Via D’Amelio, calunnie e depistaggi

Il pentito Maurizio Avola indagato per calunnia nell’ambito dell’inchiesta sulla strage di via D’Amelio. Scarpinato: “E’ un altro depistaggio”. Fontana pronto a raccontare particolari inediti.

Il pentito, ex killer catanese, Maurizio Avola, è indagato per calunnia in riferimento a quanto da lui dichiarato nel merito della strage di via D’Amelio. Tra l’altro, secondo Avola, solo la mafia sarebbe stata responsabile dell’agguato a Paolo Borsellino. E ciò è stato bollato dal Procuratore Generale di Palermo, Roberto Scarpinato, come l’ennesimo tentativo di depistaggio delle indagini sull’attentato. Infatti, Scarpinato ha affermato: “Sulla strage di via D’Amelio c’è una filiera che parte dal 1992 e arriva a oggi con tentativi di depistaggio attualissimi, come quello di Maurizio Avola, che è stato un importante collaboratore di giustizia, e che dopo tanti anni tira fuori la storia secondo cui nella strage non c’è nessun mistero. Chi l’ha mandato Avola?” – ha concluso Scarpinato. Dunque, adesso ad indagare Maurizio Avola è la Procura di Caltanissetta. A lui gli si contesta il reato di calunnia a danno del boss catanese Aldo Ercolano e, come alcuni ipotizzano, Avola sarà iscritto nel registro degli indagati anche per auto-calunnia. La Procura di Caltanissetta ritiene calunniose le dichiarazioni rese da Avola ai magistrati e a Michele Santoro nel libro “Nient’altro che la verità”. Da una relazione di servizio emerge che Avola è stato fermato il giorno prima della strage di via D’Amelio, il 18 luglio, peraltro con un braccio ingessato. E quindi sarebbe falso quanto da lui dichiarato, ovvero che lui sarebbe stato presente a Palermo nei giorni precedenti all’attentato. Maurizio Avola ha aggiunto di avere partecipato in prima persona alla strage, di averla preparata e organizzata sull’asse Catania-Palermo insieme ad Aldo Ercolano, numero due della mafia catanese e all’epoca sottoposto a sorveglianza speciale. Inoltre, Avola sostiene che l’uomo di cui si è accorto Gaspare Spatuzza, nel garage dove la Fiat 126 è stata trasformata nella bomba che ha ucciso Borsellino e i poliziotti di scorta, sarebbe stato lui, Avola, o lo stesso Aldo Ercolano. Gaspare Spatuzza fu colui che rubò la Fiat 126, e che nel garage si accorse di un uomo sui 50 anni e – ha precisato Spatuzza – non di Cosa Nostra. Ed è stato ipotizzato che si sia trattato di un uomo dei Servizi segreti deviati. Invece Avola racconta di essere stato lui o Ercolano l’uomo notato da Spatuzza. Ecco perché la contestazione del reato di calunnia contro Ercolano, ed ecco perché, secondo la tesi di Avola, la strage sarebbe stata di sola mafia, quando invece da quasi 29 anni di indagini e processi emerge altro. E non solo: la moglie di Borsellino, Agnese, ha riferito le parole del marito prima della morte: “Sarà la mafia a farmi uccidere ma quando altri lo decideranno”. Nel frattempo, Gaetano Fontana, figlio del boss dell’Acquasanta, Stefano, che intenderebbe collaborare con la giustizia, ha affermato, in un pubblico dibattimento processuale a Palermo, di conoscere particolari inediti sull’attentato in via D’Amelio, sulle modalità e sugli esecutori materiali dell’esplosione del tritolo. E poi ha aggiunto: “Però ho paura, non sono ancora sotto protezione”.

fonte teleacras ruoppolo