La ministra Lamorgese cancella via Montante: finisce così una delle tante imposture del falso paladino dell’antimafia

Il ministro dell’Interno, Luciana Lamorgese, tramite la Prefettura di

Caltanissetta ha autorizzato il sindaco,  Roberto Gambino, a cancellare l’intitolazione di una via ricadente nella zona industriale, a cavallo tra il capoluogo nisseno e San Cataldo,  dedicata al nonno di Calogero Antonello Montante. La settimana scorsa sono stati tolti i quattordici cartelli con la scritta Montante, sostituiti con quelli recanti la nuova intitolazione, stavolta dedicata ad un vero imprenditore: Adriano Olivetti. Erroneamente, nel libro ‘La volata di Calò’, pubblicato dall’editore Sellerio nel 2008, era stata infatti accreditata una storia assolutamente falsa, relativa ad un inesistente costruttore di biciclette, la cui fabbrica sarebbe stata impiantata, a Serradifalco, negli anni Venti del Novecento. Si trattava di una suggestiva e tendenziosa narrazione letteraria, frutto della fantasia del compianto Andrea Camilleri e del giornalista e scrittore, originario di Racalmuto, Gaetano Savatteri. Tale fantasioso racconto serviva allora per osannare colui il quale si è rivelato, a partire dal 2015, un falso paladino dell’antimafia, condannato peraltro, in primo grado, il 9 maggio del 2019, a 14 anni di reclusione. La ministra Lamorgese ha così  riparato a dei suoi precedenti errori di valutazione, riguardo alla figura di Montante. Ci riferiamo a quando, al Viminale, era capo di gabinetto del ministro agrigentino Angelino Alfano, col quale  firmava, assieme al Montante, diversi protocolli di legalità ed al quale, sul finire del  2014, consentiva, inconsapevolmente, mentre era indagato per mafia, di far parte dell’Agenzia Nazionale per la gestione dei beni confiscati alla mafia. La storia  dell’intitolazione di questa strada risale al 2011. È stato l’allora commissario dell’ASI nissena, Alfonso Cicero, a dare il là a questa panzana, quando scrisse una lettera ufficiale al sindaco, per sollecitarlo a prendere in considerazione uno progetto relativo alla toponomastica in quell’area industriale, curato da Chiara Di Natale, figlia del Procuratore della Repubblica Renato Di Natale. Il suggerimento del Cicero era quello di tenere in considerazione, per le strade in questione, dei nomi di imprenditori locali e di soggetti che si erano distinti nella lotta contro la mafia e, tra questi, del nonno di Montante.

Né Cicero, né il compianto Camilleri, né tantomeno il giornalista Savatteri, si sono resi conto che stavano avallando una serie di balle colossali che servivano al Montante, compare del capomafia di Serradifalco, Vincenzo Arnone, di diventare un’intoccabile icona dell’antimafia. A questa narrazione bisogna aggiungere anche un’altra patacca rifilata a tutti quanti. Quella relativa ad un presunto, ed anch’esso inesistente, antico torronificio della famiglia Montante. Tra un’invenzione e l’altra, compresa quella della sua laurea falsa, cresceva così, sempre di più, la fama ed il potere di Montante che, in tal modo, si conquistava un incommensurabile livello di impunità ed immunità che gli tornavano assai utili per curare, con schiacciante successo, tutti quanti i suoi affari, più o meno leciti. In tal modo poteva allungare indisturbato i suoi tentacoli in ogni direzione, coinvolgendo e compromettendo anche tutte quante le più alte figure istituzionali, i vertici delle forze dell’ordine e della magistratura. Di questi perversi e pericolosi intrecci, politico-affaristici, oltre che delle incredibili storie delle bici e del torrone, dei compari mafiosi e delle conseguenti inchieste a suo carico, per primi a parlarne sono stati solo due giornali. ‘I Siciliani Giovani’, gli eredi cioè de ‘I Siciliani’ di Pippo Fava i quali, nel 2014, hanno pubblicato il certificato di matrimonio del Montante, in cui si leggeva che, a fargli da testimone di nozze era stato il capo mafia di Serradifalco Vincenzo Arnone. Oltre all’atto di matrimonio da sempre tenuto accuratamente nascosto, hanno pubblicato pure una sua emblematica foto, dentro Confindustria, in cui il Montante era ritratto con Paolo Arnone, padre di Vincenzo, anche lui, come il figlio, arrestato per mafia e morto suicida in carcere. Vincenzo Arnone, tra l’altro, sino al 2001, faceva parte dei probiviri di Confindustria Caltanissetta. Come dire, era il garante di Montante.

L’altro giornale che, in quegli anni assai difficili, si è occupato del ‘Sistema Montante’, pagandone delle pesantissime conseguenze, fino al punto di essere stato ingiustamente sequestrato, confiscato e fatto fallire, dopo 25 anni di attività, è stato il settimanale Centonove, diretto da Enzo Basso, con cui collaborava anche Gianpiero Casagni. Entrambi adesso sono stati riconosciuti come vittime del ‘Sistema Montante’, nonché parti civili nei due tronconi del processo a carico di Antonello Montante e dell’associazione a delinquere da lui capeggiata. Per il resto, se si eccettua qualche blog, anch’esso severamente perseguitato e bastonato a colpi di denunce calunniose e querele dal carattere minatorio, tutta quanto il mondo dell’informazione si è fatto piacevolmente conquistare da Montante. A tal proposito ci piace riproporre alcune paginate di Centonove, come quella del 26 febbraio 2015 od ancora quell’atto di matrimonio e quelle foto pubblicate dai ‘Siciliani Giovani’, con Montante ed i suoi compari mafiosi, troppo a lungo colpevolmente nascosti, per lo meno dal 2009 in poi, anche da alcuni alti esponenti delle forze dell’ordine.