverito per vent’anni da potenti di ogni risma, ha lanciato rocambolescamente dal balcone della casa di Milano prima di consegnarsi ai poliziotti. Ma anche grazie alla stanza segreta in cui – coperta da una parete-libreria e da una porta blindata nascosta – i poliziotti veri (ben diversi dai poliziotti a ‘sua disposizione’), nonostante le coperture e i depistaggi della potente cricca, hanno trovato una montagna di documenti, su carta e telematici, che svelano i segreti e la vera natura del finto industriale antimafia.

In quella stanza segreta sono custodite tulle le chiavi del sistema-Montante. Alcune hanno permesso agli inquirenti di incriminare i soggetti più esposti (alti esponenti delle forze dell’ordine e dei servizi segreti, imprenditori, politici, collaboratori, faccendieri), ma tante altre, pur senza fornire ai magistrati una leva per l’esercizio dell’azione penale, hanno consentito comunque una ricostruzione storica drammatica e inquietante.

Per esempio nel famoso ‘file excel’ rinvenuto nella stanza segreta c’è una lunga lista di incontri, frequentazioni, appuntamenti, segnalazioni, richieste e concessioni di favori.

Di questuanti disposti ad ogni compromissione pur di abbeverarsi alla fonte del potere di Montante ed ottenere soldi, vantaggi, premi, carriere quel ‘file’ è pieno: magistrati, alti esponenti della Polizia di Stato, dei Carabinieri, della Guardia di Finanza, dei Servizi segreti; e poi imprenditori, politici, giornalisti, dirigenti e funzionari pubblici.

Non pochi i ‘prefetti’, di funzione e di ‘titolo’.

Come Filippo Dispenza. Che almeno in un periodo, secondo quanto annota Montante nel file excel, lo incontra 26 volte, tra il settembre 2009 e l’ottobre 2014. E di ogni incontro sono riportati il luogo, la data e l’ora, il nome di eventuali altri soggetti come, nel caso di Dispenza, il figlio Gabriele che oggi ha 36 anni.

E così le indagini della Polizia di Stato documentano l’assunzione di Dispenza jr, nel 2011 ad opera di Ksm security, una società che opera nel campo della sicurezza preventiva, attiva da cinque generazioni sempre in capo alla famiglia Basile, da quando il capostipite Rosario la fondò con ex carabinieri in congedo subito dopo l’unità d’Italia.

Il capo attuale dell’azienda, di nome Rosario come il fondatore, è persona molto vicina a Montante e ai suoi interessi: nominato dal governo Crocetta alla guida dell’Irfis e al suo fianco nell’affaire per la riqualificazione dell’area ferroviaria della stazione Lolli a Palermo. Un affaire nel quale Montante e la sua cricca si lanciano, come in quello per impossessarsi dell’Ast (Azienda siciliana trasporti di proprietà della Regione) allo scopo di fare business con i soldi pubblici. E quando è presidente dell’Irfis, a settembre 2016 Basile viene arrestato per calunnia, corruzione e stalking. Il caso nasce, sì, nella sfera privata (imputato di calunnia per avere accusato di estorsione una donna che gli chiedeva di riconoscere il figlio) ma rivela ben chiare le impronte del sistema Montante: un maresciallo dei carabinieri viene indagato con Basile per avergli passato informazioni riservate. E a difenderlo c’è Nino Caleca, già assessore nella giunta-Crocetta e che, oltre a Basile, difenderà lo stesso Montante, prima di essere nominato dalla giunta-Musumeci membro del Consiglio di giustizia amministrativa che in Sicilia è giudice d’appello, in luogo del Consiglio di Stato, rispetto alla giurisdizione dei Tar.

Per tornare a Dispenza, le risultanze investigative dell’inchiesta sul ‘sistema Montante’ annotano anche il nome di un altro figlio dell’attuale capo dell’amministrazione straordinaria del Comune di Vittoria, Giulio Dispenza, che oggi ha 30 anni e del quale viene riportata la passione per il calcio e la sua esperienza, ancora ragazzino, tra il 2001 e il 2004, nella Juventus. Per intercessione di Montante? Non c’è riscontro, e comunque sono gli anni nei quali Montante ancora ‘studia’, anche se già pienamente in campo e con le idee chiare, da super-potente d’Italia.

Infatti solo il primo dato è inserito dagli investigatori nel capitolo sulla richiesta di favori, alla luce dei riscontri dati non solo dall’assunzione di Gabriele Dispenza ad opera della Ksm e, in successione, di altre società del gruppo, ma dei tanti contatti, sia di Dispenza senior che di Dispenza jr, con Diego Di Simone Perricone, ex ispettore della Squadra mobile della Questura di Palermo e figura centrale nel sistema di potere di Montante il quale lo mette a capo della Security di Confindustria e, grazie al suo ‘dipendente’ sottratto alla Polizia di Stato, tiene in mano le leve dell’accesso criminoso alle banche dati e ai sistemi che consentono a tutte le forze di polizia di espletare le indagini per fini di giustizia e per la sicurezza dei cittadini: imputato con Montante, sceglie come lui il rito abbreviato e, il 10 maggio 2019, è condannato a 6 anni e 4 mesi di reclusione.

Sono fitti i contatti, di Filippo e Gabriele Dispenza con Di Simone, annotati dagli investigatori, così come non passano inosservati i 26 incontri tra l’allora dirigente Ps Dispenza e il capo rampante di Confindustria Sicilia, da settembre 2009 ad ottobre 2014.

Un quinquennio nel quale il dirigente spicca il volo. Dal ’76 al ’78 era stato funzionario addetto alla squadra mobile di Napoli, dal ’78 al ’94 funzionario a Torino, dal ’98 al ’99 dirigente della squadra mobile di Genova; da agosto 2007 aveva diretto per un anno la polizia di immigrazione e di frontiera in Piemonte e Liguria; quindi, ancora per un anno – da agosto 2008 ad agosto 2009 – il Servizio immigrazione e pubblica sicurezza del ministero dell’Interno.

Non sappiamo quando e quanto tempo prima, rispetto alla serie degli incontri documentati dagli investigatori, dal primo febbraio 2009, Dispenza sia entrato in contatto con Montante, ma è certo che a ridosso di quel periodo la sua carriera comincia a volare. Ad agosto 2009 è nominato direttore del Servizio Relazioni Internazionali Ufficio Coordinamento e Pianificazione delle Forze di Polizia e, il 17 giugno 2010, fa parte della delegazione ristretta presente a New York nella sede dell’Onu per il decennale della Convenzione di Palermo contro la criminalità transnazionale, stipulata nel 2000. A guidarla, e ad intervenire ufficialmente a nome dell’Italia, il ministro della Giustizia Angelino Alfano, agrigentino come Dispenza: ma questo potrebbe essere irrilevante rispetto ai veri motivi dello strapotere esercitato dall’ex meccanico di Serradifalco sull’allora Guardasigilli che a lui era ‘istituzionalmente genuflesso’ come è scritto nella sentenza del Tribunale di Caltanissetta che ha condannato Montante.

Subito dopo, Dispenza, a settembre 2011, all’età di 58 anni, ottiene il suo primo incarico di questore, ad Alessandria, sede periferica e secondaria. Ma qui rimane appena due anni. Il 17 dicembre 2013 diventa questore di Cagliari: miracolo di una promozione fulminea da dirigente superiore a dirigente generale (Cagliari è capoluogo regionale) la quale solitamente richiede un periodo ben più lungo, di almeno dieci anni, oltre ai necessari ulteriori elementi di merito e di risultati raggiunti.

E al Viminale, che tutto decide sulle carriere di prefetti e poliziotti, da otto mesi a quella data, si è insediato Angelino Alfano il quale a luglio 2011 si è dimesso da Guardasigilli per fare a tempo pieno il segretario politico del Pdl, un ruolo di grande potere al tempo dell’allora solidissimo governo-Berlusconi forte della schiacciante maggioranza parlamentare uscita dalle urne nel 2008.

Per Dispenza una ‘super-promozione’ lampo che suscita clamore negli ambienti della polizia: e già allora il pensiero di tutti corre al suo concittadino Angelino Alfano del quale solo diversi anni dopo si saprà quanto sarà scritto nella sentenza di un tribunale della Repubblica: Alfano, il ministro che a Montante mai avrebbe potuto dire di no!

E la carriera ‘attiva’ di Dispenza finisce in pratica quando a Montante si schiudono le porte del carcere: casualità dell’anagrafe perché proprio in quel periodo, il 30 maggio 2018, compie 65 anni e va in pensione.

Ma i titoli inanellati, le relazioni intessute e le posizioni di carriera costruite lo mettono sulla rampa di lancio per il primo mandato da commissario straordinario di un Comune sciolto per mafia: Vittoria appunto. E qui, affiancato da un vice prefetto e da un funzionario di Prefettura, Dispenza – amico di un accusato per mafia che sta nel cuore di mafiosi – e forte di un pedigree curriculare che è marchio di fabbrica, si lancia nella nuova missione: sconfiggere la mafia che si è infiltrata nel Comune di Vittoria e riportare la legalità nel Municipio.

Missione che conduce da dominus assoluto, tanto che il vice prefetto membro della stessa commissione, Giancarlo Dionisi (che non può vantare nel suo curriculum gli stessi ‘titoli’) in dissenso con l’amico di Montante nell’amministrazione del Comune di Vittoria, dopo appena sette mesi si deve dimettere e rientrare a Roma, nel suo ufficio al Viminale. Dispenza è il capo, vanta il titolo di prefetto, e prima di diventarlo, ha percorso tutte le tappe di carriera nella Polizia di Stato fino a dirigente generale. Di questa nomina, nel 2013, abbiamo detto. Quella a prefetto giunge il 30 aprile 2016: è in carica il governo-Renzi, con Angelino Alfano sempre ministro dell’Interno.

E al titolo acquisito appena due anni prima della pensione il ‘poliziotto’ tiene particolarmente. Tanto che quando si insedia a Vittoria ne fa elemento distintivo della propria figura. Si autodefinisce ‘prefetto’, si fa chiamare ‘prefetto’, in tanti – compresa la stampa locale – lo appellano ‘prefetto’ (pur non avendone mai esercitato la funzione operativa in una sede territoriale) al punto che Filippina Cocuzza, prefetto di Ragusa da gennaio 2017, deve fare un comunicato stampa per dire: <<scusate, qui il prefetto sono io!>>.

Oggi Dispenza è dominus del Comune di Vittoria da due anni e tale resterà fino all’insediamento del nuovo sindaco che sarà eletto il 4 o, in caso di ballottaggio, il 18 ottobre prossimo. Eppure la legge è chiara: <<Il decreto di scioglimento conserva i suoi effetti per un periodo da dodici mesi a diciotto mesi prorogabili fino ad un massimo di ventiquattro mesi in casi eccezionali>>. Qui è già trascorso il periodo massimo allungato nei ‘casi eccezionali’ (quali?) e, nondimeno, Dispenza, nel dare appuntamento ad una conferenza stampa mercoledì 29 luglio, annuncia che anche nei prossimi tre mesi sarà dotato di ‘pieni poteri’. Ma di quale deroga dispone per prolungare a 27 mesi il mandato?

Strano destino quello dei due amici, Montante e Dispenza: il primo a lungo in una cella a tentarle tutte per ribaltare uno scivolone rovinoso e forse, definitivo, che non aveva minimamente messo in conto; l’altro invece, cresciuto insieme alle fortune del primo, sempre e tuttora (anche dopo che questi è stato arrestato, recluso, condannato in primo grado e accusato anche di associazione mafiosa) in grande spolvero in un nuovo palazzo del potere di cui è signore incontrastato, pur apparendo alla città del tutto inidoneo alla missione.

Una città non è una questura, non è un reparto addestrato ad ‘obbedir tacendo’ né una ridotta burocratica. E Vittoria da 24 mesi soffre più che in passato: piegata al silenzio, incapace di far sentire la propria voce ad una commissione asserragliata nel palazzo o fisicamente assente, condannata a vedere passivamente i problemi languire, acuirsi, incancrenirsi. Dialogo con l’istituzione comunale zero. E silenzio imposto a colpi di querele.

Dispenza ne ha presentate una sessantina, molte contro cittadini semplici, ‘colpevoli’ di avere espresso un’opinione, lamentato un disservizio o segnalato sui social un problema come i rubinetti a secco.

Tutte querele, anche le più ‘fantasiose’, che la Procura di Ragusa manda regolarmente avanti, senz’altro vaglio di merito – è la sensazione di diversi difensori di indagati e imputati – oltre a quello, influente o decisivo, del nome del querelante.

Querele cui ha dovuto attendere, pressoché a tempo pieno, un avvocato del Comune, assunto di recente, dopo essere stato – quando si dice il caso! – socio di studio dell’ultimo sindaco, Giovanni Moscato che lo ha selezionato e sotto la cui amministrazione gli organi comunali sono stati sciolti per infiltrazioni mafiose.

Un superlavoro ‘dispensato’ ad una piccola Procura dall’organico incompleto, per il disagio dei pm costretti ad occuparsi dei reati ‘commessi’ da tanti cittadini contro il pretenzioso onore ferito del poliziotto-prefetto chiamato, forte di cotanto curriculum antimafia, a scacciare la mafia dalle stanze del Municipio.

Disagio apparso palpabile quando, per esempio, un pm il cui tavolo è invaso da questi singolari fascicoli, ha chiamato qualcuno dei querelati (non il querelante) per dirgli: <<Ma non potreste finirla?>>. <<Finirla io? E come?>> è la risposta incredula, ma anche oltremodo ‘comprensiva’, offerta dal malcapitato ad un magistrato forse indotto all’inconsueta iniziativa dal non riuscire a contenere, e dal non sapere come esprimere, tutta la sofferenza repressa.

In un caso, nell’arma sempre carica e in pugno del poliziotto-prefetto, incorre anche un avvocato nell’esercizio delle funzioni. Si, perché il legale, Salvatore Messina, vittoriese anche se iscritto all’Ordine forense di Milano, subìsce ben più che una querela dall’autocrate comunale: fatto identificare dalla polizia, condotto in commissariato, trattenuto, ‘foto-segnalato’ e, come se non bastasse stante la ‘gravità del crimine’ commesso, sottoposto al prelievo delle impronte digitali.

Il crimine, appunto. Quale? Avere tentato di esercitare le sue funzioni di ‘legale’ chiedendo di parlare con Dispenza per sottoporgli le richieste e le osservazioni di una decina di commercianti da lui assistiti in relazione ai lavori in corso per la realizzazione di un progetto comunale di edificazione di un centro di aggregazione sportiva nell’area dell’ex campo di concentramento.

Dopo averci provato con una lunga sequenza di richieste per telefono, posta elettronica e fitte interlocuzioni perfino con il Viminale e la Prefettura, l’indomito avvocato, l’11 marzo scorso, si piazza dinanzi al Comune ottenendo, al passaggio di Dispenza, il trattamento riferito, con denuncia per i reati previsti dall’art. 336 (‘violenza o minaccia a pubblico ufficiale’) e dall’art. – in quei giorni notissimo – 650 del codice penale: ‘inosservanza dei provvedimenti dell’Autorità’. Eravamo in tempi di lock-down e la giustificazione ‘lavorativa’ dell’avvocato, con in tasca il mandato dei suoi numerosi assistiti, non è ritenuta sufficiente. E così il legale non riesce a parlare con Dispenza, né ad entrare nel suo ufficio nel palazzo comunale, ma, per avere osato così tanto, entra di diritto nel … ‘data base’ del Ministero dell’interno e del sistema Afis, il “Sistema automatizzato di Identificazione delle Impronte” con il quale si dà la caccia ai delinquenti.

Dispenza è un poliziotto esperto e questa esperienza la mette a frutto per … la sicurezza della città che amministra. Ma un dubbio rimane. E’ la negazione di ogni dialogo con la quasi totalità dei cittadini e dei rappresentanti politici e sociali che caratterizza l’operato di Dispenza a precludere quel colloquio o – anche – il merito del tema, preannunciato, che l’avvocato avrebbe voluto affrontare?

Il legale ‘arrestato’ nella, e per la sua, pretesa di parlare con Dispenza, da tempo denuncia a tutte le autorità possibili l’illegittimità, a suo avviso, del progetto relativo al centro di aggregazione sportiva in zona F5 del piano regolatore generale (manca di un piano particolareggiato), deliberato dalla giunta-Moscato e i cui lavori sono iniziati, sotto l’amministrazione straordinaria, a febbraio scorso. Per la cronaca, numerose denunce ed esposti sono stati presentati da Messina all’autorità giudiziaria, e non solo, su quella che egli presenta come una vicenda criminale che da molti anni attraversa il Comune di Vittoria, in totale continuità tra varie amministrazioni precedenti e quella attuale affidata ai commissari: la ‘Vittoria mercati’, elemento di plastica continuità tra l’operato, ormai quasi biennale, dei commissari mandati dal Viminale a sfrattare la mafia dal Comune e quello dell’amministrazione precedente sciolta d’imperio.

Non il solo elemento di continuità, come attesta l’imbarazzante vicenda della proroga dell’appalto del servizio di igiene ambientale, disposta dall’amministrazione commissariale, alla stessa impresa di prima: atti in fotocopia rispetto a quelli dell’amministrazione precedente ampiamente citati nella relazione prefettizia a giustificazione della necessità dello scioglimento.

In effetti Dispenza non di rado rivendica la totale diversità dei propri provvedimenti rispetto alle gestioni del passato e la primogenitura del ‘nuovo corso antimafia’, come quando, ai primi di marzo del 2019, ospite insieme al giornalista Paolo Borrometi di ‘Unomattina’, programma tv di Raiuno, afferma che mai, prima di lui, in quarant’anni, era stato emanato un bando per assegnare con criteri di evidenza pubblica i box nel mercato ortofrutticolo.

Ciò non è vero come documenta – sventolando un bando del 2000 – un ex sindaco del tempo, Francesco Aiello, che l’ha firmato, dandovi applicazione con l’assegnazione di 18 box. Dispenza quindi dice il falso e, incalzato più volte su quell’errore, non aggiunge mai una sola parola: <<quanto avevo da dire l’ho detto>> è la sola concessione.

Dispenza parla una sola volta e tanto gli basta: ipse dixit, secondo il ‘principio d’autorità’, da lui stesso – ipse – certificata.

E intanto, sotto la sua amministrazione straordinaria, i soldi pubblici, soldi dei cittadini vittoriesi, servono – anche – a querelare, in massa, i cittadini vittoriesi.