Quei falsi paladini dell’antimafia che nascondono facili carriere e che si preparano alle passerelle per ricordare le stragi

Mi uccideranno, ma non sarà una vendetta della mafia, la mafia non si vendica. Forse saranno mafiosi quelli che materialmente mi uccideranno, ma quelli che avranno voluto la mia morte saranno altri”. Sono le parole di chi ha un brutto presentimento che da lì a poco sarà assassinato. Sono le parole di Paolo Borsellino. A pochi giorni dell’anniversario della strage di Via D’Amelio, si preparano le passerelle. Antonello Montante e Caltanissetta non sono un connubio casuale. a Caltanissetta si svolgono i processi sulle stragi e sui magistrati non corretti della Procura di Palermo. Non considerata casuale quello che ha fatto Montante a Caltanissetta. Non considerate casuale la mancata cattura di Matteo Messina Denaro. Non considerate casuale che Matteo Messina Denaro è stato dal 1989 AL 1994 LIBERO DI CIRCOLARE PERCHE’ NESSUNO AVEVA EMESSO UN MANDATO DI CATTURA. FU DURANTE L’OPERAZIONE Petrov del marzo 1994 CHE SI ACCORSERO DELLA SUA PERICOLOSITA‘. DIMENTICAVANO CHE ERA FIGLIO DI DON DON CICCIO

Paolo Borsellino muore il 19 luglio del 1992 nella strage di via D’Amelio; un attentato di stampo mafioso, sostenuto dai boss ma con la variante che appare sempre più terroristica, nell qual persero la vita il magistrato antimafia per eccellenza insieme a tanti altri, e i 5 uomini della scorta: Agostino Catalano, Emanuela Loi, la prima donna che fa parte della scorta e prima donna della Polizia di Stato a cadere in servizio, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosima e Claudio Traina. L’unico sopravvissuto fu l’agente Antonino Vullo, risvegliatosi in ospedale dopo l’esplosione, in gravi condizioni.. Ormai anche le Procure più ostili alla sentenza di Caltanissetta di ottobre scorso si stanno convincendo del pesante ruolo avuto da Matteo Messina Denaro, mai processato, stranamente, prima, per le stragi siciliane. Come se qualcuno lo volesse salvare da questi orribili crimini

Nello scenario di via D’Amelio ci sono “decine di auto distrutte dalle fiamme, altre che continuano a bruciare, proiettili che a causa del calore esplodono da soli, gente che urla chiedendo aiuto, nonché alcuni corpi orrendamente dilaniati” L’esplosione causò inoltre, collateralmente, danni gravissimi agli edifici ed esercizi commerciali della via, danni che ricaddero sugli abitanti. Sul luogo della strage, pochi minuti dopo il fatto, giunse immediatamente il deputato ed ex-giudice Giuseppe Ayala che abitava nelle vicinanze.

Inizia il fenomeno dei falsi paladini dell’antimafia. Infatti, non chiamateli “paladini” senza prima aver scoperto i loro piani. Bisogna leggere con attenzione del “Sistema Montante” con oltre 2500 pagine di racconti, intercettazioni, accuse, smentite, connubi, corruzione, falsi in atti pubblici e soprattutto tradimenti di tanti uomini delle istituzioni a più livelli. Uno spaccato dell’Italia corrotta a più non posso. Antonello Montante era il simbolo di una lotta contro la piovra della mafia in Sicilia e invece, come confermano le indagini della Procura di Caltanissetta, era a capo di un’organizzazione extra territoriale in quasi tutta la Sicilia che arriva anche nella provincia di Siracusa con lo sandalo del depuratore dell’Ias e non solo.

Ma agli aspetti negativi sono legati alla politica nelle sue mille sfaccettature criminali; nata come scienza e arte del governo, della teoria e la pratica con oggetto la costituzione, l’organizzazione, l’amministrazione dello stato e la direzione della vita pubblica; l’attività svolta per il governo di uno stato, il modo di governare. L’insieme dei provvedimenti con cui si cerca di raggiungere determinati fini in favore della comunità che si amministra, invece diventa, giocoforza, alleata della mafia. Il governo della vita politica, sociale e gli indirizzi generali per il positivo risultato a favore dei cittadini che si governano, compreso tutte le misure necessarie a evitare crisi d’ogni genere e natura. Chi partecipa alla vita pubblica del governo del popolo è scelto su base maggioritaria, con votazioni libere e democratiche, secondo la propria capacità e competenza, oltre che del grado di onestà, attraverso i partiti politici organizzati, secondo la Carta Costituzione. Se invece riportiamo la descrizione di che cosa è la mafia e confrontiamo la relazione diretta con la politica, pensiamo subito come tutti i punti si accomunino. La scienza e l’arte del governo, con oggetto la capacità della costituzione e l’amministrazione di un soggetto, legale o fuori dalla legge, che si può chiamare stato o associazione “cosa nostra”, “camorra” o “ndrangheta”, lobby, con lo scopo di raggiungere determinati traguardi e obiettivi in favore della comunità che si amministra, sono esattamente uguali. Nei fatti pratici e nella buona sostanza, si tratta di una semplice interpretazione: la politica deve amministrare i beni dei cittadini con il necessario risvolto sociale, politico, economico che deve garantire trasparenza e onestà, così come la mafia deve conciliare gli aspetti di ogni azione capace di apportare benefici ai suoi fedeli “associati”, senza l’impegno dell’onestà, ma del solo onore verso i propri “fratelli” di avventura. Le differenze sono vicine, dove la politica dovrebbe agire con schemi legalizzati dallo stato di diritto democratico, dietro la delega del popolo, la mafia per raggiungere gli obiettivi utilizza la violenza, il condizionamento attraverso la paura della morte.

Si combina la naturale tendenza a sostituirsi alla legge dello stato democratico, con l’azione violenta e il prestigio personale dei mafiosi, organizzandosi in mandamenti, squadre, decine, clan e via dicendo, o anche con la possibilità di essere partiti politici mischiando, nel caso, buoni e cattivi per confondere le idee alla pubblica opinione. Ecco allora la logica. Con i mezzi disponibili si possono raggiungono gli scopi desiderati. Esattamente quello che fa la politica, quindi i politicanti, quando nel chiedere il voto, promettono un posto di lavoro, una licenza prima negata, o minacciano di colpire nel caso del diniego, la stessa cosa per la provvista del denaro necessario all’attività del gruppo. Il politico, si corrompe e quindi ruba al popolo il pubblico denaro, ricatta e agisce contro o in favore di qualcuno e di qualcosa per un tornaconto personale o di partito o della lobby d’appartenenza, il mafioso con lo stesso identico modo e sistema ottiene lo stesso risultato, estorcendo e ricattando. Si tratta di capire chi per primo ha copiato l’altro, considerato che già nell’Ottocento si faceva buon uso della corruzione e dell’appropriazione indebita del pubblico denaro da parte degli eletti.

Fonte: www.wltv.it/societa