Stragi del 92: Castelvetrano e la riunione segreta del 91. Oltre ai mafiosi chi partecipò?

Strage di Capaci, Sinacori: “Falcone doveva essere ucciso a Roma”
Tra l’ottobre e il novembre del 1991 si tenne un summit di mafia a Castelvetrano e in in quella sede fu deciso di eliminare il giudice Giovanni Falcone, l’allora ministro Claudio Martelli, Maurizio Costanzo e altri giornalisti, come Andrea Barbato.

Le dichiarazioni di Sinacori

Nell’aprile 2019, al processo di Caltanissetta, il collaboratore di giustizia Vincenzo Sinacori si autoaccusò del delitto, affermando di averlo compiuto su indicazione dei corleonesi: disse di aver agito, senza però conoscere il movente.

SINACORI COMINCIA A PARLARE AL PROCESSO DI FIRENZE

Nell’autunno del 1991 Matteo Messina Denaro era già il capo mafia della provincia di Trapani, in sostituzione del padre Francesco, malato. E’ il pentito Vincenzo Sinacori a raccontarlo: “C’era anche Matteo alla riunione di fine settembre, tenuta a Castelvetrano, in cui Salvatore Riina comunicò l’avvio della strategia stragista”.  CONFERMA QUESTA RIUNIONE ANCHE IL PENTITO GERACI . Lu siccu, non aveva neanche 30 anni e già aveva il “passaporto” per decisioni di questo genere? I pentiti non citano il luogo della riunione. Sarebbe importante saperlo. Forse nessuno ha pensato di chiedere la sede . La location direbbe molto E’ opportuno anche ricordare il clima politico di Castelvetrano tra gli anni 80 e i primi anni 90. La DC spadroneggiava e all’interno era lacerata da lotte intestine tra le correnti. Una parte faceva riferimento a Lima , ai Salvo e all’ex deputato Grillo Altri a Mannino. al notaio amico di Riina, Ferraro e alcuni a Canino e qualcuno a Culicchia e Mattarella. Nonostante lo strapotere DC, Castelvetrano conobbe molti commissariamenti in quel periodo. Fu necessario il sostegno socialista dell’ex deputato PSI , Enzo Leone per dare un sindaco alla città nel 1991, nonostante la schiacciante vittoria all’elezione del 1990 che portò il più votato Vito Li Causi a fare il sindaco. Dal 1987 al 1992 ci furono 7 sindaci e diversi commissari . Una città lacerata per la corsa al potere. Riina sapeva tutto di Castelvetrano. Aveva due cani fedeli come Angelo Siino e il notaio massone ,Ferraro(condannato per concorso esterno all’associazione mafiosa a 5 anni e che disse “prendo solo ordini da Riina“) che lo informavano. Di quella riunione del 1991 fatta a Castelvetrano per avviare le stragi, Angelo Siino e il notaio Ferraro non potevano non sapere. Il contatto tra l’ambiente borghese, massonico affaristico e la mafia corleonese nasceva da questo patto. Il notaio Ferraro veniva spesso a Castelvetrano e per varie ragioni. Tra queste ,anche quelle politiche. Lui con i manniniani faceva il bello e il cattivo tempo all’interno di Palazzo Pignatelli. Dopo le dimissioni di Leone, riuscirono a mettere l’ex sindaco Gianni Pompeo che si dimise subito dopo l’operazione Palma. Un periodo , quello tra gli anni 80 e il 1993 ,fecondo anche per appalti e affari. Insomma, mentre Messina Denaro pensava con Riina a mettere bombe, gli “amici” facevano affari e costruivano fortune politiche. E’ opportuno ricordare quello della Saiseb di Selinunte, della costruzione dell’ospedale di Castelvetrano che verrà completato nel 1993, del metanodotto e anche della costruzione delle aree artigianali. Senza dimenticare i soldi della ricostruzione del Belice. Erano anche stati stanziati una montagna di soldi per liberare il Belvedere dalle baracche e costruirci case popolari. Insomma ,a Castelvetrano, in quegli anni, ne giravano soldi e anche mazzette

Sinacori e Castelvetrano

Il processo sulla strage dei Georgofili si apre il 12 novembre 1996. La sentenza di primo grado arriva il 6 giugno 1998, con 14 ergastoli e varie condanne. Nel 2000 c’è la sentenza stralcio relativa a Riina, Graviano e altri, con due ergastoli. Nel 2002 la Cassazione conferma 15 ergastoli. Tra i condannati c’è Bernardo Provenzano (all’epoca latitante, fu arrestato nel 2006) e Matteo Messina Denaro considerato, dopo l’arresto di Provenzano, il capo di Cosa nostra, è tutt’ora latitante).

25 settembre 1997, Firenze: Vincenzo Sinacori parla di una quasi spaccatura al vertice di Cosa Nostra, diviso tra boss che volevano proseguire con le stragi ed altri che preferivano “un po’ di calma”. A dare il via agli attentati dei mesi successivi fu una decisione di Bernardo Provenzano, che accettò di continuare con le stragi, ma a condizione che avvenissero solo sul continente.

All’incontro, ‘presieduto’ da Toto’ Riina, erano presenti anche Matteo Messina Denaro e i fratelli Graviano. Questo ha sostenuto il collaboratore di giustizia Vincenzo Sinacori, ex capo del mandamento di Mazara del Vallo, che ha deposto nell’aula bukner di Rebibbia a Roma, nell’ambito del secondo processo per la strage di Capaci davanti alla Corte d’assise di Caltanissetta.
Alle domande del Pm Stefano Luciani, il pentito non ha voluto chiarire perche’ dal ’96 ha iniziato la sua collaborazione con la giustizia: “Lo faccio per problemi miei che non intendo riferire. Non ho nessuna spiegazione da dare. Ho fatto questa scelta”, ha detto l’ex boss.

Secondo Sinacori, alla riunione di Castelvetrano ne seguirono altre a Palermo, a casa di Salvatore Biondino, autista di Riina, e del fratello, per definire le modalita’ con cui uccidere le vittime designate. “Bisognava usare delle armi tradizionali. In caso di attentati bisognava chiedere il permesso a Riina. A Roma, arrivarono con un camion, armi ed esplosivo”.

Falcone, nella versione del pentito, doveva essere ucciso prima degli altri “perche’ dopo il maxiprocesso era un nemico storico di Cosa nostra. Maurizio Costanzo perche’ durante le sue trasmissioni era contro Cosa nostra e Martelli perche’ era stato eletto con i voti dalla mafia e poi aveva girato le spalle a Cosa nostra. Il giudice Falcone doveva essere ammazzato in un ristorante che frequentava a Roma mentre Martelli in via Arenula, dove c’era la sede del ministero di Grazia e Giustizia”.

Una volta a Roma, il commando inizio’ a fare dei sopralluoghi facendo pero’ confusione e scambiando il ristorante “Il Matriciano” per “La Carbonara”, dove Falcone era solito andare.