Giornalisti tra diritto di cronaca e foto tratte dai social: i limiti e l’intervento del Garante

di Federica De Stefani, avvocato e responsabile Aidr Regione Lombardia

L’attività giornalistica e l’esercizio del diritto di cronaca sono
nuovamente tornati al centro di un provvedimento del Garante della
privacy dopo un fatto di cronaca che riguarda l’omicidio di una bimba
di 2 anni.
Alcune testate giornalistiche hanno riportato la notizia utilizzando
la foto della minore tratta dai social network della madre, principale
indiziata dell’omicidio.
Prima di affrontare le questioni attinenti al diritto di cronaca,
anche giudiziaria, ancor oggi aspetti piuttosto delicati che in
diversa misura influenzano e condizionano il lavoro del giornalista, è
necessario fare alcune riflessioni sugli strumenti che vengono
utilizzati nell’esercizio della professione.
La tecnologia ha indubbiamente inciso sulle modalità con le quali
viene svolta l’attività giornalistica ed è proprio per questo motivo
che il web, nel suo complesso, impone l’impiego di misure e cautele di
diverso genere.
Non esiste un libretto di istruzioni o un codice generale che
regolamenti, dal lato giuridico, il funzionamento della Rete e così è
necessario conoscere in maniera specifica le norme generali che
possono essere applicate anche al mondo online sia le norme che
regolamentano il funzionamento di quel singolo strumento al quale si
fa riferimento.
Possono, per esempio, come nel caso che ha dato origine al nuovo
intervento del Garante, essere estratte foto pubblicate sui social
network? Possono essere estrapolate dagli stessi social informazioni
personali che vengono utilizzate per redigere l’articolo di cronaca?
Qual è il limite invalicabile oltre il quale non si può andare?
Il comunicato del Garante recita testualmente “In molti casi media e
testate on line hanno pubblicato, oltre a diverse fotografie in chiaro
della bambina, numerosi dettagli relativi alle vicende personali e
allo stato psicologico della madre, indicata come presunta
responsabile della morte, riportando testualmente pensieri e commenti
tratti dal profilo Facebook della donna, nonché fotografie della
stessa insieme ai suoi due altri figli, i cui volti – seppur pixelati
– sono di fatto riconoscibili.
Le informazioni e le immagini descritte si pongono in evidente
contrasto con le disposizioni della normativa privacy e delle regole
deontologiche relative all’attività giornalistica, che – pur
salvaguardando il diritto/dovere di informare la collettività su fatti
di interesse pubblico -prescrivono agli operatori dell’informazione di
astenersi dal pubblicare dettagli relativi alla sfera privata della
persona e prescrivono, anche attraverso il richiamo alla Carta di
Treviso, particolari e rafforzate garanzie a tutela dei minori
coinvolti in fatti di cronaca”.
Da un lato, quindi, il richiamo al diritto di cronaca, nella duplice
dimensione di diritto e dovere all’informazione su fatti di interesse
pubblico, dall’altro l’espresso riferimento alle regole deontologiche,
che prevedono garanzie particolari per i minori.
Le regole deontologiche relative al trattamento dei dati personali
nell’esercizio dell’attività giornalistica, pubblicate sulla Gazzetta
Ufficiale n. 3 del 4 Gennaio 2019, sono costituite da un corpo di 13
articoli che fornisce indicazioni specifiche sulle modalità di
trattamento dei dati personali in linea con i principi enunciati dal
GDPR.
In particolare l’art. 7, oltre a prevedere espressamente un divieto di
fornire particolari in grado di identificare il minore (come le foto
del caso de quo, sebbene con l’utilizzo della tecnica di pixelatura)
al comma 3 espressamente stabilisce “Il diritto del minore alla
riservatezza deve essere sempre considerato come primario rispetto al
diritto di critica e di cronaca; qualora, tuttavia, per motivi di
rilevante interesse pubblico e fermo restando i limiti di legge, il
giornalista decida di diffondere notizie o immagini riguardanti
minori, dovrà farsi carico della responsabilità di valutare se la
pubblicazione sia davvero nell´interesse oggettivo del minore, secondo
i principi e i limiti stabiliti dalla “Carta di Treviso”.

Ne deriva, quindi, che il diritto alla riservatezza del minore
coinvolto in vicende di cronaca giudiziaria deve sempre essere
considerato prevalente rispetto al diritto di cronaca e rappresenta,
quindi, un limite invalicabile per il giornalista che si occupi di
questa tipologia di giornalismo.
Il Garante era già più volte intervenuto sul punto ribadendo ogni
volta la necessità di considerare prevalente la riservatezza del minore
Così, solo per citarne uno, il caso di cronaca che riguardi un
genitore (personaggio di rilievo pubblico) non può essere integrato
con i dati dei figli dello stesso, peraltro minorenni, anche nel caso
in cui questi dati siano già presenti online in quanto pubblicati sui
propri profili social dal genitore.
I dati dei minori, sebbene già presenti online, non devono essere
ripresi in virtù del principio in base al quale si deve riconoscere la
prevalenza del diritto alla riservatezza del minore rispetto al
diritto di critica e di cronaca.
Le attuali norme vigenti prescrivono al giornalista di attenersi
all’essenzialità dell’informazione nel trattare fatti di interesse
pubblico, anche quando relativi a personaggi di rilievo pubblico.
(Provvedimento del 24 giugno 2020)
In conclusione, quindi, non si può che auspicare una maggiore
attenzione anche a norme, quelle deontologiche, che in una società
dell’informazione così frenetica, ormai fortemente orientata al mobile
journalism e all’utilizzo del digitale rappresentano un pilastro
fondamentale dal quale è impossibile prescindere.