Interrogatorio di Montante del 18 giugno: continuano a volare gli stracci contro Cicero, Venturi, Bolzoni e Forgione

Se all’udienza di ieri, 18 giugno 2021, del processo d’appello sul ‘Sistema Montante’, che si sta celebrando nell’aula bunker di Caltanissetta, fosse stata presente Fiorella Mannoia, sentendo Montante mentre tirava in ballo i suoi ex amici, a suo dire, e tra questi, ovviamente Cicero e Venturi, adesso suoi accusatori, ma anche il giornalista Attilio Bolzoni e l’ex presidente della Commissione Nazionale Antimafia, l’attuale sindaco di Favignana, Forgione, forse avrebbe intonato un suo famoso ritornello: ‘come si cambia, per non morire, come si cambia, per dimenticare’. Su Forgione ha subito rincarato la dose, rispetto a quanto aveva detto nell’udienza precedente. Oltre al suo interessamento relativo alla gestione di qualche albergo confiscato alla mafia, quando venne nominato componente dell’agenzia nazionale per la gestione dei beni confiscati alle mafie, mentre era sotto inchiesta per mafia, sempre a suo dire, c’è di più. ‘Nel 2015 – ha detto testualmente Montante – nella mia qualità di presidente di Unioncamere ho dato alla Fondazione Culturale della Regione Siciliana Federico II, il cui presidente era allora Forgione, diecimila euro di contributo’. Ed ha aggiunto che gli fa piacere che il Forgione ha annunciato di querelarlo, così potrà chiarire meglio la tipologia di questi suoi rapporti pregressi con lui.

Riguardo ad Attilio Bolzoni ha prima mostrato a tutti quanti una lenzuolata di due pagine, del giornale ‘La Repubblica’, del 2008, in cui si celebrava la sua famosa, ma inesistente, fabbrica di biciclette Montante. La vicenda farlocca della storica fabbrica di biciclette Montante è ormai nota. Soprattutto è conosciuta da chi ha seguito i metodi, basati sulle ormai classiche menzogne mediatico-culturali, oltre che giudiziarie, del ‘sistema Montante’. In questo caso si tratta del mitologico racconto, intitolato ‘La volata di Calò’, pubblicato dalla casa editrice Sellerio nel 2008, con l’introduzione di Andrea Camilleri. Libro scritto, aggiungiamo noi, da Gaetano Savatteri, visto che il Montante, chissà perché, ha dimenticato di citarlo. In quel panegirico a pagamento si parla del nonno di Montante, al quale nel 2011, viene dedicata una strada nell’area industriale di Caltanissetta. Dedica rimossa dal Comune nisseno qualche settimana fa, per rimediare ad un falso storico. Ma anche per questa storia falsa, relativa ad una fabbrica risalente al 1907, che addirittura riforniva le forze di Polizia della Real Casa Savoia, impiantata nella sua sperduta Serradifalco, il Montante ha dimenticato di chiedere per lo meno scusa. Dopo che l’ha data a bere al mondo intero, regalando biciclette griffate a tutti quanti, Papi e presidenti della Repubblica compresi. A quanto pare anche il giornalista e scrittore Bolzoni, così come Camilleri, Savatteri, Marino Bartoletti e tanti altri si sono fatti infinocchiare, più o meno inconsapevolmente, ritenendo vera ed attendibile questa favoletta, utile ad esaltare una presunta tradizione industriale della famiglia Montante. Ed il Montante ci ha tenuto a precisare che quelle due pagine di servizio di Bolzoni, se le avesse dovuto pagare gli sarebbe costato da 50 a 100 mila euro. E questo lui, lui Montante, lo sa bene, per esperienza, perché negli anni successivi, tra le sue tante molteplici cariche ricoperte, ha ricordato quella, poi ceduta al suo ex amico Venturi nel 2013, aggiungiamo noi, di consigliere di amministrazione del quotidiano di Confindustria ‘Il Sole 24 Ore’. Sta di fatto che in quell’occasione il Bolzoni quel po’ po’ di servizio glielo fece gratis. Ma poi…
Sempre e comunque secondo Montante, col Bolzoni si incontrarono parecchie volte, per lo meno sino al 2012. Una volta fece da tramite, alla presenza di Crocetta, per fargli conoscere Lucia Lotti, allora Procuratore della Repubblica di Gela, oggi procuratore aggiunto a Roma. Poi, sempre il Bolzoni, che già per queste sue esternazioni, contenute peraltro in un interrogatorio di Montante del 2018, lo aveva già querelato, ha riferito di richieste di soldi di Bolzoni, per l’esattezza 115 mila euro, per un suo film. E poi ha tirato fuori la storia del fratello, Pietro Bolzoni, di professione assicuratore. Peraltro si tratta di roba intercettata. Ci si riferisce a quando i fratelli Bolzoni, attenendoci alla narrazione di Montante, stabiliscono sul da farsi, con Venturi e Cicero. Siamo nell’agosto-settembre del 2015. È ormai imminente la collaborazione di Cicero e Venturi con gli uffici giudiziari nisseni. Su Pietro Bolzoni il Montante ha pure detto che lo conosceva e che nel 2012 gli aveva chiesto di affidargli, senza gara d’appalto, la gestione di alcuni servizi assicurativi. Ma lui non riuscì a soddisfare questa sua esigenza che, invece, qualche anno dopo tentò di soddisfare Alfonso Cicero, quando, sempre secondo Montante, il Cicero addirittura avrebbe predisposto, nel 2015, nella sua qualità di commissario dell’IRSAP, un contratto per consentire, sempre al Bolzoni Pietro, di assicurare 160 milioni di euro di immobili ricadenti in tutte le aree industriali siciliane. Poi anche di questo non se ne fece niente, perché l’allora direttore generale dell’IRSAP di Palermo, un certo Montalbano, presentò una denuncia alla Procura della Repubblica. Denuncia che secondo quanto riferito dal Cicero, nel corso del suo interrogatorio, era ed è stata per lui invece una delle tante minacce, almeno venti (minacce-denunce), di Montante. Poi, sempre il Montante, ha letto in aula anche alcune intercettazioni non trascritte. Ma ciò che ha colpito i presenti è il modo con cui conducevano alcune conversazioni, intercettate, i due suoi principali accusatori, ci riferiamo sempre a Venturi e Cicero, suoi chiodi fissi, quando si apprestavano a rassegnare le loro deposizioni agli organi inquirenti. Prima, sino ad agosto del 2015, di Attilio Bolzoni, quando è stato pubblicato il suo servizio sull’indagine per mafia su Montante, del 9 febbraio 2015, dicevano che era un pezzo di merda, poi, a settembre, hanno cambiato idea. E ciò è avvenuto quando Cicero ha contattato il fratello del giornalista, suo amico, per iniziare la loro collaborazione con la magistratura e le forze dell’ordine. Riguardo al giornalista Gianpiero Casagni, sempre con riferimento alle conversazioni intercettate, di Cicero e Venturi, Montante ha letto che i due lo apostrofavano come un delinquente, sempre per difenderlo dagli attacchi dal giornale Centonove, diretto da Enzo Basso, per il quale il Casagni scriveva. Sia Basso che Casagni sono costituiti parte civile nel processo al ‘Sistema Montante’, così come del resto lo stesso Attilio Bolzoni e persino Cicero. Ma un approfondimento a parte meriterebbe la vicenda del settimanale Centonove, fatto chiudere definitivamente dalle Autorità giudiziarie messinesi, unico caso nella storia dell’Italia Repubblicana, dopo 25 anni di attività. Guarda caso subito dopo che si è interessato del ‘sistema Montante’. La scusa per così dire giudiziaria per far chiudere quel glorioso giornale, ovviamente, è stata un’altra. Come si fa quando ci si deve sbarazzare di una voce libera, in un regime dittatoriale? Si trova sempre il modo di inventarsi qualcosa che apparentemente è penalmente rilevante. Al giornalista Basso, nel 2017, è successa la stessa cosa che avviene in questi giorni ai giornalisti cinesi di Hong Kong. Lo hanno arrestato, gli hanno confiscato il giornale che, nel giro di un anno, hanno fatto fallire e chiudere, inventandosi, ovviamente, dei reati inesistenti. Per lui nessun rappresentante degli organi di categoria dei giornalisti italiani è insorto, ha preso le sue difese. Forse perché molti di loro erano stati opportunamente e preventivamente compromessi e comprati da Antonello Montante?
‘A noi, quando denunciavamo qualcuno o qualcosa, interessava il succo’ ha precisato Montante. Poco importava se le persone, i professionisti, le aziende ed i Comuni presi di mira per imbastire contro di loro delle campagne mediatico-giudiziarie si basavano su fatti penalmente rilevanti. Montante ha detto che quando Cicero, ad esempio, gli portava sul suo tavolo di suo capo supremo le sue innumerevoli denunce, lui spesso neanche apriva i plichi che le contenevano. Cicero aveva una sorta di suo mandato in bianco, in materia di denunce. Tranne quando si trattava di fatti di mafia, più o meno riscontrabili, più o meno inventati, aggiungiamo noi. Ed allora interveniva lui, di ‘persona personalmente’, presso tutti gli uffici giudiziari italiani. In questi casi, quando la posta in palio era ben più alta, scendeva in campo il Gotha di Confindustria. Ci si riferisce a quando c’era da fare arrestare, più o meno giustamente, per mafia qualcuno, quando c’era da confiscare, sempre per mafia un’azienda, da fare sciogliere un Comune. Ed allora interveniva personalmente lui, come è avvenuto ad esempio a Racalmuto, nel 2012, quando è venuto più volte con l’allora ministro dell’interno, Anna Maria Cancellieri. Anche perché, come ha avuto modo di precisare, molte notizie agli alti organi istituzionali dello Stato, per arrestare, confiscare e sciogliere per mafia i Comuni, come ha detto nell’udienza precedente, glieli forniva lui. Li attingeva dalla banca dati di Confindustria, di cui lui era responsabile nazionale perl la legalità. L’importante per Montante era, lo ribadiamo, arrivare, come ha testualmente detto in udienza, ‘al succo’. Al di là se Cicero, Venturi, ma anche tutti quanti i componenti della sua presunta associazione a delinquere, violavano una caterva di leggi per raggiungere i loro scopi: appalti, incarichi, promozioni e quant’altro. Tanto se venivano pizzicati mentre rubavano, interveniva lui, da ‘mafiologo’, ed aggiustava tutto quanto, accusando di mafia, ingiustamente, chi denunciava i suoi amici per le loro svariate violazioni di legge, di qualsiasi legge. Questo era ed in parte lo è ancora, il ‘sistema Montante’, per stessa ammissione di chi lo ha magicamente messo in piedi e lo ha utilizzato. Erano in molti a lucrare, grazie a Montante, su una finta antimafia che sparava raffiche di denunce all’impazzata, per togliersi dai ‘cabbasisisi’ qualsiasi nemico od avversario che intralciava gli interessi illeciti suoi e della sua lobby, come avrebbe detto il ‘mentore culturale’ di Montante, Andrea Camilleri che con Gaetano Savatteri, a partire dal 2008, con quello sciagurato libro, ‘La volata di Calò’, veramente gli fecero spiccare un folle volo. Salvo poi a sfracellarsi dentro un’aula bunker di un tribunale, nel tentativo adesso, attraverso una corale chiamata di correo, di alleviare la pena a 14 anni di reclusione che gli è stata inflitta in primo grado, il 10 maggio del 2019.