Filippo e la strage di porto empedocle

3 GebbiaEra il 21 settembre 1986 a Porto Empedocle, quando Filippo Gebbia stava camminando lungo il corso. Quella sera di fine state, d’improvviso via Roma si tinge di nero, mentre due cabriolet si fermano di fronte ad un bar. A scandire i secondi, i colpi d’arma da fuoco. Una voce urla: “Filì, Filì”. Uno dei killer spara ancora.
Una volta tornata la luce, davanti ecco la disarmante verità.
Quella notte è passata alla storia come la prima strage di Porto Empedocle, durante la quale hanno perso la vita sei persone: i due innocenti Antonio Monreale e Filippo Gebbia e alcuni esponenti della Stidda: Gigi e Giuseppe Grassonelli, assieme ai due guardaspalle Salvatore Tuttolomondo e Giovanni Gallia. A uccidere Cosa nostra. Una guerra fra mafie, quindi.
Porto Empedocle era teatro di “dissensi” tra la famiglia Messina e la famiglia Grassonelli.
Fino alla metà degli anni Ottanta, infatti, la città subiva l’influenza di Cosa nostra, la quale deteneva la supremazia e non tollerava che altre famiglie, come quella dei Grassonelli, potessero farsi spazio nel territorio. La strage del 1986, secondo la versione storica, più accreditata, era stata progettata da Cosa nostra per punire proprio gli “stiddari” e soprattutto perché, dietro la faida tra le due famiglie, si celava al solito, il business del traffico di stupefacenti.
Quel giorno di fine estate Filippo aveva solo trent’anni. Volontario nell’ambiente parrocchiale e dottore chimico presso una casa farmaceutica, avrebbe dovuto sposarsi a breve. Qualcuno dice che Filippo si trovava nel posto sbagliato al momento sbagliato…
Eppure, in quella domenica di fine estate, era necessario riaccendere la luce della città per accorgersi della mafia. Peccato che a illuminare il paese, ci siano stati solo i bagliori dei proiettili sparati.

Fonte mafie blog autore repubblica