L’inchiesta della commissione Fava

Tra i poteri che la riformata Legge r. n. 4/1991 attribuisce alla Commissione Regionale Antimafia vi è quello di indagare sul rapporto tra mafia e politica e sulle manifestazioni di questo rapporto che, nei successivi momenti storici, hanno determinato stragi di carattere politico-mafioso.
Una caratteristica, quella appena enunciata, che trova un paradigma perfetto nella strage di via D’Amelio, nella quale persero la vita il giudice Paolo Borsellino e cinque agenti della sua scorta Agostino Catalano, Vincenzo Limuli, Claudio Traina, Emanuela Loi ed Eddie Walter Cusina.
La lunga vicenda processuale, il cui culmine è rappresentato dalla sentenza emessa il 20 aprile 2017 dalla Corte di Assise di Caltanissetta per il cosiddetto Borsellino quater, arriva alla conclusione che – nell’ambito della gestione delle attività investigative atte a fare luce su chi fossero gli esecutori ed i mandanti, interni ed esterni, dell’attentato – si consumò, così come si legge nella motivazione depositata il 30 giugno 2018 “uno dei più gravi depistaggi della storia giudiziaria italiana”.
Questa Commissione intende condividere senza riserve gli interrogativi lanciati nelle conclusioni della citata sentenza, nonché aderire a quell’esigenza di verità che la dottoressa FIAMMETTA BORSELLINO – da noi audita il 18 luglio 2018 – ha ancora una volta coraggiosamente rappresentato anche in questa sede.
Un lavoro d’inchiesta che la Commissione ha svolto nel pieno rispetto dell’attività dell’Autorità Giudiziaria, cui non ha inteso sovrapporsi, cercando di mettere a fuoco il perimetro delle responsabilità politiche, giudiziarie e istituzionali, ancorché senza rilievo penale, che hanno determinato, accompagnato o coperto il depistaggio di cui parla la sentenza citata in premessa.
Il nostro ciclo di audizioni ha ripercorso i fatti attraverso diversi testimoni di quella stagione, tutti a vario modo protagonisti (per ragioni d’ufficio giornalistico, investigativo o giudiziario) delle indagini sulla strage di via D’Amelio. In particolare la Commissione ha ascoltato due degli inquirenti che all’epoca si occuparono dei processi Borsellino 1, bis e ter (i magistrati PAOLO GIORDANO e CARMELO PETRALIA); uno degli inquirenti che si è occupato del Borsellino quater (il magistrato NICO GOZZO), l’ex responsabile del servizio ispettivo del DAP (il magistrato ALFONSO SABELLA); l’ex Procuratore Nazionale Antimafia (il magistrato PIETRO GRASSO); la presidente di sezione del Tribunale di prevenzione di Napoli (il magistrato ANGELICA DI GIOVANNI); i difensori di alcuni imputati falsamente accusati da Scarantino e dagli altri sedicenti “pentiti” (gli avvocati GIUSEPPE SCOZZOLA e ROSALBA DI GREGORIO); uno degli investigatori di punta del gruppo investigativo Falcone/Borsellino (il dottor GIOACCHINO GENCHI); il più stretto collaboratore di Paolo Borsellino (il colonnello dei carabinieri CARMELO CANALE); due giornalisti che, in tempi diversi, sono stati testimoni di alcuni degli avvenimenti che hanno caratterizzato questo depistaggio (SALVO PALAZZOLO del quotidiano La Repubblica ed ANGELO MANGANO, ex corrispondente di Italia 1).
La Commissione ha altresì acquisito – e utilizzato – tutti gli atti giudiziari ostensibili, documentazioni e corrispondenze (anche personali), nonché i verbali delle testimonianze rese nel corso del processo di Caltanissetta dai magistrati ILDA BOCCASSINI, FAUSTO CARDELLA, NINO DI MATTEO, ANNA PALMA e ROBERTO SAJEVA.
Ciascuno di loro è stato invitato per essere audito dalla nostra Commissione ma tutti, adducendo diverse giustificazioni, hanno scelto di declinare l’invito.

Fonte mafie blog autore repubblica