Prima “operativo”, poi arrestato per mafia

Sul pranzo di Caltanissetta tra i magistrati della Procura e i funzionari del SISDE, presente Contrada, il ricordo di Giordano contrasta nettamente con quello di Petralia:
GIORDANO. Ho letto sulla stampa le dichiarazioni del mio collega Petralia, dice che c’era stato un pranzo a Caltanissetta, presenti Contrada, Tinebra, lui include anche me, io lo escludo assolutamente, io non ho mai partecipato a pranzi, a riunione conviviali coi Servizi…nella maniera più assoluta. Lui si sbaglia. Io ricordo solo questa riunione, questa visita di Contrada nell’ufficio di Tinebra e basta. Poi non so altro.
FAVA, presidente della Commissione. Ecco, senta, ma quando Contrada incontra Tinebra e lei è presente, è già indagato – e da tempo – dalla Procura di Palermo.
GIORDANO. Noi non lo sapevamo.
FAVA, presidente della Commissione. Come è possibile che da una parte Contrada avesse questo rapporto così operativo con la Procura che indaga sulle stragi e nessuno da Palermo si premurò di dirvi: “C’è il rischio che lo arrestiamo”? Perché fu arrestato una settimana dopo quel pranzo…
GIORDANO. Ho un ricordo preciso, fu un fulmine a ciel sereno questo arresto, perché noi non avevamo nessuna contezza… Poi, dopo molto tempo, abbiamo ricostruito le dichiarazioni di Mutolo, Paolo Borsellino che sentiva Mutolo e in cui praticamente si cominciò a parlare di Contrada come uno dei personaggi coinvolti nei contatti con le organizzazioni criminali… ma in quel momento noi, almeno io personalmente non seppi nulla…
FAVA, presidente della Commissione. Ma non vi capitò di approfondire con il dottor Tinebra? Fu un arresto abbastanza clamoroso per l’intero Paese, Contrada era il numero tre dei Servizi e qualche settimana prima gli era stato chiesta una nota informativa su Scarantino. Vi capitò di confrontarvi su questo punto?
GIORDANO. Non ho un ricordo preciso, sicuramente avremo parlato perché, diciamo, ogni giorno eravamo lì a discutere tutte queste cose qui, e certamente fu una sorpresa… ecco.
FAVA, presidente della Commissione. La nota che riceveste il 10 ottobre del ’92… un’altra cosa abbastanza insolita è che è una nota che poteva essere data da qualsiasi Commissariato di quartiere a Palermo, nel senso che ci si limitava a spiegare: “Scarantino ha questi legami parentali, familiari, queste frequentazioni…” punto.
GIORDANO. Guardi, Presidente, io ricordo semplicemente una riunione a Caltanissetta, una riunione alla quale c’erano presenti molte persone, forze dell’ordine, eccetera, in cui il dottor La Barbera espose questa, non so se chiamarla teoria, collegamento, ce l’ho proprio qua davanti agli occhi e disse “Scarantino-Profeta-Aglieri” cioè il discorso che voleva dire e che voleva sottolineare era che Scarantino, sebbene fosse un balordo di quartiere, aveva un pedigree, un collegamento parentale con Salvatore Profeta che era un personaggio importante del mandamento della Guadagna e che era il braccio destro di Pietro Aglieri e di Carlo Greco, cioè dei vertici del mandamento. Quindi questa fu una delle cose che probabilmente hanno ingannato un pochettino…

In Commissione il dottor Giordano non ha mancato di fare riferimento ad Arnaldo La Barbera, in arte Rutilius (il suo nome in codice durante gli anni, 1986-1988, della sua collaborazione con il SISDE), che nel 1992 era il capo della squadra mobile di Palermo.
Ad Arnaldo La Barbera fu affidata dal procuratore Tinebra la costituzione di una task force investigativa, che avrà un ruolo determinante nella gestione dei tre falsi collaboratori di giustizia, Scarantino, Candurra e Valenti. La testimonianza del procuratore Giordano lo propone subito come uno dei protagonisti di quella stagione d’indagini.
GIORDANO. Devo aprire anche un’altra parentesi a proposito del dottor La Barbera, perché sia io che Tinebra che Petralia… nessuno di noi aveva esperienza lavorativa per quanto riguarda le organizzazioni criminali di Palermo e anche di Caltanissetta… quindi quando noi siamo stati proiettati in questa nuova realtà, noi avevamo fiducia in quello che diceva La Barbera, perché La Barbera a quell’epoca era, non voglio esagerare ma sicuramente era non so il migliore o tra i migliori investigatori d’Italia.
FAVA, presidente della Commissione. Sapevate che era legato ai Servizi…
GIORDANO. No questa è un’altra cosa che leggo sui giornali… All’epoca non lo sapevamo assolutamente, almeno io non lo sapevo.

Vedremo nelle prossime pagine come il ruolo di La Barbera e dei suoi uomini, alcuni dei quali imputati nel dibattimento in corso a Caltanissetta per il depistaggio, rappresenti uno dei tratti più opachi dell’intera vicenda.
Ci sia consentita solo una riflessione, a margine dei molti ricordi prudenti ed offuscati dal tempo che abbiamo collezionato: di tanta solerzia da parte della procura di Caltanissetta nel coinvolgere nelle indagini immediatamente – ed inopportunamente – un alto dirigente dei servizi (Bruno Contrada) e l’intero stato maggiore del SISDE non vi è traccia nei 57 giorni che trascorsero inutilmente, fra Capaci e via D’Amelio, senza che Paolo Borsellino venisse mai ascoltato da Tinebra e dai suoi sostituti.
Si decise immediatamente (poche ore dopo la strage) di chiedere l’ausilio investigativo dei servizi segreti (tassativamente vietato dalla legge); si decise di dar credito alle improvvide ricostruzioni che il SISDE e La Barbera proposero sulla caratura criminale di Scarantino; si decise una scorciatoia investigativa che produrrà – due anni più tardi – il finto pentimento di Scarantino e il definitivo travisamento della realtà dei fatti. E si decise, al tempo stesso, di non utilizzare la collaborazione, le conoscenze, le intuizioni, l’esperienza e la cristallina buona fede del dottor Paolo Borsellino. Anche se di tutto ciò non vi sarà traccia nel processo in corso sul depistaggio, va sottolineato che quella scelta (dentro il SISDE, fuori Borsellino) resta una pagina oscura e una gravissima responsabilità che sarebbe riduttivo attribuire solo all’allora capo della procura di Caltanissetta. Del ruolo improprio del SISDE, a fianco di quella procura, molti seppero. E tutti tacquero. Come tacquero in quei 57 giorni in cui si ridusse il contributo di Paolo Borsellino a qualche chiacchiera informale a pranzo tra lui e un giovane sostituto applicato a Palermo.

 

fonte mafieblogautore.repubblica.it