Quel pranzo fra pm e agenti segreti

C’è un altro episodio che descrive meglio di tutte le note del SISDE il clima di empatia e di collaborazione tra la Procura di Caltanissetta e i servizi segreti in quelle prime settimane di indagine.
È un episodio riferito in Commissione dal pm Petralia, testimone diretto di una lunga giornata conviviale che vide insieme, allo stesso tavolo, i vertici della Procura di Caltanissetta e quelli del SISDE, pochi giorni prima che Bruno Contrada venisse arrestato.

FAVA, Presidente della Commissione. Di questo coinvolgimento del SISDE eravate a conoscenza? Ne aveste percezione? Se sì, quando?
PETRALIA. Io ne ebbi una chiara, proprio una plastica, materiale percezione perché vi fu un incontro a cui venni invitato a partecipare e io facevo parte dell’organico della Procura, anche se come applicato. Quindi partecipai… Era un incontro conviviale. Fu un pranzo all’hotel San Michele di Caltanissetta… un pranzo al quale partecipammo: il procuratore capo, l’aggiunto, io ed altri colleghi della distrettuale, tra applicati e titolari. C’era sicuramente Giordano… e c’erano i vertici del SISDE. Tra questi, questo signore dai capelli bianchi, che io non avevo mai visto, se non forse in fotografia e che poi seppi essere Contrada… C’era molta… non dico familiarità… comunque mi accorgevo di essere, io e i sostituti, in un ambiente dove gli altri si conoscevano tutti quanti abbastanza bene… In quell’occasione, anche se era un’occasione conviviale, si parlò, o meglio, il procuratore capo fece riferimento a quel contributo che era stato richiesto con la nota, cui lei prima faceva riferimento…
FAVA, Presidente della Commissione. Cioè la nota è precedente?
PETRALIA. Certo, la nota è precedente di molto. Però, voglio dire, a me il fatto che sia stata fatta una richiesta al SISDE, espressamente, cosa assolutamente anomala per una procura, di dare un contributo alle indagini, sfuggiva. Ne ho avuto consapevolezza materiale in occasione di quel pranzo.
FAVA, Presidente della Commissione. Ma dopo che apprendeste di questa richiesta del procuratore, di questa nota del SISDE che lei, opportunamente, ritiene abbastanza anomala… ci fu una discussione in procura? Chiedeste al procuratore come mai si fosse rivolto proprio al SISDE?
PETRALIA. No, perché questo accadeva come una delle tante cose che venivano fatte e, comunque, chiaramente rientrava in quel patrimonio di disponibilità di poteri che aveva il procuratore capo, che era quelli su cui magari non si andava a sindacare… Quello che veramente mi ha colpito è stato il pranzo… Una colazione di lavoro si fa sempre anche con i colleghi, con gli ufficiali di p.g…. Lì era un po’… non è che avessi diffidenza, sinceramente non ne sapevo assolutamente niente di chi fosse Contrada, o meglio magari il cognome mi evocava qualcosa di sinistro però – se devo essere sincero – proprio nulla che avesse un senso. Io ricordo l’episodio soprattutto perché di lì a una settimana Contrada è stato arrestato.
FAVA, Presidente della Commissione. Questa nota che arrivò dal SISDE in qualche modo ha determinato delle conseguenze dal punto di vista investigativo?
PETRALIA. Non mi ricordo neanche qual era il contenuto… non mi pare che dicesse cose spettacolari.

In realtà, come abbiamo visto, è proprio in quella nota dei servizi (con cui ricostruisce la presunta caratura criminale e le parentele mafiose di Vincenzo Scarantino) che troviamo i prodromi del depistaggio.
Resta ancora un dubbio: il ruolo di Bruno Contrada e l’assoluta mancanza di coordinamento tra la Procura di Palermo e quella di Caltanissetta, visto che il tempo trascorso fra il pranzo all’hotel San Michele e il successivo arresto del numero tre del SISDE è di appena una manciata di giorni.
Com’è stato possibile che, proprio mentre a Caltanissetta si delegava a Contrada e ai suoi uomini la direzione di fatto sulle indagini sulla strage, la procura di Palermo fosse ormai alle ultime battute di un’indagine sullo stesso Contrada che avrebbe determinato il suo arresto pochi giorni dopo? Com’è stato possibile che tra Palermo e Caltanissetta non ci sia stata una minima trasmissione di informazioni? Com’è stato possibile che l’investigatore principale st Borsellino a Caltanissetta fosse considerato a Palermo, nello stesso istante, un poliziotto colluso con Cosa Nostra? E che nulla abbia contribuito a mettere in discussione la partnership investigativa che il procuratore capo Tinebra chiese al SISDE?

Lo abbiamo chiesto al procuratore Giordano, all’epoca applicato e poi procuratore aggiunto a fianco proprio di Tinebra nell’indagine su via D’Amelio.
FAVA, presidente della Commissione. Dunque, ci interessa intanto approfondire e fotografare il rapporto di collaborazione che si determinò nei fatti, in quella prima fase di indagine, tra il SISDE e la Procura della Repubblica di Caltanissetta.
GIORDANO. Allora, guardi, io all’epoca non fui a conoscenza di questa richiesta da parte del dottor Tinebra di compulsare i servizi… sapevo che il procuratore Tinebra aveva una consuetudine, diciamo, di frequentazione col SISDE… so che aveva la possibilità di disporre del volo CAI, tuttora credo gestito dai Servizi, poi ricordo che periodicamente lo veniva a trovare una persona dei Servizi di Palermo o di Caltanissetta, e io lo vedevo nell’anticamera, noi avevamo un anticamera comune… Poi veniva Piraneo che fu nominato referente (del SISDE) di Caltanissetta… quindi diciamo lui aveva questo rapporto così… Ricordo soltanto che una mattina venne a Caltanissetta una persona che io non conoscevo e che poi mi fu detto che essere il dottor Contrada. Io non mi ricordo se fui chiamato oppure entrai casualmente nella stanza del dottor Tinebra, e c’era questo funzionario, forse era accompagnato da qualche altro funzionario, e la discussione verteva sulle attività dei servizi nella lotta contro la mafia… si parlò di questo, diciamo, cattura di latitanti nel contrasto alle organizzazioni mafiose…

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