La storia dimenticata di Maria e Natalina

The dead woman's body. Focus on handÈ una strage compiuta all’interno della faida tra gli Stillitano e i Maisano quella che porta alla morte Maria e Natalina Stillitano (rispettivamente di 22 e 21 anni) e al ferimento della loro nipote.
A progettare quella che risulta essere una vendetta di mafia è Domenico Maisano: riteneva lo zio delle vittime il responsabile del ferimento di suo nipote Martino, ridotto sulla sedia a rotelle per le pistolettate ricevute. Il piano di morte scatta a Drosi, piccolo centro della Piana di Gioia Tauro, il 22 dicembre 1962.
Le tre parenti si trovano intente nel lavoro di sartoria. I mobili della stanza dove si sta svolgendo la loro attività, sono ricoperti di stoffe di tutti i colori possibili, ricreando una sorta di prato occupato da fiori appena sbocciati. Bussano alla porta e Maria si precipita ad aprirla, ignara del fatale destino che l’aspetta. Spalancata la porta, lo sguardo nero consumato dal male nel volto di Domenico Maisano la sovrasta in una frazione di secondo, seguito da un proiettile ardente che le perfora anima e corpo. Non soddisfatto dalla sua crudeltà fa irruzione nello stabile mutando il clima spensierato e leggero in una tetra e angosciante tempesta, massacrando a colpi di arma da fuoco la sorella minore, dopo aver ottenuto l’informazione ricercata. Il rimbombo dei proiettili si ripetono ininterrottamente nelle orecchie della nipote, facendola barcollare in un filo tra la vita e la morte. Il suo corpo paralizzato non emette nessun respiro nella speranza di non esser sentita dall’omicida, il quale tuttavia le rilascia tre colpi sulla gamba. Un minuto dopo scappa: alla ragazzina è concesso di respirare. Pneuma. Soffio vitale, soffio di giustizia.
Unica testimone di quella notte. Quella notte bruciante.
Ma male chiama altro male: altro sangue, altra vendetta. Anche Domenico Maisano entra nel lungo elenco delle vittime di faida della ‘Ndrangheta. Quale giustizia? Una storia di piombo vissuta senza nessun scudo che proteggesse Maria a e Natalina.

(Si ringrazia per la collaborazione il Liceo Duca degli Abruzzi di Treviso e in particolare la prof.ssa Paola Schiavon)

 

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