L’assassinio del medico fortunato La Rosa

Sono trascorsi quindici anni dall’8 settembre 2005, giorno in cui Fortunato La Rosa, medico oculista ormai in pensione, fu ucciso da tre colpi di fucile mentre in macchina percorreva la strada che lo avrebbe portato ai terreni di sua proprietà. Da quando era andato in pensione, Fortunato La Rosa aveva iniziato a dedicarsi con passione alla cura e alla coltivazione di alcuni terreni di famiglia situati nella zona dell’Aspromonte, precisamente tra Canolo e Gerace. Sono forse proprio questi terreni che racchiudono la chiave del delitto che nel corso di questi anni non ha ancora trovato colpevoli.
In seguito a indagini – lunghe 9 anni -, nel 2014 per la prima volta viene rivelata una possibile pista per l’omicidio del dottor La Rosa che vede l’occupazione abusiva dei terreni dell’Aspromonte e la lunga vicenda delle ‘vacche sacre’ come fattori rilevanti per il delitto. Si ipotizza che l’omicidio sia stato commesso perché il medico si sarebbe opposto e ribellato, anche attraverso denunce, agli atteggiamenti mafiosi e alle intimidazioni da parte di famiglie locali che rivendicavano l’utilizzo dei terreni del medico come pascoli per le vacche presenti nella zona. Questa versione viene avvalorata nel 2017 dalle dichiarazioni del collaboratore di giustizia Domenico Agresta che, facendo riferimento all’omicidio La Rosa, conferma con le sue parole che il medico è stato eliminato perché le sue denunce e le sue legittime resistenze stavano intralciando le attività illecite di alcuni paesani di Canolo legati alla ‘ndrangheta. Nella deposizione, però, non viene fatto alcun nome.
Infatti, nel marzo 2015 vengono arrestati Giuseppe Raso e Domenico Filippone come mandanti, per aver organizzato ed eseguito insieme ad altri soggetti ancora da identificare l’omicidio del dottor La Rosa, con l’aggravante di metodi intimidatori e mafiosi allo scopo di agevolare nel territorio le attività della ‘ndrangheta. Già nel mese di aprile dello stesso anno cadono le accuse, per mancanza di sufficienti prove a supporto.
A quindici anni dall’omicidio di Fortunato la famiglia – in prima fila c’è sempre stata la moglie Viviana Balletta, che in questi anni ha continuato a prendersi cura dei terreni del marito -, aspetta ancora una risposta dalla Giustizia e forse anche senza conoscere i colpevoli possiamo non far cadere nell’oblio questa vicenda e interpretarla come storia di resistenza.

Fonte mafie blog autore repubblica