Ecco perché i falsi professionisti dell’antimafia attaccano Claudio Fava

Claudio Fava, nella sua qualità di Presidente della Commissione Regionale Antimafia, è ormai da più di tre anni che sta conducendo una serie di inchieste parlamentari che danno parecchio fastidio a certe sedicenti élite dell’antimafia di professione. Più che di fastidio, osiamo dire che si tratta di aperta avversione nei confronti di Fava, che si concretizza a volte anche in scomposti e sconclusionati, oltre che furenti, attacchi mediatici. Soprattutto quando l’Antimafia Regionale ha approvato, all’unanimità, documenti e relazioni impietose, riguardo ai finti professionisti dell’antimafia che lucrano, illegalmente, sbandierando dei sacri vessilli e, soprattutto, lucrano sui martiri della mafia. Ecco perché non bisogna parlare, apertis verbis, in maniera asettica ed oggettiva di chi grazie all’idolatria pseudo-antimafiosa, ha commesso dei gravissimi reati, distruggendo intere economie ed un intero tessuto sociale. Sempre in nome e per conto delle solite élite pseudo-antimafiose. Ci riferiamo alla gestione dei beni confiscati, al caso Saguto ed a tanto altro ancora, per intenderci. Alla gestione dei rifiuti, sempre di scottante attualità, dopo le dimissioni forzate imposte anche all’ultimo assessore regionale, Pierobon. Pierobon è un esperto del settore, e magari serve in quel posto l’ennesimo utile idiota. Pierobon, probabilmente, è stato licenziato forse perché veneto, forse perché estraneo ad un certo sistema illegale, da sempre imperante nella gestione del ciclo dei rifiuti in Sicilia, come hanno dimostrato tutte quante le ultime inchieste giudiziarie. Fava e la sua Commissione si sono occupati del ‘sistema Montante’,  dell’attentato ad Antoci, delle marachelle e delle bizze degli ultimi prototipi, poco credibili, di antimafiosi di professione. Fava si è occupato di ingiusti scioglimenti di Comuni, per favorire la lobby Confindustriale che faceva capo a Montante, l’ex padrino, più che paladino, dell’antimafia, già condannato in primo grado a 14 anni di reclusione. Adesso si sta occupando di sanità.  E lo ha fatto e continua farlo sempre con sobrietà, senza colpi di testa. Conducendo delle analisi assai puntuali ed oggettive. Senza parteggiare per un fronte o per un altro. Nel pieno rispetto del suo mandato politico e, soprattutto, nel pieno rispetto della Giustizia, quella vera, quella con la G maiuscola. Senza attaccare frontalmente e platealmente quei magistrati, e non solo la Saguto, che per troppo tempo hanno sbagliato e che forse, o senza forse, continuano a sbagliare e che approfittano delle debolezze politiche. Ci riferiamo a quei magistrati che hanno finito col fare politica ed affari illeciti pure loro. Ecco perché il giornalista Barresi, sul giornale La Sicilia, Attilio Bolzoni, prima su La Repubblica, oggi su Domani, Pino Finocchiaro su Rai news 24, Paolo Mondani su Report e qualche altro, si sono accorti che Fava fa sul serio. Si sono accorti che Fava  sostiene giustamente, ed in maniera cruda, da figlio di una vittima della mafia, che bisogna seppellire definitivamente i martiri della mafia ed occuparci di ciò che succede oggi. A chi fa finta di lottare contro la mafia per arricchirsi in maniera illecita,  ai traffichini della falsa antimafia, è normale che Fava e la Commissione Antimafia che presiede danno fastidio. Si tratta di ‘prenditori’, più che di imprenditori, di autorevoli, si fa per dire, cattedratici, di alcuni giornalisti affetti da ‘Favismo’, allergici cioè alle sacrosante inchieste condotte da Fava. E poi c’è una ristretta cerchia di avvocati e commercialisti, che dentro ed attorno ai tribunali, continuano a succhiare il sangue alle imprese confiscate alla mafia. Dulcis in fundo c’è anche, in mezzo a questa piccola folla, figlia della follia pseudo-antimafiosa, per dare un po’di clamore mediatico agli ultimi falsi eroi dell’antimafia, qualche mezzobusto  super raccomandato della RAI e qualche avventuriero delle tv di Berlusconi. È così che sopravvivono tutti quanti aggrappati ai patrimoni dello Stato ed ai servizi pubblici, per continuare a razziarli, sempre e comunque con la bandiera in mano dell’antimafia, non quella vera ovviamente, ma quella fatta di facili carriere, di incarichi farlocchi e di appalti truccati.